CAPITOLO UNO

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Capitolo uno

 

 

                             ʻ Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni ’.

                                                             William Shakespeare

 

I SOGNI DIVENTANO REALTÀ

«Hai avuto un altro incubo?» un sussurro mesto la riportò alla realtà «È davvero terrificante.» continuò. Distolse lo sguardo dagli scarabocchi per fare spallucce alla sua amica. Erano settimane ormai che li aveva, il protagonista sempre lo stesso: il demone dagli occhi di fuoco che le sussurrava frasi incomprensibili. «Non trovi sia un po’ strano che ci sia sempre lui nei tuoi incubi? Forse dovresti parlarne con qualcuno.» «L’ho fatto con te» affermò con noncuranza. «Oh, andiamo Ria! Dovresti parlarne con un prete o roba del genere! È davvero inquietante!» replicò la giovane rossa. Claudette Murphy era la migliore amica di Ria fin dall'infanzia. Entrambe avevano poi deciso di seguire le orme dei propri genitori e iscriversi alla facoltà di medicina dell’University of Pennsylvania in Philadelphia dove si trovavano ora. La lezione che avrebbero dovuto seguire era appena terminata ma Ria era stata così concentrata sul disegno di quel demone che non aveva seguito una sola parola. «Non preoccuparti per me, credo solo di avere una fantasia un pò fuori dal normale, tutto qui». Cercò di rassicurare la sua amica ma doveva ammettere, almeno a se stessa, che quei sogni la spaventavano e non poco. Stava forse impazzendo? No, erano solamente dei sogni. Ecco cosa si ripeteva ormai da troppi giorni. La sua amica dette un’ultima occhiata al disegno in bianco e nero, evidente che non si fosse bevuta quella piccola bugia. I suoi occhi si riempirono di compassione per lei, e lei odiava quello sguardo «Sai,» continuò la sua compagna con voce vellutata «è passato così poco tempo dall'incidente.» Ria chiuse il quaderno ficcandolo nella borsa insieme al resto del suo materiale. «Lasciamo stare i miei stupidi sogni e parliamo di cose più importanti: come va con Will?» Claudette spostò nervosamente il ciuffo di capelli color carota, lunghi fino al sedere, da un lato del viso e sorrise «Tutto bene, ce la prendiamo con calma.» William Adrian era la nuova fiamma della sua migliore amica. Un bel ragazzo doveva ammettere, se si piaceva il genere raffinato. Will proveniva da una nota famiglia del posto, era uno di quei ragazzi che sembrano sempre perfettamente immacolati, infiocchettati con nastri di seta e carta profumata. Per quanto potesse non essere il suo tipo, Ria era contenta che Claudette avesse finalmente trovato un bravo ragazzo. Si erano conosciuti a inizio anno e dopo diversi tira e molla, la sua amica gli aveva concesso un primo appuntamento ufficiale, ma da come ne parlava era chiaro come il sole che quella non era una semplice cottarella, sperava solo che non le lasciasse cicatrici troppo profonde se – o meglio quando – sarebbe finita. Ria non aveva mai creduto alle storie a lunga durata, aveva smesso di fantasticare su quel ‘E vissero felici e contenti’, o di credere agli innumerevoli ‘per sempre’. Si arrivava sempre ad una fine, di qualsiasi cosa si trattasse. Aveva solo iniziato a sperare che facesse meno male, ma sapeva per esperienza che i sentimenti – l’amore soprattutto – portavano solo ad un risultato: pura e semplice angoscia, che solo con il tempo si poteva riuscire a trasformare in perenne –  se ben nascosta – malinconia. Perciò, perché immischiarsi in certe situazioni? Sfortunatamente per lei, Claudette non la pensava alla stessa maniera essendo un’inguaribile romantica. Ma, ehi!, se sarebbe riuscita ad essere l’eccezione alla regola, Ria glielo augurava con tutto il cuore. Purtroppo neanche la stessa Ria riusciva a seguire rigidamente questa soppressione di sentimenti e Claudette era la sua unica eccezione, la sua unica amica, l’unica persona a cui volesse bene con tutto il cuore.

Uscirono dall'aula del professor Tucker e ritrovarono Will ad attenderle sulla porta. Il giovane era, non solo un aspirante scienziato, ma anche un buon atleta e si poteva anche dedurre dal suo fisico asciutto e ben definito. Portava i capelli biondi con una leggera cresta e gli occhi color nocciola erano fissi su quelli verdi di Claudette. «Buongiorno signore» il ragazzo si accostò alla sua amica scoccandole un lento e seducente bacio sulla bocca «com'è andata la lezione?» La domanda era diretta apparentemente ad entrambe, ma era evidente che l’interesse era riguardante una sola. Ria odiava queste smancerie e quando infine costatò che la sua amica non avrebbe aperto bocca – visibilmente incantata ad ammirare il ragazzo – decise di farlo lei «La lezione è andata liscia come l’olio.». Diede un colpo in testa alla sua compagna con una penna per attirare l’attenzione su di se. Claudette la guardò di traverso e Ria le fece un cenno con la mano per invitarla a camminare. Dirigendosi verso la mensa, continuò a parlare «La nostra ‘Dette qui di fianco non faceva altro che parlare di quanto fosse stato straordinario il vostro appuntamento romantico di ieri notte» poi fece un gesto vago con la mano mentre la sua amica le dava una gomitata «Ria!» Non era vero che Claudette ne aveva perlato, era una ragazza riservata e conoscendola probabilmente non l’aveva fatto neanche con il ragazzo. «Dice sul serio la tua amica?» chiese Will con una scintilla che gli illuminava gli occhi. Ci aveva visto giusto, il ragazzo era curioso di sapere ciò che pensava ‘Dette, ma la sua amica si affrettò a negare «Oh, certo che…» Ria non le dette la possibilità «Oh si, puoi scommetterci! Si è divertita un mondo e le piacerebbe tanto rifarlo.» Appena varcarono la soglia della mensa un boato di applausi si scatenò da un tavolo poco distante. Era il solito gruppo di ragazzi fissati con lo sport. Edmund, un ragazzo alto e slanciato dalla bizzarra capigliatura nera-bluastra si avvicinò per congratularsi con Will a proposito di non so quale vincita. Ria sbuffando si allontanò per occupare un posto insieme a Claudette. Poco dopo Will le raggiunse e mentre quei due fin troppo educati ragazzi si scambiavano occhiate penetranti, Ria decise di andare a prendere da mangiare. Si mise in coda, non curante di ciò che metteva nel piatto, ancora un po’ scombussolata dal ricordo di quell'incubo. La sola rievocazione le fece venire la pelle d’oca. Aveva paura – non del demone in sé –  ma piuttosto di quella strana sensazione che rendeva tutti gli incubi estremamente reali e inverosimilmente identici. Tirò un po’ più su i lunghi guanti di pelle nera che portava ancora, era quasi primavera e le sporadiche giornate soleggiate la mettevano a disagio. Alla fine sarebbe giunto il momento di levarsi i guanti poiché la scusa del freddo – che iniziava già a recare sospetti – non avrebbe potuto durare a lungo ma come tutti gli anni avrebbe sfoggiato la più che collaudata bugia dei germi, o ne avrebbe inventata una nuova. Il solo pensiero di doversi liberare di quella scarsa protezione le peggiorò il morale, che faceva già schifo grazie agli incubi. Per infondersi un po’ di coraggio, Ria si portò una mano inguantata verso il petto, un gesto che iniziava a essere abituale per lei. Attaccata a una catenina d’argento, un vistoso anello le pendeva al collo. Era in argento antico, intarsiato per tutta la fascia da minuscoli serpenti e con in cima raffigurata quella che a Ria era sempre sembrata Medusa. Due piccoli smeraldi fungevano da occhi per la Gorgone. La ragazza nascondeva il piccolo cimelio di famiglia sotto il maglione color panna che portava il giorno. Raccattato alla bell'e meglio una sufficiente quantità di cibo, decise di ritornare al tavolo con i piccioncini. Li guardò da lontano mentre si avvicinava. Will e Claudette stavano chiacchierando esageratamente appiccicati, con le mani intrecciate e si guardavano reciprocamente negli occhi come se fossero due assetati e l’altro fosse l’ultima goccia di acqua sulla Terra. Con un grugnito Ria posò rumorosamente il vassoio sul tavolo distruggendo l’estasi dei due che subito si ricomposero, arrossendo perfino. Ria alzò gli occhi al cielo ma quando si accorse che quella luce negli occhi della sua amica si stava spegnendo si maledisse. «Dannazione!» improvvisò «Ho dimenticato la mia matita preferita in aula!» fece finta di controllare nella borsa mentre ‘Dette la guardava con un sopracciglio sollevato «’Dette, è quella nera, la mia preferita. Non posso credere di essermela dimenticata, deve essermi caduta in qualche modo. Devo solo sperare e pregare che nessun animo oscuro me l’abbia portata via.» continuò con teatralità. Si ficcò in bocca un pezzo di pane e farfugliando qualcosa d’incomprensibile che doveva suonare come una rassicurazione sgusciò via dalla mensa, guardando la sua amica mentre camminava all'indietro alla ricerca della sua presunta matita preferita nella borsa.
Quando spinse con la schiena le grosse porte anti-panico per aprile, si sentì un po’ più libera ma non appena si voltò, andò a sbattere contro un muro.
Seguì con lo sguardo la caduta della borsa a terra e con lei tutto il suo contenuto che si sparse sul pavimento. Ma che diamine, da quando in qua c’era un muro dietro la porta? Si chinò per cercare di raccogliere il più velocemente possibile le sue cose e solo in quel momento mise a fuoco un paio di All Star. Seguì il percorso delle gambe e di quello che doveva ammettere, era un bel fisico, fino al viso. Un viso che la lasciò senza parole, il che diceva tutto. Il ragazzo – perché questo era in fin dei conti si ricordò – aveva un berretto degli Yankees calcato sul volto dalla carnagione chiara che lasciava gli occhi in penombra, ma permetteva di vedere le ciocche di capelli dorati che arrivavano quasi alle spalle. Le labbra leggermente carnose s’incurvarono in un sorrisetto quando lei sbuffò «Potresti anche renderti utile e aiutarmi invece che rimanere lì impalato» borbottò Ria per poi aggiungere con tono più basso «Idiota». Se non si sbagliava, credette che il sorriso beffardo del ragazzo si allargò, come se avesse sentito quell'ultimo insulto e lo trovasse divertente. Si accorse inoltre che non odorava – come molti ragazzi che conosceva – di qualche acqua di colonia costosa o dopobarba, no, non era quello che sentiva. Odorava di fumo, e non il solito puzzo di sigarette o erba, no, lui odorava come il fumo di un camino o come quello che si sente passando vicino a un incendio. Ma non solo, Ria sentì anche un classico profumo di sapone e pulito. Combinazione insolita per un ragazzo.

The touch of DarknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora