Capitolo 37

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Gli stava accarezzando la mano.
Risaliva lentamente lungo il dorso, seguendo le ossa, passando le dita sulle dune delle sue nocche, fino alle dita, polpastrello per polpastrello.
La vide ridiscendere sul dorso, quindi al suo polso.
Era strano osservare quella scena da fuori.
Damon Michael Howthorne ancora una volta stava solo...a guardare.
Guardare se stesso, sdraiato in un letto, a fissare il vuoto con occhi sbarrati come una bambola.
Era strano e buffo...e malinconico, guardare se stessi.
Un film splatter di terza categoria, una scena patetica, surreale.
Ma lei continuava.
Continuava ad accarezzargli il polso, massaggiandogli la pelle.
E parlava.
Neely gli stava parlando senza sosta da più di due ore ormai.
Un po' aveva letto per lui.
Pagine di giornale, cronaca, passi di Thomas More, le poesie oniriche di William Blake.
Persino la Woolf.
In fondo, gente che non era mai stata felice.
"Ma che fai?" sussurrò, appostato sulla mensola della finestra da cui non arrivava neanche un po' di luce, per illuminare quella stanza di dolore "Tu la odi."
Era vero. Neely odiava quelle frasi, tanto intrise di solitudine.
Perché lo portavano via dalla realtà.
Perché rispecchiavano troppo buona parte della sua infanzia e della sua adolescenza.
Ma lei continuava a leggere.
Non lo sentiva...purtroppo.
Damon tornò a volgere la sua attenzione fuori dai vetri, anche se con l'orecchio e col cuore, non si staccava mai da lei.
Anche se non le puntava gli occhi addosso, sapeva che il libro lei lo teneva poggiato sulle ginocchia. E con la mano destra, gli carezzava il palmo.
Con la sinistra invece...si teneva il ventre.
Sembrava quasi che avesse voluto tenerli legati.
Lui e...il loro bambino.
Poi, di colpo lei smise di leggere.
Restò a fissare vacuamente le pagine.
Da lontano, lui vide un piccolo bagliore caderle dal viso.
Un gemito.
Un altro.
E poi un singhiozzo spezzato.
No, no.
Damon saltò giù dalla mensola, raggiungendola.
Se le cedeva, lui che avrebbe potuto fare?
Andare a cercare Dorothy era stato inutile. Non l'aveva trovata né al St. Clement Hospital né a casa sua. Neanche Nora aveva saputo come consolarlo.
Perché ora era proprio solo. Non sapeva davvero più cosa fare...e se ora Neely si lasciava distruggere.
S'inginocchiò accanto a lei. Ma se anche solo provava a stringerle una mano, si ritrovava a toccare l'aria.
"Dannazione!" ringhiò, con gli occhi vitrei, alzandosi di scatto.
Dio, no, non poteva essere!
Era una maledizione, una maledizione...intrappolato nella stessa situazione da cui lui aveva salvato tanti altri! Ma per lui non c'era nessuno...nessuno poteva aiutarlo!
E doveva stare lì...a vedere Neely cadere a pezzi, senza poter fare nulla.
Non c'era pace, pensò, quando il suo spirito venne attraversato da un corpo solido.
Non per lui.
Si nascose il volto fra i palmi, per non vedere la sua ragazza gettarsi fra le braccia di Tom e stringersi convulsamente a lui, affondando il viso bagnato di lacrime nella sua spalla.
Non riusciva a stare lì, a sentirla piangere disperatamente.
Non riusciva neanche a guardarli.
- Non ce la faccio.- un sospiro, le unghie affondate nella schiena di Riddle - Tom, non ce la faccio!-
Damon si lasciò andare seduto sul letto.
Se avesse avuto la forza che gli altri suoi fantasmi, almeno, si sarebbe preso a pugni.
- Mi dispiace, Neely.- mormorò Tom, carezzandole i capelli - E' colpa mia.-
"Ma cosa è colpa tua?" Howthorne scosse il capo "Hai l'acqua nel cervello, Tom."
Sarebbe stato bello se almeno Tom avesse potuto vederlo.
Chissà come, ma l'aveva sempre creduto in grado di fare tutto.
Con passo felpato, in quel momento apparve anche Aidan sulla porta.
Vedere il fratellino con le occhiaie non gli piacque, ma se non altro Neely smise di piangere.
- Oh, ciao.- mormorò, asciugandosi le gote - Ciao Aidan.-
Il maghetto scrutò Tom con espressione insolente.
- Lui chi sarebbe?-
Riddle stava per presentarsi, era emozionato ed era anche la prima volta che vedeva il fratellino di Damon, ma le presentazioni vennero fatte da tutt'altra fonte.
Veleno, che Tom aveva lasciato al polso del corpo di Damon, per protezione, si mise a sibilare.
"Padroncino." riecheggiò il serpentello "Lui è il Padroncino."
Aidan levò le sopracciglia, con espressione finemente diffidente.
Così quello era il migliore amico di suo fratello.
- Ciao.- borbottò allora, sempre burbero.
Le labbra di Tom si stirarono nella parodia di un sorriso.
- Ciao.- disse a sua volta. Aveva ragione Trix, pensò. Il fratellino di Damon era terribilmente geloso di chiunque gli girasse attorno. Si cominciava bene.
Ma era Rettilofono. Lui aveva ereditato, Damon no.
Chissà com'erano felici gli Howthorne.
Ora però c'era un altro problema. Era Neely, che si teneva il ventre e si aggrappava a lui, angosciata.
- Dovresti sederti.- le consigliò, premuroso - Fallo per Damon.-
- Non è questo.- la bionda strega tremò, fissando un punto imprecisato - Tom. Veleno prima ha sibilato, giusto?-
- Bhè, si.- lui e Aidan si scambiarono un'occhiata obliqua senza volerlo - Perché? Ti fa senso, vuoi che me lo riprenda?-
- No.- Neely deglutì, sedendosi di botto - Oddio.- e rialzò il viso su di loro, quando anche Damon stava ad ascoltare, paralizzato dal terrore che le fosse successo qualcosa d'irreparabile - Credo di aver capito cos'ha sibilato.-
Sbigottiti, i tre, due vivi e uno mezzo e mezzo, allargarono la bocca.
- Sei diventata Rettilofona?- si scandalizzò Aidan - Ma non si può! E' di famiglia!-
- Non è lei.- lentamente, Tom sorrise davvero, carezzandole le spalle - Neely, è il bambino!-
- Cosa?- gracchiò, sconvolta.
- E' il bambino! E' Rettilofono! Per questo hai capito Veleno! Cos'ha detto?-
-.Ehm...credo...che tu sei il Padroncino.-
Fu quasi un lieto evento.
E Damon, in disparte, riuscì a emettere un gemito divertito, mentre finalmente la paura sembrava quasi abbandonarlo.
Accidenti. Un figlio Rettilofono.
Se non altro il piccolo stava bene.
Suo fratello ne sembrava un po' perplesso, ma dopo l'iniziale indifferenza, si era unito ai festeggiamenti. Erano arrivati anche Beatrix e Asher e tutti la presero nel miglior modo possibile, specialmente per risollevare il morale a Neely.
Spingere la sua attenzione sul bambino e distoglierla da lui, per qualche minuto l'avrebbe fatta sentire felice.come ogni mamma doveva, in fondo.
Uscendo dalla stanza con discrezione, Tom tirò una lunga boccata d'aria in corridoio.
Incredibile. Il San Mungo aveva soffitti alti e corsie spaziose, ma lui soffriva sempre e comunque di claustrofobia in certe situazioni.
Inspirò ed espirò un paio di volte, sentendo il cuore quasi squassargli il petto.
Doveva proprio darsi una bella calmata.
- Ah, Damon.- disse, con un filo di voce - Ma quando torni?-
Un colpetto leggero alla spalla lo fece girare a sinistra.
Cloe lo guardava, stranita, con una busta grande e gialla fra le grinfie.
- Ma che fai? Parli da solo?-
E se invece avesse avuto voglia di baciarla?
Pessimo affare, si convinse. Così abbassò le iridi blu sulla busta della King.
Lei colse lo sguardo e si strinse nelle spalle.
- Fesserie dei Medimaghi.- spiegò, con espressione assai eloquente - I risultati dei miei esami. La mamma di Sedwigh non si capacita di come sia guarita in fretta. Secondo lei ho del Lazzaro in circolo da almeno tre giorni. Sarà stata semplicemente Draco a darmelo prima che mi curassero qui, all'Ordine. E' impossibile che l'abbia preso prima...però mi guardava in modo strano.- aggiunse, pensosa - Non faceva che strizzarmi l'occhio e dirmi che sono stata proprio birichina. Dici che Karen è diventata matta?-
- Per colpa di Sed senz'altro.- ironizzò Riddle, voltandosi distrattamente e vedendo raggiungere gli ascensori del livello un nutrito gruppo delle segretarie. Erano le povere schiave di Duncan...e c'era anche quel tizio in livrea dorata, Boris, quello del Ministero che stava al Quartier Generale, una specie di chaperon. Passando, il gruppo appestò tutti dell'incenso di Gillespie.
- Non li leggi?- chiese, tornando a incalzare la bionda.
- Diranno solo che ho la pressione bassa.- fece lei, con noncuranza.
- Magari c'è scritto altro.- perseverò lui - Leggili, di che hai paura?-
Cloe lo fulminò - Di niente, per chi mi hai presa?!- e glieli buttò addosso - Vado a farmi un goccio. Sirius ha ancora la fiaschetta o i Medimaghi gliel'hanno portata via?-
- Perché lo chiedi a me?-
- Hai ragione, dovrei chiederti direttamente se hai tu la fiaschetta infilata da qualche parte.-
Ok, si stava scadendo nell'indecenza.
E Trust? Non c'era?
Lei l'aveva strozzato in un angolo?
Togliendogli il divertimento?
- Oddio!-
Uno strillo dalla stanza di Howthorne fece sobbalzare i due ragazzi.
Era Neely, stava urlando come una pazza...perché il corpo di Damon era scosso.
- Cos'è?- urlò Trix, mentre Asher cercava di tenerlo fermo - Ragazzi, ha un attacco epilettico!-
In realtà, non lo era.
Damon, che osservava tutto da fuori, sapeva che era solo una visione.
Stava succedendo qualcosa.
Si concentrò...e i suoi occhi si velarono.
Qualche istante invece e nella camera di Hermione, la piccola Glory spalancò le palpebre.
Il suo occhio d'oro, vide nitidamente...qualcosa.
- Papà!-
Anche Jane Hargrave, seduta accanto al letto della figlia dove lei e la nipote dormivano, da qualche minuto stava fissando ostinatamente il vuoto. Ma a dire il vero, stava solo accadendo quello che nessun Veggente si sarebbe mai aspettato.
Un attacco al San Mungo.
Ci fu un fremito, Harry Potter riuscì persino a sollevare in tempo gli occhi smeraldini dalla Gazzetta del Profeta e...le porte a due battenti della cabina dell'ascensore di quel piano esplosero letteralmente. Saltarono per aria insieme a una nuvola di fuoco. Le porte, sospinte da una forza inaudita, finirono contro le pareti accanto, sbriciolandole.
Ci furono altre due esplosioni ravvicinate e la corsia intera venne invasa da fumo e fuoco.
Si sentì perfino e ancora, il leggero plin dell'ascensore.
Un secondo più tardi, lo scricchiolio dei detriti sotto le suole di numerosi uomini, invase la corsia devastata.
Non ci fu il tempo di fare nulla e chi mise il naso fuori, venne colpito a morte.
Un gruppo di venti Mangiamorte, un numero esiguo se si pensa, fece irruzione.
In ogni stanza, specialmente le prime all'ingresso, ci fu un'invasione di grida angosciate e poi di magie scagliate.
Tante furono le Maledizioni Senza Perdono, così tante...che Craig Badomen, in mezzo al corridoio, rise sguaiatamente, restando impalato, con le mani in mano, solo a gustarsi quel mirabile concerto che lui stesso aveva imbastito.
- Tu ti diverti, vero?-
Badomen si girò alla sua sinistra, da sotto il cappuccio e da sotto la maschera scheletrica, continuava a sogghignare.
- Andiamo mia cara. Questa è poesia.-
La donna, ben trincerata dietro un logoro mantello che un tempo era stato chiaro, color panna, parve sbuffare.
Il suo alito, dolcissimo, sapeva di lavanda.
- Ognuno ha i suoi gusti, Craig.-
- Anche tu hai i tuoi.- le disse, con insolita cavalleria, dandole il braccio per aiutarla a scavalcare una parete andata distrutta - E sebbene il tuo intelletto sia apprezzabile, io amo i miei metodi...-
- Oh, questo è indubbio.- sussurrò quella, restando a braccetto con lui - Ma troviamo il nostro Signore e andiamo via.-
Un improvviso grido lacerante, da due stanze dietro di loro, li fece voltare di scatto.
Sgomenti, videro un loro servitore tramutato in una torcia umana, rotolare a terra, strepitando.
In un susseguirsi di colpi, Badomen vide altri due Mangiamorte Schiantarsi contro una parete.
Un terzo, infranse una vetrata e finì giù dal terzo piano.
- Maledetto Phyro.- si limitò a commentare la sua accompagnatrice, scostandosi da lui - Muoviti Craig. Prendi il Lord Oscuro. Io penso agli Auror.-
Un fischio improvviso, alquanto irriverente, bloccò la coppia prima che potessero dividersi.
Fra strilla e fiamme, fra i Medimaghi agonizzanti a terra e i civili nascosti negli sgabuzzini della corsia, finalmente gli occhi folli di Badomen scintillarono.
A pochi metri da lui, Tom Riddle stava in piedi fra Beatrix e Asher.
- Cercavate qualcuno?- chiese Tom, con tono soave.
Badomen rise, facendogli un inchino.
- Mio Signore. Sono venuto a prenderti.-
Non c'era sarcasmo. O rabbia nella sua voce.
Ma anche se ci fosse stato, probabilmente alla Vaughn non sarebbe importato molto.
Perché estrasse un pugnale dalla cinta, facendolo cozzare con la preziosa guaina filigranata.
- Hai deciso di suicidarti Craig?- gli chiese, dondolando la lama fra le dita.
- No, di venire a riprendere quello che appartiene alla nostra causa.- e dicendolo, scoccò uno sguardo leggermente più sprezzante a Greyback - Principe, siete sempre il benvenuto, dovreste saperlo.-
- Tu stai pure qui a chiacchierare.- s'intromise docilmente la donna, accostandosi al suo orecchio - Io vado a sistemare un conto in sospeso.-
- Come vuoi.- rispose Badomen, senza degnarla di un'occhiata - Ma sbrigati. Tempus fugit.-
Fin troppo vero, il tempo vola.
La donna fece uno sprezzante inchino a Tom, ridendo in maniera sottile, fastidiosa. Andandosene, il mantello le frusciò attorno al corpo e allora, anche Trix poté notare che Riddle aveva detto la verità. Nonostante celasse ogni sua forma, quel poco visibile era dannatamente...irregolare.
Il suo passo era ciondolante, come se da bambina, fosse stata colta la poliomielite.
La schiena, ricurva e con una gobba leggera col mantello, doveva essere sgraziatamente inguardabile senza.
E poi portava guanti alle mani.
Il mantello era chiuso ben sotto al collo.
E il cappuccio, largo e cadente.
Solo lei non portava una maschera scheletrica.
Ma una cosa che attirò sia l'attenzione della Vaughn, che quella di Asher, fu l'intenso odore d'incenso che tutti emanavano. Come se...fino a un attimo prima, si fossero trovati al Quartier Generale degli Auror, al Ministero.
Era mai possibile?
Era mai possibile che...ora la loro base fosse...
Intanto, l'incappucciata camminava a fatica fra le macerie.
Eppure riusciva quasi a fiutare la paura.
Nonostante i Mangiamorte stessero ora subendo un contrattacco da tutti gli Auror presenti e feriti, che proprio non volevano saperne di crepare, lei continuava ad avanzare.
All'inferno Riddle, in fondo.
Per lei, c'era qualcuno di molto più importante da uccidere.
Per vendicarsi.
Per sanare il suo orgoglio.
Il suo onore.
In memoria del suo Maestro.
Di suo Padre.
Si fermò di fronte a una stanza singola.
Il letto era stato rovesciato. Il materasso, girato su un fianco, le impediva di vedere.
Ma già li sentiva tremare, quei piccoli cuccioli di mago.
Sogghignando, fece un passo verso la soglia.
- Piccoli...- canticchiò, con voce estremamente melodiosa - Piccoli...venite fuori...voglio solo giocare...-
- Stupeficium!-
Colta di sorpresa, la donna venne spedita contro un muro e ricadde a terra, a faccia in sotto.
La bacchetta le rotolò davanti al naso, una ciocca di capelli stopposi e secchi le scivolò dal cappuccio.
Furente e spuntando sangue, rialzò il capo.
Jane Hargrave le stava di fronte, puntandole addosso la bacchetta.
- Accio bacchetta.- scandì, facendosi arrivare in mano l'arma della nemica - E adesso in piedi.-
- State bene lì dentro?- chiese anche la voce di Lucius Malfoy, apparso alle spalle di Jane.
Dalla stanza, Lucas, Glory ed Hermione annuirono.
Ma l'incappucciata non riuscì a capire da dove provenissero.
Con un colpo avrebbe potuto far esplodere il materasso e ferirli, finalmente...o addirittura ucciderli. Ma aveva a disposizione una sola opportunità.
- In piedi, signora.- ridisse Lucius, facendole un cenno pigro col palmo.
Lei rise, riuscendo a inginocchiarsi, facendo leva sulle mani aperte sul pavimento.
Il caldo era diventato soffocante.
Il fumo e il fuoco stavano invadendo tutto, nonostante la sicurezza del San Mungo avesse iniziato a forzare le uscite di sicurezza, ovvero i camini, che Badomen aveva bloccato non appena fatta irruzione.
Ma doveva provare.
L'Hargrave, quella maledetta mezzosangue era lì con sua figlia e il Phyro.
La sua spia li aveva visti insieme, non poteva sbagliarsi.
Erano solo a pochi metri da lei.
Non poteva lasciarseli scappare.
Così, serrando la mano sinistra a terra, questa iniziò a essere percorsa da una strana magia lucente.
Sfrigolante.
Era...
- Evoco Minegon!- tuonò la donna, artigliando le dita a coppa.
Riconobbero quella magia.
Tutti quanti.
Sia Tom, Trix e Asher, che si voltarono di scatto...sia Hermione, che comparve dal nulla ancora con la camicia da notte dell'ospedale, da un angolo della stanza in cui aveva Trasfigurato Lucas e Glory in due quadri, e si gettò addosso alla nemica.
Deviando il suo braccio per un soffio, una scarica elettrica di grossa portata sfrecciò dritta dritta sulle teste di Lucius e Jane. Questi si abbassarono repentinamente, Malfoy a proteggere la strega col suo mantello, e la folgore finì spedita contro il soffitto.
Fu un'altra esplosione gigantesca, preceduta dal ruggito della pietra che finiva in pezzi.
Vibrazioni e fremiti percorsero di nuovo tutto il San Mungo.
Detriti e quella parte del soffitto franarono come una cascata addosso a Mangiamorte e Auror.
Sgomento, da lontano, Tom vide Hermione e quella donna venire seppellite da una nube di polvere.
- Hermione!- gridò, distogliendo l'attenzione dalla sua battaglia.
Fu un grave errore, infatti, perché erano circondati.
Lui, Trix e Asher erano subissati su tutti i fronti.
E Badomen colse al volo la sua occasione. La sua grande occasione di riprendere il suo signore.
- Adesso!- ordinò, con le iridi arrossate dal fumo e dalle fiamme.
La Diurna neanche ebbe il tempo di fare qualcosa. Vide Asher cadere a terra, con la coda dell'occhio.
Con una lama d'argento piantata in una spalla.
E poi lei non avvertì più nulla, perché un paletto la prese in pieno cuore e si disintegrò all'istante.
Fu tutto troppo rapido, troppo repentino.
Riddle non riuscì neanche a capire cosa fosse accaduto. Prima Hermione, poi Asher ferito alle spalle di nuovo, come viene riservato ai traditori e piegato in ginocchio da quella lama d'argento che stava già facendo il suo effetto.
E Trix sparita, ridotta a un cumulo di cenere.
Vedendolo disorientato, Badomen per la prima volta fu davvero felice.
Era un grande combattente, il suo Signore Oscuro, pensò compiaciuto.
Un grande mago...e un molto abile con le armi, cosa che invece suo padre aveva sempre evitato come la peste.
Si era battuto come un vero leader...ma ora era tempo di finirla e riportarlo a casa.
- Lesistra.- disse, alzando lo sguardo al soffitto crepato - Prendi il Padrone e andiamo via.-
E una voce d'oltretomba, colpì Tom dall'alto.
Sollevò il viso.
"Certo, signor Badomen. Vieni mio Signore. E' ora di andare a casa."
E allo stesso tempo, Harry, Draco e Ron si Smaterializzarono in quello che un tempo era stato l'ascensore.
Il loro sangue ghiacciò vedendo una sorta di essere pallido e marmoreo, camminare al contrario sopra a Riddle.
Aveva sembianze efebiche, ma la sua voce femminile quasi incantava.
Fu un lampo.
Il demone Lesistra, un ibrido, si staccò dal soffitto e cadde addosso a Tom, fluidamente, come se fosse stato fatto d'aria. E sempre dolcemente, scivolarono a terra...fondendosi nel pavimento come una goccia d'acqua nel mare.
Un istante più tardi, Tom non c'era più...
- Ritirata!- gridò Badomen, in una sequela di urla e grida - Ritirata!-
- Fermateli! Fermate i Mangiamorte!-
A scappare però, quelli erano sempre stati dei maestri.
Uno a uno, facendosi nubi nere, s'infilarono come vortici nell'ascensore e sparirono tutti.
Da ultima, la donna incappucciata che da sotto i detriti, spinse via Hermione, coi denti serrati tanti da spezzarseli.
- Ci rivedremo.- le strillò, quasi incapace di rimettersi in piedi - Ci rivedremo maledetta gagia! E ammezzerò tuo padre, come tu hai ucciso il mio!-
Hermione, a sua volta, in ginocchio fra le macerie con la camicia da notte che le scivolava da una spalla ferita a sangue, la scrutò con occhi lampeggianti.
- Provaci.- fu l'ultima cosa che le sibilò - Provaci!-
- Con immenso piacere.- scandì quella, prima di tramutarsi in fumo.
E svanire.
Lasciando di quella corsia al San Mungo, solo cenere e fiamme.



Era così insolito vedergli le mani macchiate di sangue...
Milos Morrigan si rialzò dal prezioso persiano dai colori pastello. Lo fece a fatica, trattenendo a stento un gemito per il suo fianco ferito. Ne estrasse il coltello da cucina, secco, senza esitare.
E poi lasciò andare la posata, rimettendosi in piedi.
Il suo sangue schizzò sul persiano e sul pavimento d'alabastro candido.
Il riverbero azzurrognolo di quel luogo, dei sotterranei di quella casa dov'era nascosto un segreto, rese la sua preghiera quasi evanescente.
- Non farlo...- sussurrò, piegato dal dolore.
Non aveva fatto altro che pronunciare quella frase, da quando era giunto a Cedar House per prendere altro Lazzaro per i feriti dell'Ordine della Fenice.
Che strano, fu la prima cosa che pensò Milo, mettendo piede in quella grande casa.
È strano come la sera lasci un amico, salutandolo, sorridendogli.
Non vai mai a pensare che quella potrebbe essere l'ultima volta che lo vedi.
Invece è così.
Perché il giorno dopo lo ritrovi...con le mani sporche di sangue, gli occhi spiritati a muro di rimpianto contro il mondo, in un turbine di veleno che distrugge lui e te.
Lo ritrovi trasformato in uno zappo, che non sa stare in piedi sulle proprie gambe.
Come un malato, un vecchio, un reietto.
- Tristan, per l'amor di Dio...-
Strano come s'invochi Lui, nonostante si sia sempre sbandierata la sua inesistenza, Milo.
- Tristan, non farlo...lasciala andare...-
Non aveva fatto che supplicarlo.
Fino a togliersi il fiato.
A perderne la voce e il senso.
Le voci, le suppliche, i gemiti...tutto riecheggiava nella grande stanza del Lazzaro, sotto Cedar House.
Il monumentale ingresso, sorretto da sobrie colonne del tutto prive di decorazioni nei capitelli.
La scalinata d'alabastro, pareti lisce, senza età e senza drappeggi o frivolezze.
Al centro, abbracciata da piccole fontane, la risorsa di lunga vita, il Lazzaro, nitido come una pozza di lapislazzuli.
Qua e là, tavolini in ferro battuto con basi di marmo, un'unica libreria a effetto decapato, chiusa da ante di vetro.
Il più totale silenzio.
Pace.
Nessuna finestra.
Nessun fondo, a quella grande piscina.
I bordi, dalle forme morbide e voluttuose, macchiati di sangue.
Nero e intenso.
- Tristan...Tristan, te lo chiedo per favore...lasciala.-
Lasciarla.
Perché lasciarla?
Gli occhi felini di Mckay vedevano un'unica cosa.
L'unico motivo per cui, per un giorno intero, aveva desiderato suicidarsi, dimenticando anche la vendetta contro chi gli aveva strappato la vita dal petto.
Schiacciata sotto di lui, su un tavolino, Elisabeth, con le gonne ben sopra le ginocchia, annaspava.
La mano del demone, stretta alla sua gola, non doveva fare altro che stringere di più.
Era colpa sua, solo colpa sua...
Ingannati, rideva la sua coscienza.
- Tri...Tristan...- balbettò Elisabeth, con le unghie affondate nei suoi polsi - Lasciami...ti supplico...-
Sentirla supplicare, vederla piangere lacrime amare...no, non gli davano alcuna soddisfazione.
Si chiese se spezzandole il collo...avrebbe ottenuto ciò che tanto desiderava.
L'assoluzione.
- Ma che cazzo vuoi fare?!- gli urlò di nuovo Milo.
- Sta zitto.- sibilò lui, aprendo finalmente bocca da quando aveva atterrato il Diurno con una tale facilità da rasentare il gioco di un bambino.
Una lotta impari, su tutti i fronti.
Milo non aveva voluto crederci.
Era lui...era lui il demone che si era aggirato per Londra in quei tre giorni...
Ammazzando chiunque gli arrivasse a tiro...demoni impuri, vampiri, Mangiamorte...esseri umani indifesi...
Esseri umani indifesi.
Lui, che aveva consacrato la sua vita a difendere chi non era in grado di farlo.
Che aveva giurato di comportarsi rettamente, di innalzare il suo cuore all'onore.
Di dire la verità, anche quando questa l'avrebbe portato alla morte.
Il suo giuramento...infranto...per amore...
- Tristan!- gemette di nuovo Elisabeth, divincolandosi - Lasciami...lasciami!-
- E dire che prima pregavi per ben altro...- le sibilò, abbassandosi su di lei con occhi di rapace - E' da quando sei entrata qui la prima volta...serpe infida...-
- Adesso basta!-
Milo si Smaterializzò in fretta e gli riapparve a fianco. Cercò di colpirlo con un pugno, ma il demone si era aspettato il manrovescio, tanto che si abbassò rapidamente, lasciando andare Liz che ricadde dal tavolino, finendo a terra.
Lì si mise ad ansimare, rannicchiata e tremolante come un coniglio.
Milo invece si ritrovò schiacciato a una parete, la mano di Tristan al collo. Ora sotto la ghigliottina al posto della strega.
- Ecco il problema di voi con l'anima.- ringhiò Mckay, con voce assolutamente sibilante - Adesso morirai per lei...soddisfatto?-
- Io morirò...e tu mi ucciderai, forse...- Morrigan piegò con difficoltà la bocca, nella parodia di un sogghigno pieno di compassione - Ma non sono l'unico che è morto per una donna. O forse mi sbaglio?-
La rabbia divampò nello sguardo verde di Tristan.
La sua mano era già alta, appiattita come una lama.
Pronta ad affondare nella carne e nel cuore dell'amico...
- Amore, hai finito di giocare?-
Pochi centimetri, un soffio...
Tristan si fermò, a occhi sbarrati.
Lentamente, si volse e attraverso i sensi e la mente, avvertì Lei...scendere scalza sui gradini.
Un vestito bianco, virginale.
Uno spettro con un cappuccio di garza trasparente.
Sua moglie.
Lucilla stava a pochi metri.
Le labbra umide e dolci socchiuse.
- Su. Lascialo andare.-
Sussurrava, camminando...o forse danzando.
Era tornata.
Immediatamente, Tristan lasciò Milo che ricadde a fatica e sempre col fiato mozzo, si rimise in piedi accostandosi alla parete. Con uno sguardo veloce, vide il volto di Lucilla.
I suoi occhi bianchi, come pozzi di neve su un volto disteso.
Una statua.
La perfezione del tempo.
Lei gli fece un cenno col mento. Invitandolo ad andarsene.
Specialmente ora che Tristan, con le mani sporche di sangue lasciate lungo i fianchi, non si sarebbe accorto della caduta del mondo. Perché vedeva solo lei, che gli stava davanti.
Velocemente, il Diurno ad afferrare il gomito di Liz. La tirò in piedi senza alcuna delicatezza, conscio che Mckay avrebbe potuto perpetrare i suoi propositi in qualsiasi momento.
La strega singhiozzò, aggrappandosi a lui...ma passando a fianco della Lancaster, non riuscì a frenare un gemito alto.
Un atroce lamento.
- Lucilla...- non osava guardarla, a capo chino, le spalle tremanti - Lucilla...io...-
- Dovrei strapparti gli occhi.-
Elisabeth ricominciò a piangere. Più forte, sempre più forte, piegata sulla spalla di Milo.
E Lucilla fissava un punto di fronte a sé.
Implacabile.
- Ma come faresti a guardarti allo specchio la mattina...per il resto della vita?-
Che piangesse pure.
Che si lacerasse il viso con le unghie.
Che si consumasse gli occhi, fino a farli diventare ciechi.
- Pensi di farcela?- le chiese Milo, prima di andarsene.
Si, oh si.
Ce l'avrebbe fatta da sola. Ancora una volta.
Le porte si richiusero.
Sembrò quasi a Tristan, che Milo li avesse chiusi dentro.
Avrebbe pagato, avrebbe dato qualunque cosa per non dover più uscire da lì dentro...se quella prigione avesse potuto dividerla con lei.
Vide, senza comprenderne i motivi, un sorriso genuino nascosto sotto quel cappuccio di garza trasparente.
Gli stava sorridendo...
Perché?
- Dove sei stata?- le chiese.
Si era sforzato di usare un tono duro, inquisitorio. Invece sortì l'effetto di un adolescente innamorato.
Il che era vero.
Perché negli ultimi due giorni...aveva pregato che Dio lo fulminasse in ogni istante.
Senza di lei...niente aveva senso.
Senza Lucilla, la sua vita non avrebbe avuto il minino perché.
E ora che gli sorrideva, ora che era tornata...
Ma perché gli sorrideva?
Quando se n'era andata...aveva pianto, urlato, l'aveva anche picchiato e graffiato...
Una donna innamorata, col cuore a pezzi ricolmo d'odio.
Ora invece gli sorrideva con benevolenza.
Un sottile senso di vuoto attanagliò le viscere di Tristan.
- Dove sei stata?- le richiese, deglutendo impercettibilmente.
- Ho fatto due passi.-
Come se l'ultima volta che si erano visti avessero discusso per la tinta dell'ingresso, il disordine che lui lasciava in giro o lei che rifiutava di curarsi.
Incantato, ipnotizzato, la seguì con lo sguardo senza mai perderla, mentre raggiungeva un tavolino.
Era così vicina a lui...neanche due metri.
Ogni sua mossa, ogni suo movimento denotavano tranquillità.
Con dita leggere si sciolse il mantello di garza trasparente come una ragnatela. I capelli erano raccolti in uno chignon in cima al capo e numerose ciocche le scivolavano sulle spalle.
L'incarnato sembrava compatto come la faccia di una perla.
L'abito, evanescente, lucente, era colpito dal riverbero del Lazzaro.
Lo stava ipnotizzando sul serio, comprese, scuotendo leggermente il capo.
Che strano, si sentiva intontito.
Si tolse la frangia dal viso, macchiandosi una gota di sangue.
Era nausea?
O sonnolenza?
- Vedo che ti sei divertito in mia assenza.-
La sua voce risuonava come un'eco lontano.
O erano le mura di quella stanza?
No, Tristan lo capì quando gli arrivò a pochi passi.
Era lei che incantava.
Lei che lo stordiva.
Col suo profumo, con la sua pelle, coi suoi capelli.
Quella bocca lucida come di smalto, piena di fragole e more, col sapore...del sangue.
- Non avresti dovuto lasciare in giro tante tracce.- continuò Lucilla, che parlava con l'impressione di non sapere nulla di quello che stava scatenando in lui - Ma in fondo non potevo certo aspettarmi che avresti imparato tutto in pochi giorni. E da solo.-
- Im...imparato?- ribatté Tristan, sbattendo le ciglia.
- A comportarti e a usare i tuoi poteri.-
Usare i propri poteri...
La testa gli girava.
Mckay si fece indietro, corrucciando la fronte.
Stava impazzendo?
- Lucilla, non so di cosa parli, ma...- cercò di afferrarla, eppure non appena la sfiorò, sentendo che lei non si scostava, qualcosa fece ritrarre lui. Come acido.
Rimorso.
La Lancaster sorrise impercettibilmente.
- Stavi dicendo, amore?- lo incalzò, avvicinandosi di un altro passo.
Perché sentiva le pareti richiudersi attorno a lui?
Dannazione, la gola gli si serrava.
Tutto diventava buio.
- Non so di cosa tu stia parlando...- ricominciò, tossicchiando per ritrovare la voce -...ma dei poteri al momento non m'interessano. Voglio sapere dove sei stata...- abbassò lo sguardo, all'alzata di sopracciglia della moglie.
- Te l'ho detto. Ho fatto due passi.-
- Per due giorni?-
- Per due giorni.-
Tristan serrò la mascella - Con chi?-
Il sorriso di lei si allargò.
- Vuoi davvero parlare di questo?-
Deglutendo ancora, la gola gli si chiuse del tutto alle labbra socchiuse di Lucilla.
Fosse stato più lucido e meno abbagliato da lei, avrebbe capito cosa stava succedendo.
- Visto che sei così silenzioso, colgo l'occasione per dirti un paio di cose, Tristan.-
Un braccio di Lucilla gli scivolò sulle spalle, serico come seta.
Un serpente bianco...che arrotola, arrotola le sue spire...
Lento come miele che cola da un cucchiaio.
Letale come veleno che agisce sordido nelle vene.
Lei era...veleno...
- No, prima io.- sussurrò Tristan, trattenendo un sospiro quando Lucilla si premette contro di lui, schiacciandogli il seno contro il torace. Come una lingua di fuoco e panna, un ciglio appena sbocciato, nutrito di rugiada tossica.
- Volevo...volevo parlarti di quello che è successo l'ultima volta...-
Ancora un po' e l'avrebbe trapassato, tanto era schiacciata su di lui.
- Ah, amore mio...- la bocca quasi vicina, le labbra umide a sfiorargli il mento liscio, sbarbato, così dannatamente perfetto ora -...è l'inizio di scuse più pietose che abbia mai sentito.-
- Lucilla io...-
Affondò la faccia nella sua camicia. Poco importava al momento che il colletto fosse chiazzato di rosso.
Assurdamente, anche il profumo di Elisabeth, ancora impregnato a fuoco nella sua mente, si era fatto un particolare fuggevole.
Si era avvolta in un caldo guscio di silenzio, d'indifferenza, prima di tornare a casa.
Non aveva i suoi poteri. Non poteva fare magie.
Si, era alla stregua di una comune mortale ormai.
Ma anche le comuni mortali erano in grado di fare, ciò che stava facendo lei.
Sedurre.
Colpire.
Tradire.
- Ora ascoltami bene.- mormorò al suo orecchio, alzandosi sulle punte. Lo cinse più forte, le spire che si stringevano con dolcezza - Io ti ho sposato...e quel giorno ho accettato di viverti accanto finché la morte non ci avesse separato. Tu hai infranto quella promessa...ma sei ancora qui. Sei qui...fra le mie braccia...solo per me...- gli morse il lobo dell'orecchio, strappandogli un gemito leggero, appannato -...è per me che l'hai fatto...e questo lo accetto. Accetto te e questi poteri...accetto il tuo sangue...accetto tutto...-
- Lucilla...-
- Ma...- continuò la demone, in un soffio -...ma presta bene attenzione.-
Rapidissima, le sue unghie si piantarono nella nuca di Tristan, afferrandolo saldamente.
Certo, al momento non avrebbe potuto spezzare neanche un fuscello...figurarsi fargli del male.
Però ottenne la sua più totale attenzione, seppur velata dall'eccitazione che provava.
Gli occhi verdi offuscati dal desiderio, la bocca che continuamente cercava di catturare la sua.
- Un piccolo monito, amore mio.-
Lui aveva già abbassato il viso, per farsi baciare, senza più cercare di rincorrerla.
Stava solo aspettando impaziente che terminasse.
- Tu sei mio.-
Sei mio. Mio e di nessun'altra. O neanche il Diavolo in persona ti proteggerà più da me.
Sciocchi.
Sciocchi tutti gli uomini, che credono solo alla passione.
Che credono che mente e cuore e corpo siano un tutt'uno.
Per lui fu fuoco.
Per lei...puro calcolo. Una fiamma fredda, appena tiepida.
Stringendole le braccia alla vita, la sollevò da terra, incurante di un suo mormorio di dolore, calando la bocca sulla sua, divorandola, depredandola. Affondò la lingua in quell'antro caldo, con frenesia, con impeto.
Gli era stata troppo lontana.
L'aveva tradita, come un infame codardo.
Come un umano qualunque, debole di fronte alle sue miserevoli ossessioni.
L'aveva tradita...aveva tradito l'unica donna che fosse mai riuscita a farlo sentire vivo. Amato.
Lo accettava, gli aveva detto.
Lo voleva ancora.
Non lo aveva perdonato. Non era neanche stata a sentire le sue scuse.
Ma...l'aveva accettato. Lui e i suoi errori.
L'amore e il desiderio lo colsero con le difese abbassate. Si lasciò andare a terra, con lei fra le braccia, sopra di lui.
La sua dea.
Lei gli faceva perdere il controllo.
Gli faceva dimenticare chiunque e ogni cosa.
Gioia, dolore. Rabbia, felicità.
- Ti voglio...-
Affondò la bocca nella spalla nuda della moglie, sentendola pronunciare quelle parole. Era stato un sibilo, denotato da uno strano tono. Urgenza. Lo voleva anche lei.
Le strappò l'abito sulla spalla, scoprendole la schiena che percorse rapidamente con una mano. L'altro palmo, chiuso a coppa sul seno sinistro...così bello e così segnato. Un fiore e una cicatrice.
Seduta sopra di lui, le gambe strette attorno ai suoi fianchi, le afferrò i lembi della veste e senza alcuna cura gliela sfilò del tutto dal capo. Lo chignon si sciolse appena, sfiorandogli il viso.
I capelli di Lucilla...sempre lo stesso profumo. Sempre soffici. Sempre...gli stessi.
Amava i suoi capelli.
Li strinse fra le dita, carezzandole la nuca, seguendo la spina dorsale. Stava a occhi chiusi, ma li riaprì di scatto, sentendo la mano di sua moglie seguire la linea del suo ventre, insinuarsi nei suoi pantaloni.
Nudi, pelle contro pelle, il respiro affannoso. Lei, calda per la prima volta.
E lui, gelido come marmo.
Era lei a tremare. Lei ad avere freddo.
Ma aveva in corpo l'ostinazione dei folli. Dei vendicativi. Dei disperati.
Lì, sul bordo della fonte del Lazzaro, sdraiati sul suo abito bianco, Tristan col capo riverso quasi nell'acqua...
Ricominciò a baciarla, non appena si staccò per posizionarsi meglio.
Era il bacio del perdono, capì Lucilla. La stava supplicando. Col sesso. Col piacere.
Che continuasse pure. Perché gli puntò le palme aperte sul torace, la destra sul cuore...dove l'infame ferita rimarginata mostrava ciò che da quel cuore era stato strappato.
Le prese lui stesso quella mano. Stringendola forte, ma senza spostarla.
L'altra, che l'artigliava il fianco, senza lasciarla sfuggire.
Era stata dura. Era stata spietata.
Quella dolcezza però...quel languore che Tristan non sapeva scordare. Che solo Lucilla sapeva dargli.
Più lei si muoveva, sopra di lui, col viso irresistibile, stravolta dal piacere.
I suoi sospiri, i mormorii indistinti...e mai che smettesse di guardarlo.
Infine il bacio, per zittire quell'urlo che le era salito alla gola.
Un bacio senza fiato, un bacio affannoso...
Piegata su di lui, le carezzò la schiena, senza smettere di ansimare.
Era tornata...
- Sei tornata da me...-
Lucilla sorrise, col viso nascosto fino alla linea degli occhi contro la sua spalla.
- Si...- mormorò - Solo per questo...-
Poveri sciocchi gli uomini.
Il sesso...non è nulla.
La lama affondò dritta nella carne. Il sangue zampillò come una fontana nera, inondando la mano di Lucilla.
Se ci fu uomo più sorpreso in un tradimento nella storia, sicuramente Tristan Mckay gareggiò con lui alla pari.
Gridò, si agitò e a fatica si mise in ginocchio, sputando sangue nero dalla bocca.
Il braccio di sua moglie, ancora proteso verso di lui.
Alzò il viso, barcollando.
Ora la vedeva appannata...le lacrime o la morte, stavano di nuovo offuscandogli la vista.
- Lucilla...- alitò, nauseato dal metallico sapore in bocca - Lucilla...per...perchè?-
Lei non ritrasse la lama. Il pugnale, usato da Horus, fece tremare ancora più violentemente Tristan. Lo riconosceva.
Sapeva cos'aveva fatto.
- Perché?- le richiese, col sangue che gli scivolava lungo la gola - Mi avevi detto che...-
Lei lo interruppe, gelida, colma d'odio.
Estrasse la lama di colpo, che perse di colore, di lucentezza. Tanto che si polverizzò, lasciando nel palmo della Lancaster solo l'elsa arrugginita.
- Ho mentito.- gli sibilò.
Saltò indietro di poco, rannicchiata su se stessa, una ninfa nuda delle acque, coi boccoli sciolti sul viso e le spalle.
E lui, Tristan, scivolò all'indietro. Nel Lazzaro.
Cadde in acqua di schiena, sprofondando come un sacco. Una salma.
Il sangue che vi ribollì, da nero, iniziò a farsi rosso.
Uno spettacolo nauseante.
Ma Lucilla non staccò mai l'attenzione da esso. Fra quei turbinii rossi e rosa, non vide niente...neanche bolle d'ossigeno. Passò un minuto. Poi due. Al terzo...
Un essere umano riapparve a galla, tossendo, arrancando come un micino che non sa nuotare.
Continuò ad agitarsi. Ad annaspare.
Ma lei non si mosse. Restò inginocchiata sul bordo, a guardare...fino a che, solo col desiderio di vivere, Tristan nuotò fino al bordo e vi si avvinghiò. I capelli biondi gli ricoprivano gli occhi e le sue braccia, come atrofizzate, dovettero fare più tentativi prima di aggrapparsi saldamente alla riva.
Tremava tanto che sembrò colto da una crisi. Uno shock.
Ora era lui a essere tornato.
Lucilla così, poté finalmente mettersi in piedi, afferrando l'abito e chiudendoselo sul seno come una vestaglia.
Non una parola. Una mano protesa, per aiutarlo.
Ora riaveva la sua anima. Se ne aveva il coraggio e la forza, che si fosse rimesso in piedi da solo.


- Senti Duncan, non ne voglio sapere!-
Lo strillo isterico di Hermione fece nascondere tutte le segretarie di Gillespie dietro le spalle del grande Capo degli Auror. Anche se al momento, il grande Capo, come lo prendevano in giro Edward e Harry, era seriamente sull'orlo dell'ennesima crisi di nervi. Era diventata una moda, per i Mangiamorte, fare irruzione in casa altrui e far saltare tutto per aria. Perché, altrimenti, entrare al San Mungo all'alba delle sette di sera e ammazzare sette civili, ferire di nuovo gravemente otto Auror già convalescenti, fra cui Hermione Hargrave, rapire Thomas Maximilian Riddle se non per fargli venire un tracollo emotivo?
Hermione lo fissò trucemente. Vederlo così apatico le faceva montare ancora di più i nervi, considerato che era seduta, mezza nuda, su una barella di fortuna in mezzo alla corsia mezza distrutta - Ti ho detto quello che ho visto! Quella donna voleva ammazzare mio padre! Perché io ho ammazzato il suo, secondo lei! Ahi!- gracchiò poi, verso la povera Medistrega che le stava curando la profonda ferita alla spalla, fortunatamente presa di striscio dall'esplosione - Qua c'erano anche i bambini e come se non bastasse, c'era pure Badomen con lei! Mi spieghi come diavolo hanno fatto a entrare quei maledetti bastardi?-
- A me lo chiedi, tesoro?- frecciò Gillespie, ficcandosi in bocca un sigaro - Qua ci vuole il pass, per entrare.-
- Torniamo alle solite.- sibilò Asher, seduto in poltrona sotto la Grifoncina, intendo a tamponarsi lo squarcio sulla schiena che stava per infettarsi - Voi Auror dovreste pulire per bene casa vostra. Cosa diavolo vuole fare con quella pinza?- ruggì poi verso un'altra povera Medistrega, tutta tremolante - Se si avvicina a me con quella cosa, giuro che la mordo. E' avvisata!-
- Chissene frega come diavolo hanno fatto a entrare.- si lagnò Trix, già in piedi e fresca come una rosellina - Duncan, Badomen crede di aver preso Tom con quel maledetto demone Lesistra. Quando si accorgerà che era solo un Doppio non la prenderà bene di certo.-
- Già.- sbuffò Hermione, guardando però Riddle, seduto di fronte a loro con una borsa del ghiaccio sulla fronte, con aria ammirata - Accidenti, hai imparato davvero a Sdoppiarti. Ma come hai fatto?-
- Pratica.- sospirò lui, con la testa a pezzi - Se la porta dell'ascensore non avesse preso in pieno me e Claire, nascondendoci, a quest'ora mi avrebbero rapito davvero.-
- E tu mi spieghi come mai sei senza un graffio?- ringhiò la Vaughn alla King. Cloe, infatti, stava una favola. Senza un graffio, solo con la veste un po' bruciacchiata. Al momento dell'esplosione, lei e Tom erano stati proprio di fronte alla "bomba" e quando erano state fatte saltare le porte della cabina dell'ascensore, loro se le erano prese quasi in faccia. Fortuna o sfortuna, la coppia era rimasta seppellita dalle macerie ma...che strano, Cloe avrebbe detto che una strana luce dorata si fosse propagata da lei. Come uno scudo.
- Sto bene, fregatene dei motivi.- disse la bionda, agitando la mano - Asher ha ragione, secondo me. Quei maledetti degli Mangiamorte come hanno fatto a entrare? Chi ha i pass?-
- Per entrare qui?- rise acidamente Duncan - Medimaghi, Karen Stanford, metà dei parenti dei feriti, gl'inservienti, il Ministro Dibble...io...-
- Punto e a capo.- mugugnò Tom, guardando con pena il sangue sulla borsa del ghiaccio che si teneva in fronte per non farsi spuntare un corno da rinoceronte - Sarò ripetitivo, ma c'è una talpa.-
- Lo stesso bastardo che avete visto a Riddle House, esatto?- l'inquisì Edward, raggiungendoli - Salve gente, tutti interi?-
- Per ora si.- rispose Hermione, piena di collera - Ma appena becco quella stronza io...-
- Ti lasceremo l'onore di sgozzarla, si.- rise Dalton - Capo, qua noi ci siamo mossi. Quando sono usciti, Harry e Jess hanno seguito i Mangiamorte. Con un po' di fortuna non si accorgeranno dei volatili che stanno loro alle costole.-
- Fantastico.- Gillespie soffiò una nevrotica nube di fumo sulle teste dei presenti - E io adesso me ne torno al Ministero, ancora una volta signori miei...a spiegare perché dove ci siete voi, qualcosa salta per aria. Dalton, mandami Coleman a fare rapporto non appena Potter e Mckay tornano. Se tornano...- aggiunse, alzando gli occhi al soffitto che, seriamente, rischiava di franare del tutto - Voi levate le tende, intesi? E tu, Hermione...fatti curare come si deve quella spalla.-
- Certo papà, consideralo fatto.- ironizzò lei, soave.
- Perché spreco il fiato? Perché?-
- Risparmialo.- gli consigliò Hermione con dolcezza - Se continui a fumare così...-
- Non una parola in più.- l'avvisò Gillespie, sbottando quando una delle sue segreterie, correndo, andò a sfracellarsi addosso a lui - Accidenti Alanna. Che diavolo hai da correre così?-
- Capo, mi spiace!- si sbrodolò la stagista - Mi perdoni, ma ho i dati che voleva dal signor Kingsley!-
- Dimmi.-
- Stanno tutti bene. Gli Auror feriti sono stati portati in un altro reparto e sono stati subito curati. Solo un uomo del signor Ombrodoro rischia la vita. I civili invece, sono stati portati al Ministero.-
- Ora che ci serviva Howthorne...- mugugnò Duncan - Non è che con quel baccano s'è svegliato?-
- No.- ringhiò Tom, cambiando completamente espressione - No, lui non s'è ripreso.-
- E Neely?- chiese Hermione, intromettendosi.
- Oh, lei sta una favola.- rise Trix - Pensava di doversi mettere a letto, sai, a causa del pericolo che le hanno detto i Medimaghi di perdere il bambino...invece il pargolo s'è fatto valere. Tutta la stanza è stata avvolta da uno scudo dorato che ha protetto Neely, Damon, Aidan e il piccolo.-
- Uno scudo d'oro?- Tom levò il sopracciglio spaccato, gemendo per il dolore - Come quello che ha coperto me e Claire.-
- Sciocchezze, il bambino ha protetto solo Neely, Damon e Aidan.- rispose la Vaughn.
- Si vede che pensava anche agli zii.- ironizzò la King, agitando incurante la busta gialla dei suoi esami quasi tutti bruciacchiati - Forse è grazie a lui che non ho un graffio. Devo comprargli un regalino.-
- Si, suo padre di nuovo fra i vivi.- sentenziò Asher, ruggendo quando la Medistrega gli strappò dalla ferita un pezzo d'argento spesso due pollici - Io l'avevo avvisata...-
- Mi perdoni.- tremolò quella, piccola piccola - Ma non volevo le facesse infezione.-
- Ah, stronzate!- Hermione si tolse di torno i seccatori, saltando giù dalla barella - Avanti, andiamo tutti a casa! Appena Harry e Jess tornano, raccoglieremo le forze e faremo irruzione nel covo di Badomen, dopo di che...-
-...fra una settimana inizierà l'Inquisizione.- finì il Capo degli Auror, gettando tutti nel panico - Perciò, Hermione, ti conviene risparmiare le energie e il fiato, tesoro, per salvare il signor Riddle.-
- Oh, Duncan, miscredente.- ridacchiò Edward - Non sai che mastini sono gli avvocati di Draco?-
- Certo che lo so. Se non è ancora finito ad Azkaban, un motivo c'è. Avanti, Vaughn portati a casa questi derelitti. Io fra un'ora ho una riunione col Wizengamot e il Ministro Dibble. Speriamo sia di buon umore...-
- Più che altro voglio vedere con che faccia racconterai tutto alla compagnia di assicurazioni del San Mungo.- attaccò a ridere Tom a bassa voce, per poi coinvolgere in quella ghignata di malsano divertimento tutto il gruppetto.
Si, perché quel livello era da sotterrare a quel punto.
Non buttare.
Sotterrare proprio. C'erano fili scoperti, scintilli ovunque, dal soffitto quelli del piano di sopra potevano pure salutarli.
Ovviamente poi, erano già finiti sul giornale.
Con titolino catastrofici e scritte che sfrecciavano da tutte le parti, dalla Gazzetta all'edizione speciale del Cavillo.
Erano perfino finiti su Vanity Witch, perché una giornalista della rivista per ragazze era riuscita a fare una foto a Narcissa. Lady Malfoy, ancora non ci credeva, era stata fotografata appena dopo la fuga di Badomen. E la redattrice di Vanity Witch si era complimentata con lei perché anche in una situazione di tale pericolo, era riuscita a non farsi colare il maquillage con tutto quel caldo...
Lucius aveva dovuto portare via sua moglie, o avrebbero rimediato un altro cadavere.
Draco poi, onde evitare di strangolare la sua stessa consorte, aveva iniziato ad accompagnare a casa Elettra e i bambini. Sarebbe tornato a riprendere Hermione e Tom, anche se Riddle avrebbe preferito andare a casa di Damon.
Sapeva perfettamente che i genitori del Legimors non sarebbero stati particolarmente felici di averlo attorno, ma lui non voleva lasciare Neely con tutti i loro parenti, gente troppo preoccupata a soffiarle sul collo per darle un po' di conforto.
Proprio in quel momento, dalla stanza salva di Howthorne, portarono via il suo corpo in barella.
Aveva ancora gli occhi aperti.
Limpidi e azzurri come un cielo estivo.
Doveva riportarlo in sé.
Era magia, lo sapeva ora, era la magia quello che l'aveva fatto cadere in coma.
E in un modo o nell'altro, l'avrebbe riportato a casa.
Solo che Riddle, troppo impegnato nei suoi cupi pensieri, non sapeva che...un fantasma può andare ovunque.
Essere ovunque.
Invisibile.
Una spia.
E Damon Howthorne, per una volta, aveva colto al volo il bello di essere uno spirito.
Spia.
Aveva seguito Badomen nel momento in cui si erano dati alla fuga, lui e la sua donna.
Insieme a Nora, stava seguendo i Mangiamorte.
Erano tornati dove tutto era iniziato.
Kent, Little Hangleton.
A Riddle House.
Chissà che lì finalmente uno spirito non avesse trovato le sue risposte.

T.M.R |DRAMIONE|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora