CAPITOLO VENTI

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Capitolo venti

"È proibito piangere senza imparare,
svegliarti la mattina senza sapere che fare
avere paura dei tuoi ricordi."

Pablo Neruda

AIUTA E LASCIATI AIUTARE

Si strinse la coperta che la sua amica le aveva messo sulle spalle: era ridicola, già con un piede nella fossa ma ancora convinta di poter essere di aiuto a Ria.

Le era stato dato un solo compito per la sua intera vita: tenere Macaria al sicuro lontano dagli inferi, e aveva fallito miseramente.

L'ennesimo attacco di tosse le strinse le viscere, facendola piegare e sputare sangue. Sospirò. Non poteva andare avanti così; ma quale altra scelta aveva?

Si guardò intorno rassegnata: ebbene sarebbe morta così, da sola, in una stanza imperiale cosparsa di vergogna? Che cosa pietosa.

Diede uno sguardo alla collana di Cam che aveva posato sul comodino: era riuscita ad aggiustarla ed era pronta a rimetterla al collo di quel povero disgraziato. Fra una manciata di giorni probabilmente sarebbe morta e avrebbe lasciato a lui il compito di proteggere Ria. Si avvicinò al letto e controllò un'ultima volta sotto il materasso: nascosto tra le doghe del letto e la morbida stoffa vi era un grosso anello con raffigurata la faccia di Medusa. Strapparlo dal collo di Ria quando ne aveva avuto la possibilità, nel castello sull'isola, era stata una balla mossa, e si congratulò mentalmente con sé stessa; ma ora diventava un problema. Avrebbe potuto darlo a Cam prima di morire ma... benché si fidasse di lui, non era saggio dare in mano ad un demone un oggetto tanto potente.

Avrebbe dovuto trovare un'altra soluzione e anche alla svelta.

«Iraq?» domandò Ria a Chandan.

Erano rimasti solo loro due, Rowell e il demone dai capelli neri che le rivolgeva un sorrisetto furbo.

Com'è che si chiamava? As... qualcosa, non lo ricordava proprio.

«Beh, si dà il caso che siano i demoni a portare le disgrazie sulla Terra, e le guerre sono delle disgrazie quindi...» cercò di spiegare il ragazzo biondo.

«In poche parole: gli ostaggi muoiono? Bene, un punto per noi cattivi» disse il demone alato alzando due pollici «gli ostaggi vengono liberati? Male, un punto per quei diavolo di angioletti» continuò facendo un broncio e chinando i pollici verso il basso.

Oh, beh, la cosa aveva quasi senso dopotutto.

Ria si guardò le mani e se ne portò inutilmente una al collo: la frustrazione la assalì ancora, come se delle grosse mani le stessero stringendo il collo o come se qualcuno le stesse mescolando le interiora con un mestolo; non sapeva proprio come agire in quel momento.

Poi però un odore familiare la distrasse dai suoi inutili pensieri, solleticandole le narici: era un qualcosa di ferroso.

Alzando lo sguardo si accorse che non era l'unica ad aver sentito quell'odore poiché anche il demone dai capelli neri si era voltato immediatamente verso la lunga tenda rossa.

Ria si precipitò fuori dalla stanza, spostando quel pesante tendaggio che ostruiva il passaggio, e vide Dette che si avvicinava: camminava con un passo pesante e curva su sé stessa, stringendo qualcosa tra le mani. Notò solo in seguito che a pochi passi da lei vi era un ragazzo che la scortava tenendo gli occhi chiusi. Era un viso familiare: capelli castano scuro con un taglio militare, rasati alla base e lasciati più lunghi nella parte superiore, con i ciuffi che gli sfioravano le lunghe ciglia corvine e gli adombravano leggermente il viso, con una carnagione chiara e media statura.

The touch of DarknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora