Parte 6- Fino alla fine dei giorni

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Lentamente, Artemis cercò di connettere ogni parte del suo corpo, ma con scarso successo. Si sentiva spaccata, come se i suoi arti fossero scollegati, lontani chilometri l'uno dall'altro. La gamba sinistra le faceva ancora male, ma quasi certamente era guarita, sebbene le sarebbe servito qualche giorno per riprendere a camminare come si deve. Anche la mano destra si era ricostruita, riusciva a muovere tutte le dita e percepiva sotto i polpastrelli una stoffa spessa e morbida.
Sentiva un leggero rumorio intorno a sé, come un tintinnare di boccette che ad un certo punto cessò, spegnendosi nel cigolio di una sedia e in uno sbuffo.
"Beh, prima o poi ti sveglierai, no?" Sospirò con voce esausta la figura seduta accanto al letto, passandosi una mano tra gli spessi capelli azzurri. Le rivolse uno sguardo sconsolato e chiuse gli occhi, reclinando la testa.
La porta dell'infermeria gracchiò quasi nello stesso istante, annunciando l'ingresso di qualcuno seguito da una folata di aria gelida.
"Novità?" Chiese Kidd a mezza voce, avvicinandosi a Heat e storcendo il naso appena iniziò a respirare l'aria satura e carica di un certo senso di malattia.
"Niente di niente" affermò l'altro mestamente "è stabile: se è vero che non peggiora è altrettanto vero che non migliora. Si ricostruisce lentamente e...Dio, Capitano, è inquietante. É come vedere un cadavere che si decompone al contrario."
"Allora non c'è che da aspettare che torni a vivere, no?"
Una pausa carica di incertezza piombò come un macigno su quella conversazione: Heat non ne aveva alcuna idea. Niente suggeriva che avrebbe potuto svegliarsi in tempi brevi o che avrebbe potuto farlo affatto.
"Aspettare e sperare." Concluse dubbioso "Ho appena finito di somministrarle gli antibiotici. Va' pure a dormire, Capitano: ti manderò a chiamare se ci saranno novità."
Quelle parole avrebbero dovuto rassicurare Kidd, ma il medico era certo che quella notte non sarebbe stata diversa dalle tre precedenti: Eustass avrebbe continuato a camminare con fare nervoso lungo il ponte, fingendo di tanto in tanto di controllare la rotta, mentre lei avrebbe continuato a starsene lì immobile, come cristallizzata.
Kidd scosse impercettibilmente la testa.
"Lascia stare, Heat: hai già fatto abbastanza per lei."
Lui fece per ribattere, ma realizzò presto che cercare di smuovere il Capitano sarebbe stato inutile.
"Cerca di riposare: perderci il sonno non l'aiuterà a riprendersi più in fretta." Si raccomandò l'altro, lasciandogli una pacca sulla spalla e avviandosi verso l'uscita. Eustass fu sul punto di ruggirgli contro che non gli importava se lei ce l'avrebbe fatta o meno. Stava per gridargli che se Artemis si trovava lì era solo per togliere alla Marina la soddisfazione di averla presa. L'aveva promesso, no? Lui e nessun altro avrebbe messo fine alla vita della Senza-faccia. Avrebbe mostrato al mondo intero che nessuno si prende gioco di Eustass Kidd, né lei, né i Marines.
Ma non fece nessuna di queste cose. Si limitò ad un sommesso "Chiudi il becco" e prese il posto di Heat, incrociando le braccia sul petto e rivolgendo ad Artemis un'occhiata di traverso mentre il suo compagno lasciava la stanza.
Era pallida come uno spettro, notò, e il suo viso era rilassato. Non c'era traccia del dolore delle ferite o segni troppo evidenti del sarcasmo che velava il suo volto ogni volta che voleva che le sue parole arrivassero dritte a segno. Sembrava quasi indifesa. Quasi innocente. Nulla che fosse anche solo vagamente riconducibile a quel che era stata a Marineford.
All'improvviso, gli parve di vedere le labbra di lei tremare appena. Si passò una mano sul volto e ebbe l'impressione di sentirla ridere, quasi a prendersi gioco di lui con quel suo fare malizioso, come aveva fatto all'arcipelago Sabaody tempo prima. Quando rivolse di nuovo il suo sguardo verso di lei, Artemis era ancora terribilmente immobile, impassibile, con le garze di Heat a tenere saldati i pezzi nei quali aveva finito per sgretolarsi.
"Ci rivediamo nel Nuovo Mondo" borbottò lui "L'avevi promesso, no?"
Nessuna risposta. Che si aspettava, dopotutto?
Si tastò il petto: quel fastidio aveva ripreso a tormentarlo. Era una sensazione disgustosa che aveva iniziato ad attanagliarlo da poco tempo a quella parte e con cui non aveva ancora familiarizzato. Heat diceva che la sua salute era ottima, ma lui faticava a credergli. Era come un minuscolo cancro, gli si era aggrappato addosso dal nulla e lo sentiva crescere giorno dopo giorno, portandogli sensazioni che non gli piacevano, come un malessere che rendeva tutto schifosamente orribile, banale, privo di senso. Aveva iniziato a cambiare, perfino i suoi compagni l'avevano notato.
"Ohi, capitano! Non ti sarai mica innamorato, eh?"
"Doveva essere davvero uno schianto, quella Senza-faccia. Beh, non che quel che si vede non lo lasci immaginare..."
"Finitela, idioti: vi pare che perché una mi fa gli occhi dolci mi rammollisco così?"
Le discussioni, prima o poi, finivano per vertere sempre su quell'episodio: il grande Eustass Kidd, la più promettente e spietata tra le nuove leve, messo al tappeto dal primo ufficiale di una ciurma avversaria. La notizia non aveva circolato troppo, ma non tutti i suoi uomini avevano assistito al combattimento e tutto ciò che sapevano era stato riferito loro da Shachi e Penguin, vanitosi e orgogliosi oltre ogni misura del loro primo ufficiale, nonché abilissimi a tessere un merletto di dettagli e particolari reali, fittizi o veri solo in parte. Quella breve zuffa era stata ingigantita al punto da sembrare la guerra dei Vertici.
Prenderò la tua testa, Senza-faccia, dovessi inseguirti fino alla fine dei giorni.
Dall'arcipelago dove si stavano ancora leccando le ferite di Kizaru, aveva deciso di prendere tutto e andare a Marineford.
Per cosa poi? Quando erano arrivati era già tutto finito.
C'era solo lei, gettata tra le macerie come una bambola rotta. Avrebbe potuto ignorarla o finirla, sarebbe stata la cosa più logica da fare. Uno dei suoi avversari più diretti avrebbe perso un elemento importante della sua ciurma e questo significava essere un passo più vicino al One Piece. L'aveva osservata per qualche secondo, prima di realizzare che non aveva quasi il coraggio di puntarle contro una pistola. Lui, Eustass Kidd, aveva paura di uccidere. E da quando?
Più passavano i secondi e più una singola idea si faceva nitida nella sua mente: lei sarebbe dovuta essere insieme a quel capitano che tanto le stava a cuore, ma Law non c'era. Dov'era? Era sparito con Cappello di Paglia, lasciando indietro un suo compagno morente, ecco dov'era.
Che razza di pirata farebbe una cosa del genere?
"Parla." Le ordinò esasperato per l'ennesima volta da quando era arrivata, stringendole appena la mano fragile nella sua.
"Mi senti, maledetta? Dì qualcosa! Qualsiasi fottuta cosa, dannazione, fammi capire che ci sei. Non puoi tirarti indietro adesso. Ci sono idioti ben più deboli di te che sono arrivati al Nuovo Mondo, non puoi non farcela."
Ma lei non rispose, come non aveva risposto le notti precedenti. Restava immobile, fredda come il marmo e altrettanto impenetrabile mentre quella strana sensazione continuava a farsi sempre più gravosa nel cuore di Kidd ad ogni sua supplica rimasta inascoltata.

[One Piece OC] FacelessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora