4. Everything in your eyes

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Non poteva essere lui. Jordan ne era sicura, quasi del tutto: quello non era Michael.
Prese un profondo respiro, aggrappandosi alle spalle dello sconosciuto. Voleva rimettersi in piedi, ma all'improvviso, colta dalla consapevolezza di essergli letteralmente caduta tra le braccia, si sentì travolgere dall'imbarazzo, tanto che le guance le si colorirono di un rosso acceso. Sentiva la pelle bruciare sotto i suoi occhi, sotto quegli intensi e profondi occhi azzurri che la scrutavano come se volessero vederle dentro.
Ritrasse immediatamente le mani, barcollando un poco fino a rimettersi in piedi.
Il ragazzo le sorrise in modo cordiale, rimettendosi anche lui in equilibrio: quel sorriso voleva essere gentile, ma Jordan non si sentiva per nulla rilassata.
Lanciò una veloce occhiata al suo viso, prima di abbassare lo sguardo sulla punta delle sue scarpette nere, ormai non troppo lucide a causa della caduta.
Aveva un visino quasi angelico, un sorriso perfetto, uno di quelli che normalmente sciolgono le persone, un nasino piccolo e fine e occhi azzurri così profondi e chiari da farla rabbrividire: era bello, bellissimo. Jordan doveva ammetterlo, quel ragazzo era perfetto. Ecco perché era sicura che non fosse Michael.
Quel sesto senso che aveva sempre avuto, prima ancora di chiamarlo, sin da quando aveva sentito la sua voce, sin da quando si erano parlati, quella stessa sensazione le faceva credere che quello non fosse Michael, perché lei lo immaginava diverso. E, per qualche motivo, sapere che lui non era lì, che non aveva mantenuto la promessa e non era andato a prenderla, la spaventava.
«T-Tu... tu... non sei Michael» balbettò incerta, allontanandosi di poco da lui. Sapeva perfettamente quanto quel sentimento fosse stupido e insensato, ma il semplice fatto di non avere Michael davanti ai suoi occhi la faceva sentire in pericolo, non si sentiva sicura e non era questo che aveva previsto. Non conosceva lui, come non conosceva Michael, del resto, ma il ragazzo con cui aveva parlato al telefono le aveva fatto una promessa, le aveva promesso che con lui sarebbe stata al sicuro, perché sarebbe andato a prenderla. Ma non l'aveva mantenuta.
Probabilmente doveva essere arrabbiata; invece, si sentiva solo tanto stupida ed ingenua per avergli creduto e, allo stesso tempo, incredibilmente fragile e vulnerabile, perché ancora una volta era caduta in tentazione. Sicuramente, quando si sarebbe trovata nei guai, le suore glielo avrebbero rinfacciato per il resto dei suoi giorni, sempre se fosse sopravvissuta.
Il ragazzo sospirò leggermente, facendole alzare lo sguardo. Un sorrisino piegava le sue labbra sottili, ornate da quel piccolo piercing all'angolo inferiore. Era un anellino di metallo nero che lui, di tanto in tanto, muoveva con la lingua in maniera tanto sensuale quanto irritante.
«Beh, grazie per l'accoglienza, dolcezza» rise sarcastico. Jordan decise che, in quel momento, sprofondare nell'imbarazzo e nella vergogna sarebbe stata la soluzione migliore.
Tuttavia, sentendo la sua voce, il suo primo pensiero fu inevitabilmente un altro: le sue ipotesi avevano trovato conferma, quello non era Michael. Poteva dedurlo con certezza, perché era sicura di saper riconoscere la sua voce e quella certamente non lo era.
«Oh, io... i-io, ehm... scusa, davvero. Non intendevo, ecco... è solo che...»
«Oh, non preoccuparti, davvero. Hai sempre parlato con lui, è comprensibile che ti aspettassi Michael» le fece notare gentilmente lui, interrompendo i suoi patetici tentativi di scusarsi.
Jordan si limitò ad abbozzare un sorriso, senza nemmeno sforzarsi di nascondere la delusione. Probabilmente quel ragazzo non capiva, ma la questione era molto più complessa di quanto lui ritenesse: lei non si aspettava Michael... lei pretendeva Michael!
Le aveva promesso che sarebbe andato a prenderla e, invece, aveva mandato il suo amico belloccio a fare il lavoro sporco.
«Chi... ehm... chi sei tu?» chiese titubante, torturandosi in modo nervoso l'angolo del pollice, fino a strapparne la pellicina. Ancora non sapeva come aveva potuto fidarsi di lui, ma quantomeno quel ragazzo, per il momento, le sembrava benintenzionato.
«Luke, Luke Hemmings. Piacere, dolcezza. Michael ti ha parlato di noi, per caso?» Jordan ci pensò qualche secondo, elaborando quel "noi", un plurale che, per qualche motivo, la fece rabbrividire. C'era forse qualcun altro intorno a loro? C'era qualcuno che li stava guardando? Si strinse nelle spalle, come a volersi difendere. Michael, la prima volta, le aveva detto che con lui c'erano altri tre ragazzi, probabilmente vivevano insieme.
«Mi ha accennato qualcosa riguardo a te» confessò, anche se Michael glielo aveva solo nominato una volta. «Ha detto che di solito le ragazze chiamano per parlare con te» aggiunse, provocando un'immediata risata da parte di Luke.
Jordan scosse le spalle e si concesse di osservarlo attentamente, senza lasciarsi scappare un solo dettaglio. Era magro, ma non eccessivamente. Benché indossasse una giacca di pelle, poteva dedurre con certezza che le sue braccia fossero piuttosto muscolose, come anche il resto, probabilmente. Doveva avere all'incirca l'età di Michael, ma i suoi lineamenti erano molto dolci, leggeri, induriti solo da un accenno di barba sul mento che, tuttavia, non contaminava per nulla la sua bellezza che, avrebbe definito quasi eterea.
«Beh... le donne mi apprezzano perché sono un gentiluomo, signorina» la prese in giro, offrendole uno dei migliori sorrisi del suo repertorio.
Calum aveva avuto ragione, quando aveva mostrato loro la foto di Jordan sullo schermo: era davvero bellissima e Luke cominciava a credere che il suo compito si sarebbe rivelato molto più piacevole del previsto. Soprattutto perché Jordan, in quel momento, lo stava guardando con eccessiva attenzione.
Tuttavia doveva essere cauto, c'era qualcosa di strano, in lei. Aveva imparato a riconoscere quel luccichio negli occhi delle donne, quello sguardo, quell'espressione che tradiva la loro attrazione nei suoi confronti, perché Luke sapeva di essere estremamente sensuale e di esercitare un fascino non indifferente sul sesso opposto. In Jordan, però, non aveva visto nulla di tutto questo, ma solamente diffidenza.
Michael lo aveva spinto avanti, ma era evidente che, per quanto lui fosse bello, lei si aspettava qualcosa di diverso.
«Comunque... non devi credere a tutto quello che Michael ti racconta» aggiunse allora, spinto da orgoglio personale, perché l'immagine di Casanova consumato con cui spesso Michael lo dipingeva scherzosamente, non gli si addiceva particolarmente, almeno non dal suo punto di vista. Non era questa l'impressione che voleva dare di lui e non sapeva cosa Mike le avesse raccontato di preciso durante le loro conversazioni. Era vero che i loro muri erano di cartapesta, ma origliare non era mai rientrato nei suoi hobby preferiti.
«Michael non mi ha... detto davvero nulla di te» lo rassicurò Jordan, assimilando quell'affermazione. Luke doveva essere un suo caro amico, eppure le stava suggerendo di non fidarsi di Michael. Jordan voleva davvero capire cosa intendesse. Era ovvio che si riferisse a quello che Mike le aveva detto di lui, tuttavia era certa che, quella rivelazione così immediata, nascondesse qualcosa di più.
«Perfetto, ci contavo. A questo punto... avremo modo di conoscerci» si sbilanciò un poco, avanzando un passo verso di lei. Jordan si morse il labbro, rivelando la pienezza della sua bocca carnosa e rosea. Indossava una semplice divisa, il viso pulito, un trucco quasi inesistente, ma a sufficienza perché mettesse in risalto occhi verdi tanto particolari, tanto belli. I capelli sciolti le ricadevano disordinati oltre le spalle, incorniciando un viso tondo ed armonioso. Era una ragazza che, se glielo avessero chiesto, avrebbe definito semplicemente bella, seducente in modo inconsapevole. Non si muoveva né tanto meno si atteggiava come se fosse al corrente del fascino che emanava, eppure riusciva a risultare estremamente affascinante.
«Allora... hai il cellulare di Chase?» domandò però lei, cercando di apparire calma e sicura di sé, per quanto la situazione la imbarazzasse e la preoccupasse al tempo stesso.
Luke non restò per nulla sorpreso dal suo improvviso cambio di atteggiamento. Voleva portare la conversazione su un altro argomento, su quello che le era più congeniale e che, per altro, doveva essere il fulcro del loro incontro, per questo non poteva biasimarla. Avrebbe dovuto lavorarci a lungo, ma sapeva di poterla conquistare.
Jordan sarebbe stata una preda difficile ed interessante, un compito molto divertente, per quanto lo riguardava.
«Certo, eccolo qui» rispose, estraendo il Galaxy dalla tasca dei jeans. Jordan allungò la mano per prenderlo, ma Luke sollevò le sopracciglia in un'espressione quanto mai eloquente, permettendole di intuire che non sarebbe stato così semplice come si aspettava.
«Eh, no, tesoro, non penserai che sia davvero così facile! Ora che sei qui... tanto vale giocare, non trovi?» domandò, una punta di malcelata malizia animò il suo tono, accompagnato da uno sguardo che poteva dire più di qualsiasi parola.
«Che volete, ancora?» chiese, irritata. Le sembrava di essere stata fin troppo disponibile, fino a quel momento. E per che cosa poi? Michael non aveva mai rispettato i suoi accordi... per quale motivo lei avrebbe dovuto farlo?
«Michael mi ha chiesto di farti promettere due cose» spiegò Luke, agitandole il telefono davanti al viso. Era molto più alto di lei e Jordan dovette alzare il viso per guardarlo negli occhi, ma non voleva che lui pensasse fosse debole. Era perfettamente in grado di sostenere il suo sguardo, soprattutto ora che doveva sapere la verità, soprattutto ora che Michael era improvvisamente rientrato nella loro conversazione.
«Quali?» domandò, e nella sua voce non c'era la minima ombra di incertezza, non tremava, era maledettamente sicura, troppo perché persino lei stessa potesse crederci.
«Per prima cosa prometti che non dirai a Chase che siamo stati noi a trovare e a restituirti il suo telefono.» Jordan annuì, arricciando le labbra in una smorfia. Avrebbe dovuto mentire al suo ragazzo, ma, d'altro canto, lui lo faceva da molto più tempo, perciò le pareva una richiesta ragionevole.
«E la seconda?»
«La seconda è che... ci avviserai per qualsiasi cosa: dovrai informarci su ogni suo movimento, ogni suo orario, ogni suo comportamento, normale o strano che sia. Pensi di poterlo fare?» chiese, perdendo parte della gentilezza a cui Luke l'aveva abituata fino a quel momento.
«Più che altro... non vedo il motivo per cui dovrei farlo!» rispose stizzita, incrociando le braccia sotto il seno. Dopo il colpo basso giocatole da Michael, non vedeva più un valido motivo per cui continuare a riporre fiducia nei confronti di un perfetto sconosciuto.
Luke rise, avvicinandosi a lei. Jordan, invece, deglutì, guardandosi intorno. Non c'era nessuno. Era sola. E tutto questo lo aveva cercato proprio lei. I piedi, piantati per terra, rifiutavano di muoversi, se Luke avesse avuto cattive intenzioni, non sarebbe riuscita a scappare. Luke, però, sollevò lo sguardo, i loro occhi si incontrarono e in quell'istante Jordan seppe che non avrebbe nemmeno provato a fuggire, perché lui l'avrebbe aiutata.
Sì avvicinò al suo viso, ma Jordan non si mosse. Sgranò gli occhi quando Luke le prese il mento, sollevandole leggermente il viso, con decisione eppure in modo delicato. Deglutì, percependo il respiro caldo di Luke sul suo collo, appena sotto l'orecchio.
«Più che altro... non vedo il motivo per cui non dovresti farlo!» replicò Luke, la voce le provocò un brivido lungo la schiena. Tuttavia, non fu nulla di paragonabile a quello che le faceva provare Michael, la voce di Luke era tanto diversa. Non era la stessa voce, non era così calda e avvolgente. Non l'aveva travolta come quella di Michael. «Dopotutto... potresti guadagnarci anche tu. Lo terrai d'occhio, scoprirai tutto quello che ti ha nascosto, scoprirai se ti tradisce...» Il cuore di Jordan perse un battito, riprendendo subito la sua corsa in modo accelerato. Non le interessava sapere più nulla, questo era sufficiente: avrebbe scoperto il mondo segreto di Chase e non voleva altro. Voleva semplicemente coglierlo con le mani nel sacco, farlo sentire in colpa per quello che le aveva fatto: ora sarebbe stata lei a mentirgli. L'avrebbe ripagato con la sua stessa moneta. E, per quanto la riguardava, Luke Hemmings e Michael Clifford erano gli unici che potessero aiutarla a farlo.
Allungò il braccio, senza staccare gli occhi da quelli di Luke. Trovò la sua mano e, approfittando della distrazione del ragazzo, gli strappò il cellulare dalle mani.
«Finitela di trattarmi come una bambina! Ci sto, Hemmings, ci sto!» Luke rise, incrociando le braccia. In un gesto involontario si inumidì le labbra con la lingua, soffermandosi poi a muovere quel piccolo anellino nero con totale noncuranza, guardandola in modo attento.
«Mi piaci, dolcezza. Michael non mi aveva detto che saresti stata così agguerrita e vendicativa» mormorò, guardandola dall'alto al basso in quel modo che Jordan trovò maledettamente irritante.
«Questo perché nemmeno Michael lo sapeva! Lui dov'è, ora?» domandò, la voce improvvisamente più alta, il tono stizzito. Voleva risultare dura, ma più probabilmente gli aveva solo dato l'impressione di essere isterica.
Luke sollevò le sopracciglia, sorpreso dalla domanda. Quella volta si morse il labbro, gettando una veloce occhiata al cortile oltre le spalle di Jordan. Michael non l'aveva preparato a questo, non gli aveva detto che Jordan avrebbe chiesto di lui e che si sarebbe arrabbiata. Gliela aveva descritta decisamente più docile e arrendevole, ma evidentemente nemmeno Mike aveva capito qualcosa di lei. Questo rendeva il tutto ancora più divertente.
«A dirti la verità non ne ho idea... credo sia qui intorno... probabilmente ha lanciato qualche petardo ed è scappato, qui ci sono solo io» rispose alla fine. Non sapeva davvero dove si trovasse Michael in quel momento, non avrebbe potuto dirglielo con certezza. «Comunque... ti lascio il mio e il suo numero per contattarci, ora che non abbiamo più il cellulare di Chase. Il tuo lo abbiamo già salvato» fece presente, estraendo poi un pezzo di carta dalla tasca e porgendoglielo. Jordan lo afferrò, lesse i due numeri e sorrise grata.
«Bene, puoi farmi un piacere, Luke?» domandò poi, assottigliando gli occhi chiari a due fessure, guardandolo in modo severo. Luke sorrise, non lasciandosi sfuggire l'occhiata raggelante di lei.
«Certo, qualunque cosa, siamo complici, ora.» Jordan si massaggiò le tempie con la mano, poi la passò tra i capelli, sistemandoli sulla spalla sinistra. Trattenne il respiro per qualche secondo, pensando alle parole da usare, poi un sorriso compiaciuto piegò le sue labbra.
«Quando vedrai Michael... digli che sarò agguerrita e vendicativa anche con lui!» sibilò, fissandolo negli occhi. Luke ci pensò per qualche secondo, poi rise, annuendo divertito. La piccola Collins sarebbe stata un osso duro.
Si chinò verso di lei, schioccandole un occhiolino che la fece sussultare. Jordan non poté ritrarsi e, in una frazione di secondo, le labbra di Luke furono sulla sua guancia.
Era il primo vero contatto che aveva con uno di loro, ora non avrebbe più potuto definirli completamente degli estranei, se ci pensava. Luke Hemmings esisteva davvero ed era un ventenne straordinariamente bello che le stava baciando la guancia. In quel momento Jordan stava accettando di mettersi in gioco definitivamente, di fare qualsiasi cosa per loro.
«Lo farò. Ci si sente, dolcezza» esclamò, salutandola con un cenno del capo. Jordan ricambiò, lo stesso sorriso di lui sulle labbra. Le sembrava di aver giocato bene le sue carte, dopotutto.
Appena Luke se ne fu andato, Jordan si guardò intorno, per vedere se qualcuno la stava osservando. Non sentì alcun rumore, nessuno schiamazzo, probabilmente le suore e le ragazze erano rientrate e ora stavano già chiamando la polizia. Avrebbero sicuramente ingigantito la questione e, non vedendola intorno, l'avrebbero riempita di domande scomode. Sperò che risalire lungo il muro sarebbe stato più semplice che scendere, perché ora era sola. Aveva già provato a fare quella strada e, durante il percorso, avrebbe avuto modo di pensare a quale bugia inventare per le suore e, soprattutto, per Emma. Probabilmente, alla fine, si sarebbe limitata a dire che aveva trascorso tutto quel tempo in bagno, perché non si sentiva molto bene, disperandosi giusto un poco per essersi persa il ragazzo bellissimo di fronte all'ingresso del collegio. Sospirò e si aggrappò al primo mattone del muro.
Rise tra sé e sé di quella situazione e si consolò pensando che, sicuramente, il sexy ragazzaccio con i ricci e la giacca di pelle nel loro cortile sarebbe stato l'argomento più discusso della serata.

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