CAPITOLO TRE

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Capitolo tre

 

‘Ogni incidente, che ci procura sgradevoli sensazioni, anche quando è assai insignificante, lascerà un effetto postumo nel nostro spirito, e finché questo dura, ci impedirà di aver una visione chiara e oggettiva delle cose e delle circostanze, anzi tingerà di sé tutti i nostri pensieri, allo stesso modo che un oggetto piccolissimo, portato davanti agli occhi, limita e distorce il nostro campo visivo.’

Arthur Schopenhauer

 

LECCANDOSI LE FERITE

 

Accidenti, questa proprio non ci voleva. Dopo aver estratto Ria dall'auto, l’aveva posata con quanta più delicatezza aveva sul terreno. Ispezionò il corpo per chiarire quali fossero le sue condizioni. I pantaloni che portava erano strappati all'altezza del polpaccio. Dovevano essersi agganciati a una parte della vettura mentre la portava in salvo. Una grossa macchia di sangue sporcava il tessuto intorno alla ferita. Male. Il braccio sinistro era insanguinato. Alcuni pezzetti di vetro erano ancora infilzati nella carne della ragazza. Molto male. Il viso latteo era rigato da una grossa quantità di sangue che proveniva probabilmente da una ferita alla testa. Malissimo. Il resoconto era pessimo.

Aveva il respiro affannato e un’espressione corrugata per il dolore. Dopo aver parlato, era svenuta, anche se lui le aveva ripetuto più volte di tenere gli occhi aperti. Stupida ragazzina.

Cam le spostò una ciocca di capelli dal viso. Era davvero bella, dannatamente splendida, anche in quelle condizioni. Allontanò la mano e si accorse che si era sporcata di sangue. L’odore era fortissimo e gli inebriò i sensi. Chiuse gli occhi per ricomporsi.

Trascinò Ria ancora un po’ più distante dall'auto, se fosse andata a fuoco, sarebbe stato un bel guaio, per lei almeno. Le vetture che transitavano per la carreggiata iniziarono a fermarsi per controllare cosa fosse accaduto. Non andava per niente bene, ma per fortuna erano davvero poche. Tra loro però poteva benissimo esserci l’inseguitore che li avrebbe volentieri mandati all'altro mondo. Non c’era tempo per pensare, doveva agire. Rimase accucciato davanti al corpo di Ria, così sarebbe stato più facile proteggerla. Tentò di trovare tra le persone che iniziavano ad avvicinarsi qualcuno di sospetto, qualcuno che potesse essere l’inseguitore. Notò subito il SUV nero che si fermava non molto distante da loro. Posizionò una mano indietro verso la ragazza ed una sul terreno. Le ginocchia erano in posizione. Sarebbe saltato addosso a quel bastardo non appena avesse messo un piede fuori dall'auto. Lo sportello si aprì e Cam gli fu sopra un secondo dopo. Il ragazzo che ora stava sotto di lui sgranò gli occhi e tentò di proteggersi il viso con le mani, piagnucolando: «Ti prego aspetta! Fammi spiegare. Lascia che ti spieghi.» Cameron aveva già sollevato una mano per colpirlo e gli ringhiava contro. Poi si fermò, non per quelle stupide suppliche, ma perché riconobbe la voce. Afferrò con forza un braccio del ragazzo e lo allontanò dal viso. Purtroppo non si sbagliava. Aveva riconosciuto subito quell'odiosa voce mielosa. Due occhi color nocciola lo guardarono terrorizzati mentre cercava di fare un mezzo sorriso di scuse a Cam. Lui sbuffò e caricò un pugno. «Farai meglio a spiegare: hai dieci secondi.» Il fidanzatino farfugliò preso dal panico: «Non uccidermi ti prego.» Cameron gli sferrò un pugno in pieno volto. «Ho detto spiega, non piagnucola! Ci stavi seguendo» non era una domanda, sapeva che era lui. Il ragazzo cercò di coprirsi il viso con le mani mentre diceva: «Si si è vero, ma non volevo che succedesse tutto questo. Dopo che tu te ne sei andato dalla mensa in quel modo, Claudette è corsa via. Mi aveva chiesto di incontrarci più tardi a casa sua. Così dopo scuola ci sono andato. C’era sangue ovunque e tu e Ria eravate appena andati via. Avevo riconosciuto l’auto uscire per strada. Perciò vi ho seguiti. Dovevate sapere qualcosa.» Disse tutto d’un fiato. Cam avrebbe voluto picchiarlo a sangue solo per togliersi lo sfizio, dopotutto era solo colpa sua. Probabilmente lo avrebbe fatto. Poi però sentì un lamento non molto distante da lui: Ria. Sbuffando si alzò in piedi e guardò il ragazzo con disgusto. L’altro si sollevò e si massaggiò la faccia. Un rivoletto di sangue sgorgò dallo zigomo. Cameron sorrise soddisfatto. Poi sentì l’odore del suo sangue. Odorava di giglio. Il suo sguardo si affilò. Riusciva a vedere i suoi occhi riflessi sul vetro del SUV, luminosi, rossi. Chinò leggermente il capo da un lato, annusando l’aria con sospetto. Quando l’altro lo guardò in faccia, sbiancò. Cam però continuò a osservarlo finché non notò una catenina al suo collo. Con una velocità impressionante gli afferrò il collo con una mano, stringendo forte, mentre con l’altra estraeva il ciondolo. Come sospettava. L’oggetto in questione era sferico. Al suo interno vi erano rappresentati il sole e la luna, con sopra incisioni antiche che lui riconobbe. «A quanto pare non mi hai detto tutta la verità, piccolo elfo.» Il ragazzo fece un mezzo sorriso, sicuro di se, per poi controbattere con voce graffiata: «tu non hai chiesto, demone.»

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