Parte 19 - Dissonanze

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"Che cazzo è successo qui?!"
Il furioso urlo di Sant'Ana ruppe l'irreale silenzio della stanza, sommersa dal sole di una mattina troppo soleggiata per gli eventi che l'avevano preceduta.
Coprì lo strascichio ritmico e instancabile delle spazzole dalla sala accanto e il mormorio delle cameriere. Artemis le aveva sentite sussurrare che non credevano che ci sarebbe sarebbe stato così tanto sangue. Una si era lamentata sottovoce quando si era tagliata con un frammento di vetro sul pavimento, mentre altre commentavano che non pensavano che quelle macchie fossero così difficili da lavare via.
Lei l'aveva imparato a proprie spese, quando il chirurgo di casa aveva avuto la fase delle dissezioni.
E quando le aveva ricucito le ferite, o quando lei aveva dovuto fare del suo meglio per ricucirgli le sue, beccandosi anche una pioggia di critiche nel processo.
Le bende sulle sue braccia prudevano sopra i lembi arrossati dei tagli. Si diceva che i medici dovevano aver sbagliato qualcosa, perché quelle di Law non lo facevano mai.
Un'altra esplosione di rabbia di sua madre le solleticò appena le orecchie, ma non avrebbe saputo dire di cosa si trattasse. Non afferrava ciò che stimolava i suoi sensi nel modo più eclatante, i dettagli mangiavano ogni brandello di attenzione riuscisse a mettere insieme.
Un velo di gin bagnava il fondo della bottiglia traslucida. Era tutto quello che era rimasto dalla sera precedente, prima che un'ombra la portasse via con un rapido gesto di mano.
"È così da quando si è svegliata, signora." Mormorò Tamatoa, come se temesse di dire una parola di troppo. "Non ha parlato da quando l'abbiamo rimessa in sesto."
Ana fissò sua figlia con sguardo giudice. Non era stata così poco ricettiva neppure subito dopo l'intervento. Osservava gli occhi piatti di lei muoversi lentamente per la stanza, come se stesse seguendo una farfalla invisibile. Si avvicinò, ora più lentamente, parlando con un tono più pacato ma pronunciando parole altrettanto pesanti.
"Hai idea di quanto sia grave quello che hai fatto, sì?" Sospirò esasperata.
Artemis annuì con lo sguardo perso nel vuoto, continuando a torturarsi le garze sulle braccia.
"E vuoi dirmi perché, prima che cancelli la tua ciurma dall'esistenza?"
La giovane, ancora una volta, non rispose. Si portò solo una mano alla bocca, singhiozzando sommessamente nell'incavo del pollice.
"Non ha saputo, signora?" intervenne ora Tamatoa, in difesa della sua protetta "Trafalgar Law è morto. Ne è venuta a conoscenza ieri sera."
La notizia sconvolse la donna, il cui sguardo si svuotò dell'odio che aveva contenuto per lasciare il posto a un'inaspettata pietà.
Era stata lei stessa ad avanzare minacce simili, ma sapeva che il criterio di Artemis non l'avrebbe mai costretta a metterle in pratica. Dava per scontato che sarebbero state solo parole e che lo spauracchio di vedere i suoi cari in pericolo l'avrebbe tenuta al suo posto per tutto il tempo necessario, come era stato per anni prima di allora.
Eppure, si ricordò, quella mattina aveva trovato la vivre card sempre al solito posto. Certo, un po' annerita, ma c'era e cozzava violentemente con la realtà davanti a lei.
Ana si allontanò e prese Tamatoa da parte, mentre il viavai delle domestiche continuava rapido e incessante intorno a loro come se non esistessero.
"Com'è successo?" chiese, infondendo nella voce un dispiacere che celasse i suoi dubbi.
"È stato ucciso da Donquixote Doflamingo la scorsa notte. Purtroppo questo è tutto ciò che sappiamo. La signorina cercava qualcosa, immagino una vivre card, ma non l'ha trovata." rispose la dama, parlando lentamente. Ana notò quanto impegno mettesse nello scandire a forza le parole per attribuirgli un senso. Il suo volto era segnato, ma da qualcosa che suonava fuori posto, rispetto alla difficile notte insonne che le era stata descritta.
"Era qui per questo, quella bottiglia di gin?" Chiese con tono vagamente accusatorio.
"L'ha ordinata la signorina ieri sera."
"E i due bicchieri?"
Tamatoa esitò, la risposta bloccata in gola, limitata ad un incerto "Io..."
"Te lo spiego, nel caso tu abbia dimenticato anche questo." l'accusò la donna, con un fare più aspro "Ti ha chiesto di bere con lei, non è così? Ha sfruttato la concitazione del momento ed è riuscita a farti ubriacare al punto che quando ha raggiunto il bagno non ti sei accorta di niente. Scommetto che quando l'hai soccorsa non eri neppure pienamente lucida. Inoltre, dubito tu ti sia vista, ma hai un aspetto indecente."
Come per un riflesso condizionato, Tamatoa passò rapidamente le dita sottili sulle occhiaie scure che le orlavano gli occhi.
"No" mormorò allarmata "No, signora, le assicuro che sto bene, posso fare il mio lavoro come sempre."
"Non sarà necessario" decretò Ana: "Sei sospesa dall'incarico. Mi occuperò personalmente di Artemisa, d'ora in poi."
"Ma il Reverie è alle porte" avanzò la dama, in un tentativo estremo "Avrete molto lavoro da fare, vi assicuro che un evento simile non ricapiterà."
"Certo che non ricapiterà: non ho intenzione di rinnovarti la possibilità di deludermi. Sei congedata: fatti trovare un'altra mansione e sparisci dalla mia vista."
La grave accusa fece crollare il suolo sotto i piedi di Tamatoa, facendola sentire sola come mai prima, nonostante la sala fosse gremita. Con un incredulo, rassegnato cenno del capo, sussurrò un mesto "Agli ordini." e lasciò la stanza, non prima di lanciare un ultimo sguardo addolorato alla sagoma della sua protetta.

[One Piece OC] FacelessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora