Capitolo sei
‘Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.’
Italo Calvino
ATLANTIC CITY
«Wow, ci nascondiamo proprio in bella vista!» commentò Ria.
«Qui conosco qualcuno che ci potrà aiutare.» affermò Will fermando l’auto vicino all’entrata.
Un addetto si avvicinò e prese le chiavi, ma Ria non gli diede molta importanza, era concentrata sulla magnificenza della struttura. Chiamare quel luogo hotel, era come chiamare Yale semplice scuola. Entrambe le strutture assomigliavano più a magnifiche regge. I ragazzi la seguirono all’interno dell’albergo; Will si diresse verso la reception, mentre Cam si guardava intorno sospettoso, tenendo gli occhi stretti in due fessure.
«Rilassati, Cam. Will ha detto che conosce qualcuno che può aiutarci. Ora abbiamo una pista da seguire.»
Il ragazzo sbuffò rumorosamente, mettendo le mani in tasca.
«Conoscerà anche qualcuno qui, ma non credo siano persone affidabili.» le sussurrò all’orecchio dopo essersi avvicinato a lei. Will nel frattempo doveva aver preso le chiavi delle camere e ora si avvicinava a loro sorridente, accompagnato da un facchino. Era un ragazzo in uniforme, doveva avere all’incirca vent’anni, con una carnagione molto scura e lineamenti affilati. Poco prima che li raggiungessero Cam produsse uno strano rumore gutturale, una specie di ringhio. Poi cinse con un braccio la vita di Ria, avvicinandola a sé. Questa lo guardò allarmata e cercò di sottrarsi a quella vicinanza non richiesta.
«Che stai facendo?» domandò lei, non riuscendo a divincolarsi dalla presa dell’altro.
«Marco il territorio.» sussurrò avvicinando le labbra al suo orecchio.
«Questi Goblin devono capire che non c’è niente per loro.»
Goblin? Possibile che ci siano così tante creature magiche in questo mondo? Pensò Ria.
Il facchino prese la sua valigia e quella di Will, che non aveva neanche visto, tanto era concentrata sull’hotel. Poi si diressero verso gli ascensori. Al suo interno si era formato uno strano ambiente. Will, come il facchino, aspettava sereno l'apertura delle porte. Cameron, che stava sul fondo dell’ascensore a braccia conserte, continuava a fissare con sguardo truce i ragazzi davanti a lui. Le porte si aprirono e quando varcarono la soglia, si accorse che quella era una suite enorme: aveva un vero e proprio salotto, con un angolo bar, una zona pranzo e tre stanze da letto. Evidentemente avrebbero dormito tutti insieme. Ria non sapeva se sentirsi felice, perché più al sicuro insieme ai due ragazzi, o in imbarazzo. Il facchino posò le valige all’entrata e fece per andarsene, ma Will lo fermò, chiedendo di un certo Rick. Ria non diede molta importanza alla loro conversazione. Si concentrò invece sullo splendido panorama che si poteva vedere dalle grandi vetrate della loro nuova stanza. Le grandi vetrate, il lusso di quel luogo, le ricordavano tanto le vacanze che da piccola faceva con i suoi genitori. Era stata in molti hotel sfarzosi in giro per il mondo, affacciandosi ogni volta alla finestra per vedere cosa ci fosse di differente da quella della propria cameretta. A volte vedeva grandi montagne innevate, altre, come in quell’istante, grandi spiagge e mari profondi. Un sorriso mesto le incurvò le labbra, riempendole il cuore di dolore e nostalgia. Purtroppo non avrebbe più fatto alcun viaggio in compagnia dei suoi familiari.
«C’è proprio una bella vista da quassù, non trovi.» domandò Cam sottovoce.
Era proprio accanto a lei, con le mani intrecciate dietro la nuca e lo sguardo fisso verso l’orizzonte. Non sapeva da quanto tempo era lì; si asciugò svelta una lacrima che le stava rigando il viso.
«Molto bella, già.» concordò lei.
Will, che nel frattempo aveva definito non si sa cosa con il facchino, si avvicinò agli altri due annunciando:
«Il mio aggancio sarà al casinò dell’hotel alle nove in punto, esattamente tra sei ore e mezza. Perciò io proporrei di rilassarci, farci un pisolino e mangiare qualcosa.»
Ria si voltò verso l’amico, facendogli un sorriso e accettando la proposta.
«Effettivamente non ho mangiato molto a pranzo. Ordiniamo il servizio in camera?»
Will annuì, cercando il telefono della stanza, mentre lei si voltava verso l’altro ragazzo per cercare conferma. Questo era ancora immobile, concentrato sul mare, immerso nei suoi pensieri.
«Cam?»
Al richiamo, si voltò verso di lei con un sopracciglio alzato.
«Mangi con noi?»
Lui assentì e senza aggiungere altro si ritirò in una delle tre camere.
Certo che era parecchio strano, chissà cosa gli passava per la testa.
Ria fece spallucce e si avvicinò a Will, che stava già ordinando il pranzo.
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The touch of Darkness
FantasyRia Queen credeva di essere una ragazza come tante altre. La sua vita andava a gonfie vele finché un brutto "incidente" le cambiò la vita. Al tempo aveva solo 13 anni ma, ora che ne sono passati quattro, crede che la sua vita stia ritornando poco pe...