Capitolo 31

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2 luglio, 23 della notte.
Non vi era strada al mondo più romantica e al contempo più moderna della londinese Myfair.
E al 43 South Molton Street, uno dei locali babbani più famoso della capitale Britannica, brulicava la giovane e modaiola vita notturna che per una volta lasciava fuori la magia dal suo sacro cerchio.
Ebbene si, il locale notturno aperto sulla strada di lastricato e porfido illuminava buona parte della via.
Frotte di giovani londinesi, turisti e stranieri affrontavano quella calda notte d'estate in abiti leggeri e coi sorrisi stampati sui volti, pronti a divertirsi, pronti a vivere quella giro di boa della loro esistenza che non sarebbe più tornato indietro.
L'insegna, data dalla luce bassa e soffusa del neon, illuminava l'ingresso su cui era steso un tappeto rosso. La coda per accedervi era lunga, molto lunga, ma c'era chi non se ne lamentava. Nugoli di ragazze, agghindate in leggeri vestitini erano una gioia per gli occhi, specialmente in nottate gremite di stelle come quella.
Una bella rossa passò di fronte a una monovolume blu, parcheggiata quasi davanti all'ingresso, ma dai finestrini oscurati. Il suo ancheggiare e la sua minigonna bianca a balze, scatenarono tre fischi in sincrono.
E poi, dall'interno, una voce disgustata di strega.
- Porci tutti e tre. Non uno si e uno no.-
Angelica Claire King fece una smorfia, mentre gli altri tre a bordo se la ridevano sommessamente.
Al volante, Damon Howthorne sintonizzò la radio su una stazione di deficienti, mentre Tom Riddle e Vlad Stokeford, seduti dietro con la strega, tornarono a farsi i fatti loro. Non si sapeva bene perché il demone avesse deciso di aggregarsi alla spedizione notturna ordinata da Harry Potter, ma Tom non aveva fatto domande, così neanche il Legimors, anche se lì a bordo c'era una Sensistrega parecchio seccata dal fatto che Riddle fosse seduto fra lei e Vlad.
Erano arrivati da circa mezz'ora e aspettavano solo istruzioni.
Specialmente perché avevano passato il pomeriggio a discutere col Capo degli Auror e Duncan era stato chiaro.
Se fallivano e non riuscivano a portare via quella Nicole da quel locale, l'avrebbero pagata cara. E siccome la tizia, la galoppina del Ministero, era una Magonò, non potevano rapirla con la magia. Tantomeno sarebbero potuti entrare Harry, o Draco o anche Edward a prenderla, visto che quella conosceva le facce di tutte le persone importanti nel mondo dei maghi.
Così l'ingrato compito di rimorchiarsi la Magonò era toccato a loro.
Cloe si era aggregata solo per poter dare una mano col suo potere, nel caso fossero arrivati rinforzi magici per questa Nicole, anche se Duncan e tutti quelli dell'Ordine ne dubitavano molto.
Si diceva che questa Magonò si occupasse solo dei Consiglieri e dei politici potenti al Ministero, perciò sembrava impensabile che uno come Donovan o chi per esso sarebbe potuto apparire così in un locale dichiaratamente frequentato solo da babbani.
- Ma quando si comincia?- borbottò Tom, sbuffando.
Damon guardò l'orologio - Quando arriva Draco. Dev'essere qua in giro con quelli della squadra notturna.-
- Ma Trix viene?- chiese Cloe, iniziando ad innervosirsi per quella stupida attesa.
- Se si traveste potrebbe anche venire.- replicò Howthorne, mettendosi comodo per poi rizzarsi di nuovo a sedere rigidamente - Oh, oh...e questo che cazzo fa? EHI!-
Un secondo dopo la porta posteriore della monovolume si spalancò e lasciando a bocca aperta Cloe, un tizio si fiondò in macchina, spingendo lei in braccio a Tom, ansimando come se avesse avuto alle costole un circuito di tigri affamate.
- Val.- allibì Riddle, tenendosi la King in braccio - Che cazzo ci fai qui?-
- Lo conoscete questo tizio?- sbottò la Sensistrega, abbassandosi la gonna di un vestito in raso di seta dal disegno optical sulle gambe nude - Oh, un altro demone. Fantastico!-
- Hingstom, che cazzo hai combinato?- borbottò Vlad, rimettendosi il cappuccio della giubba in testa.
- Come facevi a sapere che eravamo qui?- richiese Tom, sbigottito - Non ti sarai fatto rincorrerei dai Lucky Smuggler spero. Hai perso altri soldi?-
Val Hingstom lasciò il capo all'indietro, gemendo.
- Merda...- e si portò una mano al petto, sentendo il cuore scoppiare - Ho fatto una cazzata.-
- Che diavolo è successo?- berciò allora Tom, inferocito.
- Senza saperlo mi sono fatto la futura donna di Dark.- sospirò, tastandosi una spalla. La sua camicia era leggermente macchiata di sangue nero - La dannata morde...cazzo se morde!-
- Ti sei fatto la donna di Dark?- Vlad non riusciva a crederci - Cristo, non ti farà più entrare!-
- E c'è mancato poco che mi mordesse sul collo anche.- replicò il deficiente, senza capire la gravità della situazione - Non so neanche se sono legati dal Vincolo...merda e ora quello chi lo sente! Ah, Vlad...all'Azmodeus c'era anche Tisifone.-
- La troia.- commentò Stokeford, sarcastico.
- Oh ma la finite?- borbottò Tom - Dio, vi scopate tutto quello che respira voi due!-
- Senti chi parla.- celiò Val, prima di girarsi e cacciare un urlo apocalittico vedendo Damon, davanti al suo sedile - Che cazzo ci fa qua Mister Aureola? Va de retro Satana!-
Ok. Erano tutti imbecilli.
Cloe si accomodò meglio sulle gambe di Riddle, giusto per sentire strane cose su una strana lucina in testa a Howthorne. E fra bestemmie del Legimors, che diceva di non avere aureole in testa, e il nuovo venuto che imprecava contro di lui perché lui e i "suoi amici" gli fregavano sempre i soldi al tavolo del poker, la faccenda andò avanti fino a quando Stokeford non zittì malamente l'amico demone, forse in russo.
- Eh, che volgarità.- se ne uscì Tom.
- Che mi ha detto?- si lagnò Val, additando Damon - Non vale, Vlad! Lui e i suoi amici sono ladri!-
- E tu ti sei fatto una vampira, la donna di un altro, quindi sta zitto.- rognò Vlad, cercando le sigarette in tasca - E vattene da questa macchina che si sta stretti, per Dio.-
- Le palle, non ci sono mai salito su una di queste. Mi fate guidare?-
- Non ti metterei neanche su un triciclo.- Tom si sporse fra i due sedili davanti, poggiandosi a quello di Howthorne - Si vede Draco?-
- No.- masticò il Legimors, facendo un pallone con della gomma - E spero che si muova, perché inizio a stancarmi.-
- Zitto, ladro!-
- Insomma Val!- sbottò Tom.
- Insomma tu!- si lagnò il demone, sempre additando il Legimors come un bambino - Ti fai degli amici fra il nemico!-
- Ma che nemico?-
- I Pacificatori.- sospirò Vlad, accendendosi una sigaretta - Te l'ho già detto.-
- Ancora con questi Pacificatori?- Damon guardò i babbuini alle sue spalle dallo specchietto retrovisore - Mi spiegate cos'è questa storia?-
- I Pacificatori hanno la luce che hai tu.-
- Io non ho nessuna luce.-
- Si che ce l'hai.- Vlad fece un ghigno sinistro - Fioca, per ora. Perché sei ancora vivo. Sei un mago dai poteri empatici o veggenti, giusto? Un Legimors, no?-
- E allora?-
- I maghi con questi poteri, quando muoiono diventano spiriti. I Legimors, poi, se nella loro vita si sono comportati non proprio come degli psicopatici con manie omicide compulsive, diventano Pacificatori.-
- Angeli della Morte.- chiarì Val, cacciandogli la lingua - Capito? Ladro della malora!-
Tom, Cloe e Damon si guardarono nelle palle degli occhi.
Angeli della Morte? Pacificatori?
Ma che roba era?
- Cos'è che diventerò da morto?- riecheggiò Howthorne, tenendo saldamente le mani sul volante.
Hingstom non fece in tempo a dargli di nuovo del ladro e del baro che la porta anteriore si aprì di nuovo.
Draco Lucius Malfoy entrò in macchina e si sedette senza neanche controllare chi ci fosse a bordo.
Con la sigaretta fra le labbra, soffiò fuori una nube di fumo e indicò a Damon il palazzo accanto al locale.
Dalla terrazza, lui e Riddle videro un movimento di ombre.
- Siete coperti.- fece Draco, ciccando fuori dal finestrino - E' la squadra di Gray.-
- Era ora.- sbottò Cloe, esasperata da tutto quel casino - Dove diavolo sei stato, si può sapere?-
- Si può sapere invece cos'è questo casino?- replicò Malfoy, girandosi e vedendo quell'agglomerato di teste folli - Che ci fa qua tutta questa gente?-
- Draco, i miei amici.- tubò Tom, angelico - Ti lo ricordi Vlad vero? Era con noi l'altra sera, quando è successo quel casino con Harry. Lui invece è Val Hingstom. Ragazzi, lui è mio cugino.-
- Si, tu sei quello maledetto dal Giocattolaio.- Val sembrò eccitarsi tutto - Ciao!-
- Portateli via, ti prego.- sibilò Cloe, trucidando Malfoy con lo sguardo.
- E che ci faccio, li vendo?- fu la sarcastica proposta del biondo Auror - Basta cazzate, si entra fra dieci minuti. Weasley sta facendo circondare le uscite. Se capita qualcosa, Coleman sarà insieme Gray con del Lazzaro.-
- Tanto non fa una mazza.-
Tom fece la cosa più furba che avesse potuto fare in un momento simile.
Tirò fuori la fialetta, quella che aveva dalla notte prima, passata in Camargue con Cloe, e la passò al cugino.
- Ecco. Stavolta sul serio non mi ha fatto nulla.- Riddle si strinse nelle spalle - Forse bisogna aumentare la dose.-
Draco però non era della stessa idea.
Guardò la fialetta alla luce di un lampione. C'erano rimaste poche gocce e le vide simili all'acqua. Trasparenti.
Il Lazzaro era azzurrognolo.
- Questo è tutto tranne che Lazzaro, mostriciattolo.- disse, stappando la fialetta e annusando - E' anche dolciastro, te ne sei accorto?-
- Si ma pensavo che fosse stato per il viaggio.-
- Certo, "Agita e Addolcisci!"- frecciò Malfoy, acido - Ma ti sei bevuto il cervello? Non so cosa sia ma hai scambiato la tua droga con quella di qualche tuo amico drogato. Che cazzo vi siete sparati in Francia?-
- Forse ci siamo.- sussurrò Damon di colpo, tenendo d'occhio gli Auror di Austin Gray, che dalla terrazza vicina fecero alcuni segni - Si va ragazzi.-
- Volete portarvi dietro questi due?- rognò la King - Ma siete matti?-
- Ha ragione lei.- Tom si passò una mano sul viso, come gesto per i demoni - Ragazzi, cambiatevi il colore degli occhi e stare con Claire al bancone fino a quando io e Damon non abbiamo finito il lavoro.-
- Tranquillo cocco.- Val, tutto gasato, era già sceso - Non la farò parlare con nessun pervertito si presenti per portartela via! Fidati di me.-
- Io torno subito.- fu l'ultima cosa che sibilò Draco, sprizzando irritazione dagli occhi grigi - Vedete di non mandare a puttane tutto quanto prima che io ritorni. Qualche ritocco e sono da voi.-
Una pacca sulla spalla a Howthorne, poi si dileguò, veloce come il vento.
- Entriamo separati.- scandì Tom - Vlad, fai un portale per voi tre. Io e Damon abbiamo gl'inviti, passiamo davanti alla fila. Ci vediamo dentro. Se qualcuno di voi la vede, fate un fischio.-
- Ok.- Stokeford, ora con penetranti occhi celesti che quasi lo rendevano meno inavvicinabile, gli strizzò la palpebra - Occhio a quelle che fai.-
- Tranquillo, se sgarriamo ci uccideranno gli Auror.-
- Non me lo ricordare.- borbottò Damon, alzando un'ultima volta gli occhi al cielo.
Cazzo, avrebbe dovuto starsene a casa. Con Neely.
Avrebbe voluto sognare ancora. Rivedere quel ragazzo.
Invece...invece niente. Doveva entrare e fare il suo lavoro.
Salvare la vita a qualcuno che stavolta gli camminava a fianco. Tom.
- Cosa c'è che non va?-
La domanda di Riddle lo raggiunse quando passarono, come due divi, davanti a una fila di venti metri. Sentirono fischi dalle ragazze e i "...e che cazzo..." dagli uomini che guadavano i loro pass come assatanati.
- Come cosa non va?-
Le porte di vetro si aprirono e il 43 South Molton Street si mostrò in tutto il suo splendore: pareti alla metropolitana, interamente di mattoni non stuccati, lampade che puntavano verso l'alta, di luce bianca e fioca, tavolini e poltrone dalle forme e dagli stili più disparati, da un assurdo kitch ai modelli più tecno, fino a quelli in stile prettamente indiano.
Il bancone, immenso e che si estendeva per due pareti, ospitava clienti abituali e altri già brilli.
Damon si levò la giacca, fermandosi di fronte a uno dei dieci tavoli da biliardo liberi del locale, lanciandola a una cameriera che gli sorrise e gli strizzò l'occhio.
- Ciao ragazzi.- si fermò al tavolo, mentre prendevano le stecche - Che vi porto? Per te il solito?-
Damon annuì, mentre Tom chiese del whisky liscio. Viva i geni alcolisti dei Black.
- Non hai risposto alla mia domanda.- disse Riddle, spaccando il triangolo.
- Si può sapere che razza di seghe ti fai?-
- Seghe eh?- Riddle si rimise ritto, trattenendo una smorfia a causa della ferita alla schiena e tirò fuori dalla tasca dei jeans un oggettino lucente, verde petrolio - Dunque...Enya.-
- Oh, no.- Howthorne ringraziò la cameriera, quando gli portò un White Russian - Chi ti ha dato il mio lettore?-
- Enya vicino ai Kool And The Gang.- continuò Riddle, ridacchiando.
- Sto bene. Enya mi serve quando ho mal di testa, dopo le visioni.-
- ...Tupac.-
- Una sera sono uscito con Asher, ci siamo fatti qualche birra di troppo e tornato a casa mi sono scaricato qualche canzone, non andare in paranoia.-
- E la canzone di Foot Lose.-
- D'accordo, d'accordo.- Damon levò le mani, mandando giù un goccio del suo drink - Ho qualcosa in ballo...diciamo così. Ma non è il momento buono per parlarne.-
L'altro mandò la 2 in buca d'angolo, mettendo un broncio adorabile, come se avesse detto tutto a Oliver Trust ma non avesse voluto confidarsi con lui. Intanto però, entrambi si guardavano in giro.
Quel pomeriggio, all'Ordine, Kingsley aveva fatto vedere a tutti gli Auror e i reclutati per una notte, una foto di quella Nicole. In bianco e nero però, molti contorni erano venuti sfumati, tanto che ora, attorniati da tante bellezze comuni o rare, i due non avrebbero saputo riconoscerla.
Al bancone invece, Cloe spiava Tom e non solo. Lì attorno c'erano già troppe cretine con l'occhio lungo.
Il nervoso era palpabile attorno a lei come il suo delicato profumo di fresie. Inoltre il suo umore peggiorò quando sentì una risatina sarcastica alla sua sinistra. Vlad era seduto proprio accanto a lei.
- Che hai da sogghignare?- gli sibilò, mentre lui trangugiava dell'abbondante Jack Daniels con ghiaccio.
- Tu, micina.- rispose, soave, senza neanche degnarla di uno sguardo - Ritira le unghie. Quello è monogamo come un lupo.-
- S'è visto infatti.- ringhiò la King, inferocita - E non fare tanto il superiore, potrai sapere qualcosa di lui, ma io lo conosco anche meglio.-
- Conosci il suo passato.- replicò puntiglioso - Magari è cambiato. L'hai fatto notare tu, no?-
Quello voleva la guerra. Cloe accavallò le gambe, si sporse dalla sedia e gli piazzò il naso quasi in faccia.
- Ok, stallone...- minacciò, mentre Vlad quasi rise, scuotendo il capo -...tu potrai anche essere il re della galassia ma non dimenticarti che lui con me ha perso la verginità.-
- Si, per metà magari.-
Un gemito oltraggiato arrivò dalla King, giusto in tempo per essere coperto dall'ennesimo sbavamento di Val. Per chi? Una ragazza dalla pelle chiarissima, che ancheggiando in un paio di pantaloni aderenti come una seconda pelle, lisci quasi come seta, e con un ondeggiante top di tulle rosa intenso, si piazzò accanto a loro.
I capelli, corti a caschetto, biondi e lisci, profumavano di fiori freddi.
- Oddio.- Cloe, stralunata, la guardò da capo a piedi - Trix...ma chi è stato?-
La Diurna si toccò i capelli con malizia - Tonks. Ma non ha usato le forbici, grazie a Merlino. Qua come va?-
- Una favola.- rognò la Sensistrega, con Val che non la smetteva di gongolare di fronte al fondoschiena della Vaughn - L'hai vista questa Nicole?-
- Non ancora. Ma fra un attimo dovrebbero arrivare Hermione e Draco.- Trix si volse - E quei due?-
- Per ora giocano.-
- Bhè, speriamo che questa Nicole sia una facile.- sospirò la Diurna, prendendo per rappresentanza una bottiglietta di birra babbana - Ora torno alla mia postazione. Sono sul retro col buttafuori.-
- Cerca di non bertelo.-
- Farò il possibile. E smettetela di litigare.- frecciò, prima di andarsene.
Un accidente. Cloe e Vlad si scoccarono un'ultima occhiataccia. Almeno, la bella strega bionda era inferocita.
Il demone...sembrava poco interessato alla questione territoriale. Come sempre, del resto. Ma in fondo, Vlad conosceva più cose di Riddle di quanto Cloe in effetti volesse ammettere anche con se stessa.
Era dura da accettare. Ma era così.
- Non fare quella faccia, micina.-
Risollevò gli occhi nocciola, sentendolo parlare. Aveva una voce dura, roca...ma sommessa.
In un certo senso, poteva apparire ipnotica.
- Te l'ho detto. E' monogamo come un lupo.-
- Allora perché è venuto a letto con te?-
Vlad si portò alle labbra il bicchiere mezzo vuoto, fissando oltre il bancone.
- Perché, otto anni fa, una ragazzina venne a salutarlo, prima che entrasse in prigione. Lei si portò la mano al cuore...facendogli sapere che sarebbe sempre stata innamorata di lui. Forse, per proteggerlo, quella ragazzina non avrebbe più dovuto farsi vedere.-
Cloe deglutì, sgomenta. Avvertì le lacrime pungerle le ciglia.
- Io ero alla finestra, quel giorno.- sussurrò, finendo il bicchiere - Vi ho visti.-
Si. L'aveva protetta.
In tanti anni, aveva pensato solo a difenderla.
E più stava lì seduta a quello stupido bancone a guardare quel giovane uomo così diverso dal ragazzo che era stato per lei, più le tornavano alla mente gli anni persi, andati, passati a odiarlo.
E lui invece sapeva ancora sorridere...o almeno così sembrava.
Un sorriso triste però. Amaro, lontano, distaccato.
Tom vinse facilmente la partita nel frattempo, Damon sembrava perso nel suo mondo onirico.
Da circa mezz'ora si guardavano in giro come due felini a caccia di compagnia ma di quella Nicole nessuna traccia.
- Un altro drink ragazzi?- chiese la cameriera, raccogliendo i bicchieri vuoti.
- Si.- annuì Riddle, rimettendo le sfere nel triangolo - Damon stai diventando un avversario palloso.-
- Eh?- Howthorne cadde dalle nuvole - Scusa, dicevi?-
- Ma io parlo al vento?-
- Scusa, ci sono due battone trapassate che a quel tavolo fanno commenti osceni.-
Tom levò un sopracciglio, schifato - Quand'è che mi presenti tuo fratello?-
- Perché?-
- Così saremo in due a dirti di chiudere fuori dalla porta i cadaveri.-
- Divertente. Quelli passano la giornata a spaccarti la testa se non te li fili, come credi che possa...- e la sua voce si smorzò, lentamente, quando un tizio dai capelli neri e gli occhi grigi si piazzò accanto a loro. Capelli più lunghi e barba non curata e sarebbe stato Sirius Black. Ma quello non era un Black completo.
- Draco?- alitò Tom, portandosi una mano alla bocca per non ridergli in faccia - Oh cazzo...ma chi...-
- Non una parola.- sibilò Malfoy in Serpentese, zittendo entrambi - Tutta colpa di Potter, è stato lui a spedirmi qui!-
- Perché? Lui non voleva farsi rosso?- ironizzò Howthorne, piegato sulla schiena di Riddle per il tanto ridere.
Rise anche Draco ma il suo ghigno sparì all'istante.
- Silenzio, coglioni.- e col mento indicò qualcuno alle loro spalle - Ore undici, tavolo in fondo alla sala.-
E tutti e tre, affiancati, fissarono il tavolo incriminato.
- Ma che cazzo...- borbottò il Legimors, mezzo sconvolto - Neanche la si vede lì in mezzo!-
- Come facciamo a trascinarla via da lì?-
C'era da dire che, in effetti, la madama, quella Nicole, era totalmente e interamente nascosta da almeno una ventina di maschi arrapati, tutti in piedi, attaccati a lei che stava seduta al piano rialzato in fondo alla sala. Una specie di mini banco di fronte alla parete.
Da lì si vedevano solo un paio di gambe abbronzate, sandali neri sadomaso e un tubino nero, con uno spacco mozzafiato.
Alzandosi sulle punte, finalmente i tre riuscirono a vedere il resto del corpo infilato nel tubino...che rivelò uno scollo da intervento a cuore aperto e un seno quarta misura, abbronzato come il resto del corpo. Seguivano spalle delicate, una tatuata con una minuscola rosellina blu, appena visibile.
Portava solo bracciali, d'argento, a catenella.
I capelli erano castani, dai riflessi ramati, con un taglio lungo e sfilato.
Il viso...truccato alla perfezione. Forse quella Nicole aveva parenti indiani, perché i suoi occhi erano leggermente allungati, di un intenso color bruno.
- Carina.- commentò Damon.
Draco invece non fece commenti - Come procediamo?-
Tom parve pensarci su un secondo. Bhè, un modo c'era.
- Draco. Dammi la tua giacca.-
Malfoy lo guardò storto - Cosa? Costa più del tuo mantenimento!-
- Non ci farò festa sopra.- l'assicurò il cugino, melenso - E mi servono delle sterline. Avanti.-
- Ma che te ne fai?- gli chiese Damon, quando Riddle fu pronto dopo che si fu anche sistemato il collare sotto la camicia, per nasconderlo perfettamente agli occhi altrui.
- Sta a vedere.- ghignò quella perfidia di ragazzo, avviandosi con passo calibrato.
Su la maschera. Si cominciava.
Lasciando indietro due scettici, che scommisero sul due di picche che si sarebbe preso, Tom si fece largo fra quel gruppo di ragazzi che ridevano come degli idioti alle battute di Nicole.
La sua voce era dolce, ben modulata.
Piazzandosi di fronte a lei, quasi con noncuranza, le mise una trentina di sterline in mano.
- Candy, mi porti un White Russian e due Jack Daniels a quel tavolo laggiù? Grazie mille.-
Silenzio. I maschioni tacquero, mentre Nicole allargò la bocca in una specie di sorriso.
- Ehi, scusa...-
Tom se l'era già filata.
Come prevedeva, lei lo seguì con aria sempre più irritata e quando l'afferrò per il braccio, gli ficcò i soldi in mano.
- Io non lavoro qui, capito?-
Riddle, stringendo i soldi però, trattenne anche la sua mano. Se la portò vicino con uno scatto e il suo sorriso, diavolo, era davvero come il peccato.
- Lo sapevo che non lavori qui.-
- Ah si?-
Quella Nicole perse il cipiglio seccato, perché trovandosi spalmata su un bel ragazzo come quello...si, decisamente la situazione stava migliorando.
- Si. Ma non sapevo come fare per staccarti da tutti quei signori. Spero tu non sia fidanzata a questo punto...perchè dovrei fare a botte col tuo ragazzo per offrirti da bere.-
Presa.
Damon, schioccando la lingua in segno di disappunto, buttò una manciata di galeoni nel palmo di Malfoy.
Quei due si avviarono a un tavolo, nel separé, e una volta seduti Tom ebbe la netta sensazione che quell'abbordaggio avrebbe dato i suoi frutti, anche se forse non gli sarebbe bastato sbattere gli occhioni blu per ottenere ciò che gli stava a cuore.


Stessa notte, ad Harkansky Palace.
Caesar Noah Cameron non riusciva a crederci. Non ce la faceva proprio...
Aveva appena gettato un innocente, un difensore di innocenti...in pasto alle fauci di un demone.
Poggiato alla finestra del palazzo degli Harkansky, si massaggiava una tempia.
Non ricordava nemmeno più quando aveva sentito la paura e la disperazione di Tristan Mckay lasciare quella casa.
Fra quelle mura, nella sua testa, non risuonavano più le sue grida di rabbia.
D'impotenza e dolore.
Come aveva potuto lasciarlo fare? Come? E adesso con che faccia si sarebbe presentato a Lucilla?
Era solo. In quella stanza.
Demetrius se n'era andato...dai nonni di Lucilla. Aveva cercato i coniugi Harkansky per coinvolgerli nella vita della loro nipote, ma sia lui che Denise dubitavano fortemente che Julian Harkansky si sarebbe occupato della nipote che aveva abbandonato. Della bambina che sua figlia, la sua unica e adorata figlia Degona aveva dato alla luce unendosi con un umano.
Caesar si volse appena, sentendo la porta aprirsi e richiudersi.
Sua moglie entrò con l'incedere di una fata, leggera e aggraziata, con l'abito di seta che le frusciava attorno alle gambe.
Denise aveva fatto da Madrina a Tristan.
Da Virgilio, se così si poteva definire colei che accompagna la vittima nelle sue Cinque Prove.
Lei si era offerta. Lei aveva assistito a quello scempio.
Allo scempio di un'anima pura...strappata via da un cuore pieno di bontà.
- E' morto.- sussurrò Denise, andando a sedersi.
Gelo. Caesar riportò lo sguardo oltre i vetri, sul cielo pronto a un nuovo sole.
Lucilla.
Cos'avrebbe detto Lucilla, sapendo che suo marito era morto in quel modo...senza gloria, senza infamia?
La presenza di Denise al suo fianco si fece intossicante, quando gli carezzò appena la spalla, senza sfiorarlo eccessivamente.
- Sarà qui fra poco.- mormorò, incrociando le braccia al seno - Credo che dovremmo accompagnarlo a casa. Non so che in che stato possa trovarsi, dopo quello che ha passato. A dire il vero non ho mai neanche sentito di mortali che avessero superato le Cinque Prove.- abbassò il capo, ridacchiando quasi istericamente - Dio...avrei voglia di accoltellare Horus alle spalle. Strisciare come codardi è così facile per voi uomini...-
- Immagino di essere compreso nel pacchetto.- Cameron non distolse gli occhi dal cielo - In fondo che io imprigionai Lucilla, anni fa, credendo di sapere cos'era meglio per lei. Forse hai ragione. Siete succubi dei capricci di bambini viziati.-
Non la sentì risponde, ma vide con la coda dell'occhio che le sue labbra meravigliose si piegavano.
Stava sorridendo. Ma fu solo un istante.
Gli prese la mano, lentamente, chiudendo le dita sul dorso della sua mano una a una.
Le loro fedi combaciarono con un tintinnio.
E poi Caesar vide tutto.

Prova di Coraggio. Eliminare la sua più Grande Paura.
Degona Harkansky. Tristan aveva combattuto contro quella donna.
Contro il demone che...da giovane, avrebbe potuto portargli via da un momento all'altro, la ragazzina di cui era innamorato. La donna che...era la parte oscura del volto di Lucilla.
La donna che l'aveva piegato a terra con sguardo vuoto, con occhi come ghiaccio eterno.
Il demonio che gli aveva sussurrato all'orecchio, mentre sanguinava, quanto lui fosse diverso da Lucilla.
Quanto l'avesse resa infelice.
Lo stesso demonio che Tristan aveva dovuto uccidere.

Prova di Sopportazione. Il Dolore delle Unghie dell'Amore.
Lucilla.
Stavolta era stata Lucilla. O uno spirito che le rassomigliava.
L'aveva torturato fino a fargli perdere la voce. Piantato lame acuminate nella sua pelle, col sorriso sulle labbra.
Oh si. Era stato l'amore a ucciderlo in quella Prova.
L'amore della sua vita.

Prova di Perseveranza. La Follia del Disperato.
Si. Un folle, un disperato...farebbe qualsiasi cosa per proteggere l'unica cosa a cui tenga.
Qualunque cosa. Anche la più empia. Anche la più bassa. La più immorale.
Tristan aveva le mani sporche. In quella prova si macchiò di sangue...del sangue del suo sangue.
Fu costretto a farlo. A uccidere...suo fratello. Per Lucilla.
Solo per lei.

Prova di Fede. Il Salto nel Buio.
Un abisso. Nero e buio.
E lui aveva dovuto buttarcisi. Avendo solo fede che Lucilla ci sarebbe stata, per salvarlo.

Prova d'Onore. Ciò che i Mortali non Conoscono.
La tentazione. Tutte quelle possibili dai peccati, tutte le più velenose che crescono nel cuore dei mortali e che li piegano, mostrando loro ogni nefandezza di cui sarebbero capaci.
Ma a nessuna aveva ceduto. Nemmeno a quelle che si erano mostrate nelle spoglie di sua moglie.
E così, con le mani sporche di sangue, tutto era finito.
Per lasciarlo vuoto.
Per lasciarlo...morto e senz'anima.

Caesar si staccò dalla moglie, portandosi le mani al volto.
Cristo. Ma come aveva fatto? Come aveva fatto a uccidere suo fratello, sebbene avesse saputo che era solo un'allucinazione? Come aveva fatto a farsi schiacciare da Degona Harkansky, come aveva fatto a farsi torturare da Lucilla, a buttarsi nel buio, a sostenere la tentazione? Come, come?
- E' molto forte.- gli disse Denise, con un soffio - Ma ora la sua forza se l'è presa quel pugnale.-
- Godrei come un dannato se si svegliasse e distruggesse questa fottuta baracca.-
- Non essere astioso. Ci sono modi e modi per vendicarsi.-
- Dici?- Caesar si accese una sigaretta, dando un tiro nervoso - Rendere una poltiglia quel verme darebbe più soddisfazione che vederlo agonizzare nel tempo.-
- Ah, tesoro.- Denise si volse verso di lui, carezzandogli ancora la spalla - Non ne hai una più pallida idea.- e si alzò per baciargli una guancia. Caesar chiuse le palpebre, godendo di quel misero istante. Sarebbe bastato ruotare il collo per avere le sue labbra, ma non improvviso tremore impedì di portare a termine quel desiderio.
Il pavimento del palazzo stava tremando.
Sembrava che le fondamenta intere fossero state scosse e prese a martellate.
Non passò neanche un secondo che Horus, con espressione cupa, varcò la soglia della stanza in cui i Cameron erano rimasti per tutta quell'orrenda giornata.
Il padrone di casa si fermò sulla soglia e prima che la porta toccasse lo stipite, dallo spiraglio fra i due passò una risata gelida. Divertita. Cruda. Perversa.
Come quella di un bambino cattivo.
Horus sbuffò, avvertendo un altro tremore.
- Dannazione.- borbottò, versandosi del vino - Ragazzino che non è altro.- e guardò poi storto Caesar - Non guardarmi così. Non darmi dell'assassino. Non provarci neanche a scagliare la prima pietra.-
- Perché non dovrei? Hai trasformato un Auror, qualcuno che ha dedicato la sua vita alla protezione degli altri, in un abominio che le vite le spezza.-
- Oh, andiamo. Almeno ora Lucilla non si ucciderà.-
- No, infatti.- Denise sorrise in maniera strana, assolutamente dolce, a differenza di ciò che disse - Ma ucciderà te, per quello che hai fatto dell'uomo che ama. Ammesso che quell'uomo si ancora da qualche parte in quell'essere dietro a quella porta.-
- Lucilla prima o poi me ne sarà grata.-
- Tu proprio non ci arrivi, vero?- sussurrò la demone - Non capisci quello che le hai fatto.-
- Le ho salvato la vita e...- un'altra esplosione e stavolta la porta si spalancò di scatto. Un'altra risata gelida.
- Scusa per i vasi Al.-
Quella voce.
Così diversa.
Quel mago.
Così diverso.
Un demone entrò nella stanza. I capelli più biondi, più lucenti.
Ridacchiando dietro al maggiordomo degli Harkansky, a cui aveva appena sfasciato metà dell'argenteria, Tristan Nathan Mckay si portò di fronte al tavolino in mezzo alla saletta. Si rimise la camicia nera, sul torace ora torreggiava una fiera ferita. Sul cuore.
Dove ora non risiedeva più nulla.
- Stai bene?- gli chiese Denise.
Due occhi verdi come un vero smeraldo si alzarono fino a lei.
Ma la pupilla...ferina, verticale, come quella di un gatto. Come un uncino.
- Benissimo cocca.- fu l'algida risposta, mentre si accendeva una sigaretta - Sapete ora qual è il bello del fumare? Che non morirò di cancro.- e ridacchiò, chiudendosi gli alamari dorati su una pelle pallida come l'alabastro.
Sentendo silenzio, Tristan sollevò le sopracciglia.
- Che c'è ragazzi?- e di nuovo sogghignò - E' morto qualcuno per caso?-
- Non fa ridere.- sibilò Caesar.
- Tu e il tuo senso dell'umorismo.- sospirò l'altro, teatralmente - Un consiglio amico. Va a casa, sparati qualcosa di forte e occupati di tua moglie. Tu che ci riesci.- quindi sollevò le mani, in cui riapparvero spada e bacchetta, anche se ora non gli serviva poi a molto.
Tutti gesti calibrati.
Gesti...normali. Se non fosse stato per quelle dita fredde, che ora non avrebbero più potuto sentire il calore di un abbraccio. La sensazione dell'alito caldo di un bacio.
Se non fosse stato per quel cuore...per quell'anima perduta.
Strappata via.
Senza pietà.
Morto.
Tristan Mckay ormai era morto.
E non ne restava neanche l'ombra.
- Bene, signori è stato un vero piacere passare la giornata con voi.- commentò, ciccando a terra senza curarsi dello sguardo irritato di Horus - Ho una moglie da andare a svegliare e qualche giochetto nuovo da imparare direi.-
- Ti portiamo noi a casa.- si offrì Denise - Lucilla si sveglierà solo al primo raggio di sole.-
- Oh, non disturbarti bellezza.- Tristan levò una mano, evidentemente divertito quando vide sotto la cute liscia come velluto, agitarsi qualcosa...una forza. Una presenza maligna.
Un demone che si agitava in lui.
Una potenza enorme.
- Si.- sussurrò, con gli occhi ferini che scintillavano - Credo proprio di dover fare pratica.-
- E' necessario che tu conosca la legge, allora.- s'intromise Horus - Non ci è permesso uccidere umani, maghi o qualsiasi altra creatura. A meno che non si subisca un attacco.-
- E' necessario allora che tu conosca anche la mia legge, Horus.- sorrise Tristan, riprendendosi il mantello - Ed è anche necessario che non ti passi mai di testa il discorsetto che ti ho fatto prima che m'infilzassi come un pesce.- gli andò vicino, abbracciandolo come un parente, come un fratello.
- Ricorda.- mormorò, tetramente - Ricordo la mia promessa.-
Poi, staccandosi, fece un'altra risata...e svanì.
In una nube di fumo scuro.
Dopo che, infilata una mano nella tunica di Horus, si era ripreso il suo anello.
La sua fede. Il simbolo di un uomo perduto.


- Troia.-
Vlad roteò le pupille, sentendo l'ennesimo insulto della King verso quella povera Nicole che, bisogna dirlo, in quella serata se n'era prese dietro così tante che ne avrebbe avute abbastanza per tutta la vita.
Il demone spiò alle proprie spalle e vide che la babbana stava giocando col colletto della camicia di Riddle, che si era sporto verso di lei, poggiandosi con un gomito al tavolino a cui si erano appartati.
E da come quella accavallava continuamente le lunghe gambe abbronzate, Tom doveva aver fatto colpo.
- Calma.- borbottò, ma lei risucchiò l'aria fra i denti, incollerita.
Ah, la gelosia.
È quel bel mostriciattolo verde che ci fa commettere le cose più stupide.
Passi falsi madornali.
Che ci fa scoprire in maniera quasi innocente.
E che ci fa, la maggior parte delle volte, sentire vivi in tutto l'amore che abbiamo nel petto.
- Qual è la colpa di questa tizia?- chiese Val, staccandosi per un attimo dal televisore ultra piatto su cui davano un vecchio video dei Rolling Stones.
- Di essere una troia.- sibilò Cloe, al suo quarto martini molto secco e molto freddo.
- Allora dovrebbero uccidere tutti gli uomini della terra.- insinuò Vlad, scoccandole uno sguardo serafico - E' quella che copre quel Segretario? Quello che ha quasi fatto ammazzare Tom con la Dama dell'Acqua?-
- Si.- annuì lei, frugando nella borsa quando le squillò il cellulare - Gente così va solo messa al muro.- pigiò il tasto per bloccare la chiamata, rigettandolo malamente nella pochette - Pare che Donovan e gli altri del Ministero si facciano i loro intrallazzi facendosi coprire da questa qui, che è una Magonò, e per questo non può essere giudicata da un tribunale magico. E' la copertura perfetta per loro. Diavolo!- il telefono squillò di nuovo.
Inferocita vide che era Oliver. Di nuovo. Per la sesta volta in mezzora.
Rispose sbottando, evidentemente stizzita da quell'interruzione, mentre i demoni tornavano a farsi i fatti loro.
In quel mentre, Draco e Damon, al biliardo, finivano di malavoglia una partita blanda e moscia...e Malfoy aveva ormai capito che il Legimors era ovunque, tranne che lì con lui.
Stavano discutendo di cronaca, quel pomeriggio nel centro babbano del Covent Garden una ragazzina era stata uccisa da un ladruncolo, che aveva usato male la pistola.
Ma Damon non sentiva.
E più Draco gli chiedeva come stava Dorothy, se all'ospedale tutto andava bene, se Aidan aveva ancora problemi con la sua insegnante, notizie dai suoi...più lui rispondeva a monosillabi. All'ennesimo si, mugugnato fra le gengive, Malfoy si appoggiò alla stecca, sogghignando.
- Ieri notte mi sono ripassato la squadra olimpionica maschile di atletica.-
- Ah si?-
- Si...e c'era anche Hermione. Poi siamo andati tutti insieme a prendere il gelato con quelli della corsa a ostacoli.-
Sentendo il nome della Grifoncina, finalmente quel disgraziato si risvegliò, sbattendo le ciglia, registrando tutto quello che aveva sentito.
- Oh...ho sentito che quelli di atletica fanno un po' pena fuori dagli spogliatoi.-
Draco ghignò di nuovo, passandosi indietro quei capelli neri che gli facevano venire l'ulcera.
- Qualche problema Damon?-
Howthorne si strinse nelle spalle, inspirando forte.
- Qualcuno.-
- Puoi parlarne? O sei vincolato al segreto professionale?-
- Non centrano i Non-Vivi, per una volta.- ammise, con un mezzo sorriso.
- E la tua amica Nora?-
- Va e viene. Vuole stare coi suoi genitori, i suoi parenti e i suoi amici, ma così non capisce che ormai indietro non si torna.-
- Se non sono i morti che rompono, qual è il problema?- lo incalzò Draco, attaccandosi all'ultimo dito di liquore nel bicchiere. E non fu saggio farlo, perché quasi si strozzò con quello che gli disse Damon.
- Neely è incinta di due mesi.-
Dirlo fu quasi come farlo diventare reale.
Neely aspettava un bambino.
Sarebbero diventati genitori.
Draco si pulì la bocca, alzando gli occhi grigi di metallo su di lui.
Lui sapeva...in fondo l'alta società si nutriva di tragedie e pettegolezzi. E gli aborti della famiglia Montgomery erano risaputi da tutti. Se Neely rischiava lo stesso...
- Sei preoccupato per la gravidanza?-
- Ho avuta una premonizione. L'ho visto. Starà bene.-
- Hai visto tuo figlio?-
- Si. Almeno, credo sia lui. Assomigliava molto a Neely.-
- Siete stati al San Mungo?-
- C'è andata lei.- mormorò il Legimors - Non voleva darmi la notizia prima dei tre mesi. Il rischio è più alto, ma è comunque una cosa che non si può nascondere a lungo.-
- Credi che del Lazzaro potrebbe risolvere la situazione?-
- Ma lei resterebbe giovane per sempre, con dei bagni periodi, vero?-
Draco tacque un secondo, per poi spegnere la sigaretta, a capo chino.
- Per avere tuo figlio, credo che l'eterna giovinezza sia un piccolo prezzo da pagare, non pensi?-
Sargas.
Stupido, si disse Damon.
Stupido, stupido.
- Mi dispiace.-
Draco sorrise per un breve istante, amaro e pentito.
- Ma di cosa? Sono felice per te.-
Un sorriso tirato apparve anche sul bel volto del Legimors.
- Grazie.-
- Maschio hai detto?-
- Si.-
- Aidan andrà fuori di testa.-
- Questo senz'altro.- Damon intuì che stava deviando il discorso, così iniziò ad avvicinarsi facendo il giro del tavolo - Ma mi andrebbe bene qualsiasi cosa, basta che stia bene.-
- Indubbiamente. Un piccolo mostriciattolo per casa...prega che non venga fuori come Lucas.-
- Che ti ha fatto stavolta?- rise Howthorne.
- Ah, lascia perdere. Sono giorni che va in giro bardato come per giocare una partita di hockey su ghiaccio. E segue mia figlia ovunque...- Draco fece una strana espressione, quasi interrogativa - Sai come sono i geni...magari è un maniaco e lo stimolo, con lo Sfregiato, ha saltato una generazione.-
- Perché va in giro con le protezioni?-
- Ma che ne so...- sospirò Malfoy, accendendosi un'altra sigaretta, quasi senza sentirne l'acre sapore in bocca - Starà diventando psicotico come suo padre.-
- O forse...- Damon si morse il labbro inferiore, pensoso - Draco...come sta Glory?-
- In che senso?-
- Non so...ti sembra diversa dal solito?-
Domanda ovvia. E lui se l'aspettava.
L'Auror guardò l'orologio due o tre volte, cincischiando, prima di rispondere.
Sua figlia aveva paura.
Glory non stava bene.
Cadeva, inciampava.
Era piena di lividi.
E la notte, passando di fronte alla sua porta, la sentiva rigirarsi fra le lenzuola.
La mattina scorsa lui ed Hermione l'avevano perfino trovata a dormire nel loro letto.
E Glory, neanche da piccolissima, aveva mai voluto dormire con loro.
- La bambina è spaventata.- ammise, dando un tiro leggero - Glielo leggo in faccia...e Lucas la segue sempre. Ci dev'essere un motivo. L'altro giorno... è inciampata sul corridoio rialzato del salone. Un vaso della colonnina l'ha quasi presa in testa. E non è stato un caso.-
Gli occhi di Damon si sgranarono leggermente. Ma in fondo l'aveva sempre pensato.
E aveva sperato tanto che quel giorno fosse arrivato più tardi possibile.
Eppure ora era arrivato.
- E' Sargas.- disse in un soffio - Lo sai.-
- L'ho pensato.-
- Vuoi che ci parli?-
- Se Hermione viene a saperlo, stavolta divorziamo.-
Non l'aveva mai visto così. Mai.
Ma se c'era qualcosa che Draco Lucius Malfoy venerava oltre ogni cosa, oltre a sua moglie, ebbe questa era sua figlia.
E se Glory era spaventata, e se sua figlia aveva gli occhi che lui aveva avuto per i primi suoi diciotto anni di vita, allora qualcosa doveva pur fare.
Hermione doveva permetterglielo.
Doveva capire.
Doveva credere in Sargas.
O l'avrebbero perso una seconda volta.
Tutti e due.
- Una volta liberi da questa storia, dovrai venire a casa nostra.-
Damon annuì appena - Va bene.-
- Voglio parlare con lui.-
- Come vuoi. Come farai con Glory nel frattempo?-
Draco rise, quasi senza crederci - Lucas fino ad ora non se la sta cavando male.-
- Bhè, se non altro è al sicuro, non credi?-
- Si, nelle mani di un Potter. Non c'è luogo più sicuro al mondo, no?-
Passarono altri due quarti d'ora. Al tavolo, Tom sembrava cavarsela bene.
I ragazzi avevano notato che Nicole l'aveva già toccato ovunque, sopra la cintura, e lui ancora non aveva cercato di strozzarla, urlando ai quattro venti per lo sdegno.
Decisamente il caro signor Riddle aveva finalmente imparato che i favori sessuali portano sempre a qualcosa. E si stava comportando molto bene, da perfetto gentleman, anche se i suoi occhi dicevano altro, cosa che mandava su di giri la sua compagna.
Sembrava padrona della situazione.
Era senz'altro una di quelle donne navigate, sempre capaci di gestire ogni situazione.
Inoltre parlava con convinzione, argomentando ogni sua opinione e sapeva di essere attraente.
Insomma, una ragazza sicura, che non si spaventava a fare patti col diavolo.
Dal retro però, tornò improvvisamente Beatrix. Cercò con lo sguardo, fino a trovare Malfoy e Howthorne che si erano ordinati direttamente una bottiglia di vodka.
- Ma bene.- sentenziò, avvicinandosi combattiva - Qua bevete, mentre fuori l'intera squadra notturna è nelle grane.-
- Oddio, che è successo?- sbuffò Draco, annoiato a morte.
- Ci sono dei problemi. Ma non qua attorno.- spiegò - Io vado via, vi lascio a quelli di Gray. Pare che a Richmond Park siano state ferite una trentina di persone. I babbani credono sia stata una bomba...gli Auror di turno invece hanno visto un demone. Un idiota ha giocato al tiro al bersaglio fino ad ora.-
- Chi è questo pazzo?- allibì Damon - L'hanno visto in faccia?-
- No, Asher dice di no.- rispose la Vaughn - Hanno solo scorto un tizio dai capelli biondi, ma dalla potenza che emanava, i Sensimaghi sono rimasti spiazzati. Non era un demone impuro. Era qualcosa di più.-
- Chiama Jeager, non fatevi massacrare.- le consigliò Draco - Chiama Weasley quando avrete raccolto i pezzi umani.-
- Sempre divertente.- Trix scoprì i denti - Un'ora e farò rapporto a Duncan, prima che vada fuori di testa. Ah, un'altra cosa...- sussurrò, abbassandosi all'orecchio di Draco - Harry dice di smetterla di bere, non vuole portarti a casa in spalla.-
- Arcaico.- brontolò Malfoy.
- Bei capelli. Ci vediamo ragazzi. Damon ti chiamo domani.-
- Ok.-
- Ah...Tom li ha i preservativi?-
- Meglio che non ti senta la duchessa.-
- Lo so. Notte.-
Draco e Damon si riavvicinarono, spiando Riddle.
- Dici che riuscirà a rimorchiarsela davvero?- Howthorne era perplesso - Insomma, mi torna dopo otto anni e da puritano mi diventa un porcone...queste cose mi sballano. Poi Cloe da là mi guarda come se fosse colpa mia...-
- Se la rimorchia dov'è che deve portarla?-
- A casa mia, ha le chiavi. Neely è andata a casa sua per stanotte.- Damon roteò gli occhi - E continua a guardarmi storto.- mimò qualcosa con la bocca, in direzione della King, che replicò con un gestaccio isterico.
Era proprio arrabbiata.
Adesso chi la sentiva...
Tom però doveva ammettere che si stava divertendo.
Anche se la famosa Nicole per un soffio, a forza di toccargli la camicia, non aveva scoperto il suo collare facendogli sudare freddo, fino a quel momento se l'era cavata egregiamente.
Carina, molto carina.
E andava al sodo.
Nicole finì il suo martini alla mela, sorridendogli da oltre il calice da cocktail.
- Cosa c'è?- sorrise maliziosa - Perché mi guardi così?-
- Niente. Stavo solo pensando che nessuno è ancora venuto a reclamarti.-
La babbana rise, poggiandosi su un gomito e facendo tintinnare i suoi braccialetti.
- Non permetto a nessuno di caricarmi o scaricarmi.-
- Ho recepito il messaggio.- ghignò Riddle - Hai ancora sete? Ordino altro?-
- Perché?- gli chiese, avvicinandosi - Vuoi farmi ubriacare?-
- Immagino sia difficile.-
Nicole rise ancora, mettendo in mostra una serie di denti bianchi come perle - Noto che anche tu sei un gran bevitore Tom. Dimmi un po'...non ti ho mai visto qui prima. Dove sei stato fino ad ora?-
- Fuori Londra.- le spiegò - E tu? Che cosa fai Nicole?-
- Io? Oh, ricerche di mercato.- tubò, senza dare per nulla l'impressione che scherzasse.
- Devono renderti bene.-
- Abbastanza.- si poggiò sulle ginocchia, sporgendosi ancora verso di lui - Ma vogliamo davvero parlare di lavoro?-
- Di cosa vuoi parlare allora?-
Gli occhi scuri della ragazza scintillarono.
Quasi densi come un lago di lava.
- Vieni più vicino che te lo spiego.-
Ora urlava.
Cloe, da lontano, sentì un urlo artigliarle la gola.
Vide la babbana afferrare delicatamente i lembi della giacca di Riddle.
E poi baciarlo.
Lui che non opponeva resistenza, che quasi restava impassibile.
Eppure, quando si staccarono, lui sorrideva.
Con una serie di flash vaghi, lo vide pagare ciò che avevano bevuto.
Buttare delle sterline sul banco.
Nicole che si alzava, afferrando la borsetta e lo scaldacuore.
Loro che affiancavano.
Che attraversavano insieme il locale.
E il cenno di Tom, quando passò a fianco di Draco.
La rete era stata gettata.


Cedar House era illuminata.
Erano le cinque e mezza del mattino e un timido rossore si stava levando all'orizzonte.
Tanatos Mckay si stava versando del caffè, osservando ostinatamente qualcosa fuori dalla finestra.
Sorseggiò la bevanda calda, ignorando i gemiti che continuavano ad arrivare dalle persone sedute in cucina, alle sue spalle. Elisabeth, dall'inizio del sonno di Lucilla, non aveva quasi mai smesso di piangere.
Si stava consumando gli occhi.
Ma ormai quasi tutti avevano smesso di consolarla.
Rose compresa, che rigirava la bustina del thè nella sua tazza da quasi venti minuti ormai.
E la bevanda era diventata troppo fredda.
Alla fine smise, portandosi le mani alla bocca, gli occhi socchiusi.
- Vuoi altro thè?- le chiese suo marito, voltandosi appena sopra la spalla.
- No.- mormorò Rose, senza sollevare il viso segnato dalla stanchezza.
- Vai a dormire.-
- Non riuscirei a chiudere occhio finché Tristan non torna.-
- Tuo figlio sa quello che fa.-
- Jess non ne è così sicuro.-
- Jess è solo preoccupato.- Tanatos andò a sedersi con lei, sentendo provenire dall'anticucina un gemito soffocato di Liz. Fece una smorfia, sentendo poi un'imprecazione poco fine di Sofia.
- Tua figlia sta perdendo la pazienza.-
Rose riuscì a sorridere, con gli occhi vitrei - Ah, Sofia ha sempre avuto ragione. Sono oppressiva.-
- Io te lo dico da anni, non mi hai mai ascoltato.-
La strega sospirò ancora, carezzandogli la mano - Sono stata dura con Lucilla in tutti questi anni, sai? Non l'ho mai capita. Ma per me è sempre stato difficile parlare con lei. Sofia come bambina...bhè, l'adoro, lo sai...ma quando Jess ha sposato Sarah sono stata felice. E' con Lucilla non sono mai riuscita a combinare nulla di buono.-
- Semplicemente non è come tu la vorresti, cara.-
- A dire il vero non l'ho mai voluta in un modo particolare...certo, mi sarebbe piaciuto fosse un po' più simile a Elisabeth. Mi sarebbe piaciuto fare spese con lei, pettegolezzi, il thè, cose da donne...-
- Bhè, c'è Elisabeth per questo.-
- Si ma non è la stessa cosa.- ammise Rose, sentendo ancora i piagnistei della Jenkins - Merlino, quella ragazza finirà per esaurire le lacrime e cavarsi gli occhi. Privando Lucilla del piacere di farlo di persona.-
Tanatos ridacchiò, finendo il caffè.
- Una battuta sulla tua combattiva nuora, complimenti cara. Stai migliorando.-
- Grazie.-
L'ennesima imprecazione di Sofia convinse Jess, dal salone, ad alzarsi e andare a togliere la governante di Cedar House dalle grinfie della sorella. O quella sarebbe stata capace di strozzarla, ne era sicuro.
Nadine poi se n'era già andata, perché non appena Elisabeth le aveva dato le spalle, aveva cercato di accopparla col bastone.
- Zia, ti prego.- sospirò Degona, rannicchiata sul divano, quando Jess tornò con Sofia - Cerca di capirla.-
- Tesoro...io la capisco. E la comprendo. E comprendo anche che i matti vanno portati al San Mungo.- sentenziò lapidaria la bionda strega, buttandosi accanto al fratello maggiore con un doppio whisky in mano - Guarda qua! Neanche sono le sei del mattino e già stiamo bevendo come spugne. Siamo Mckay, non Black, santo cielo.-
- Vuoi abbassare la voce?- la pregò Jess - Stanotte hai svegliato Alex e Herik coi tuoi starnazzi.-
- Peccato non abbia svegliato Lucilla.-
Degona si accoccolò contro il bracciolo del divano, la sua postazione preferita.
Però se ci fosse stato suo padre...sarebbe stato ancora meglio.
Era grande ormai per quelle cose, ma adorava quando si addormentava esausta sulle ginocchia di Tristan e lui le accarezzava i capelli.
L'immagine di suo padre era così nitida che per un attimo, la figura che le apparve in mente quasi le sembrò normale.
Eppure...con la sua empatia non aveva mai percepito un tale concentrato tossico di rabbia e disperazione.
Mai.
La porta si aprì e si richiuse.
Apparve nel salone, con una sigaretta fra le labbra, l'espressione vagamente concentrata.
Tutti scattarono in piedi, ma Dena no...lei rimase seduta.
- Tristan!- Sofia e Jess si precipitarono da lui e lo abbracciarono forte, mentre l'Auror rimase immobile, a farsi stringere con espressione quasi divertita. La sorella lo baciò, toccandogli il viso, preoccupata.
- Meno male che sei tornato, eravamo in pensiero. Sei freddo come il ghiaccio, vieni, ti diamo qualcosa.-
- Tristan!- urlò anche Elisabeth, correndo in salone - Oh, grazie al cielo! Stai bene vero?-
In un istante, lui si liberò dal suo abbraccio.
Si fece proprio indietro, quasi infastidito.
- Si, si...tutto a posto.- borbottò, gettando malamente spada e bacchetta sul pianoforte - Cosa fate qua?-
- Ti aspettavamo!- alitò Liz, prendendogli di nuovo le mani - Hai un aspetto tremendo, devi riposarti.-
- Forse si.- annuì, mansueto - Anche tu ti devi riposare, sai? Da adesso.- e sorrise - Fuori da casa mia.-
Cadde un muto silenzio.
Il libro che Degona aveva in grembo cadde sul tappeto, con un sordo botto.
Tristan si girò...e lei vide. Lei capì.
Da quel sorriso, da quel ghigno, sul volto di un padre che non riconosceva, Degona sentì praticamente andare tutto a pezzi. E i suoi occhi...i magnifici occhi di suo padre...che non erano più umani.
Non resse. Non ce la fece.
Gemette e si Smaterializzò via, come un coniglio, come una ladra.
Ma non ce la fece.
Così come Jess capì all'istante che in quell'essere non c'era più alcuna traccia di suo fratello.
Non c'era più nemmeno una briciola.
Poi il gelido commiato. Tristan che saliva le scale.
Passo dopo passo, la porta della loro camera sempre più vicina.
E la sua dea, che al primo raggio di luce, lottava per tornare a vivere.
Lui seduto sulla sponda, piegato su di lei.
E piano piano, le sue palpebre che si riaprivano.
Via una maledizione, ne era sorta un'altra a rimpiazzarla.
E Lucilla finalmente si destò.

T.M.R |DRAMIONE|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora