Commiato.

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Sento gli sguardi di ghiacchio trafiggermi il petto, mentre percorro la navata al tuo fianco.
Non sarebbe mai dovuta andare così: avrei dovuto esserci io all'altare e tu all'ingresso con il tuo vestito bianco che sognavi da tempo.
Non sarebbe dovuta andare così  perché eri a letteramente due passi da casa, e in due minuti e ventisette secondi (l'avevamo calcolato, ti ricordi?) avresti armeggiato con le chiavi nella serratura e saresti venuta a baciare me. Che io lo meritassi o meno, non ti passava nemmeno nella testa. Eri uscita per fare una sorpresa a me, e se ora sei chiusa in quella bara è anche colpa mia.
La gente non lo sa, ma la gente vede che con la famiglia io non ero benvoluto, e i tuoi fratelli non mi vorrebbero qui. Lo sai tu, tutti lo sanno.
Questa chiesa è teatro di tutta la gente che conosci: la voce si è sparsa fino all'australia, e stipati sotto la volta stiamo tutti in lacrime per dire addio ad una come te.
Non ti saresti mai capacitata di tutta questa folla che ti si chiude intorno, tu che non ti vedevi mai abbastanza e mi dicevi che nessuno si sarebbe mai accorto della tua mancanza.
Beh, ce ne siamo accorti.
Ce ne siamo accorti in tanti.
Vedo la fila delle tue amiche, dei tuoi amici, dei tuoi parenti, di tutta la gente che ti ha avuto nella vita e che non avrebbe mai pensato di rivederti qui.
Fuori, fuori c'è l'intera scuola di equitazione, e il tuo cavallo sta senza sella, e coi paramenti neri, in fianco all'autobara da dove sei arrivata tu. Nei primi banchi e nei gradini, tutti i tuoi piccoli alunni stringono fra le mani una rosa ed io non ti so dire se almeno uno sta trattenendo le lacrime.
La quantità di fiori è impareggiabile, e un mucchio di gente ha voluto mettere qualcosa insieme a te all'obitorio.
Le tue labbra erano fredde, quando per l'ultima volta ti ho baciato, e non hai risposto al bacio.
Non avevi mai le labbra fredde.
Avevi sempre risposto ai miei baci.
Nemmeno la prima volta che ci siamo baciati, cos'era, il due dicembre duemiladodici? Beh, nemmeno li avevi le labbra fredde e, Dio, quel giorno nevicava e tu eri senza giacca perché eri convinta che i saluti con la giacca sono ingombranti.
Eri fatta così, e nessuno ti toglieva le idee dalla testa: caparbia, testarda, fedele.
Soprattutto fedele.
Fedele tanto da aspettare che uno come me mettesse la testa a posto e diventasse una persona a modo, una persona migliore.
Ora è troppo tardi. Ora perdo io.
Avrei dovuto cogliere le occasioni che mi hai dato, e invece sono qui, a guardare una bara bianca da cui non puoi tornare indietro.
Una delle tue amiche se ne sta seduta in fianco alla bara, con la fronte poggiata al legno duro, versandoci sopra una quantità indefinita di lacrime. Nessuno è in grado di spostarla. Non ricordo il suo nome, ma so che eravate legate da tanto tempo. All'obitorio era peggio di così. Ti ha baciato la fronte e guardato a lungo, piangendo, tremando, toccandoti le mani.
Ha messo un quadernino nero nella bara, dopo averlo sfogliato un'ultima volta, poi mi ha guardato, come a chiedermi di rimediare a tutto questo.
Ma io non ho potuto far niente, Mad, ho scosso la testa e lei mi ha carezzato la schiena come facevi tu. Mi ricorda te, quella ragazza. Non la posso guardare. Non posso proprio sopportare tutto questo dolore. Sono dilaniato.
Non sono capace di dirti addio, e il mio discorso di commiato è questo, nella mia testa, ma dopo gli interventi di tutti, so che tocca a me.
Ho tentato di scrivere qualcosa di meglio, ma dei due quella brava eri e resterai tu.
Avevo anche cercato tra i tuoi libri preferiti, ma nessuno, ne John Green, ne d'Avenia, insomma nessuno di quelli della tua biblioteca d'onore eguagliava tutto il dolore che scorreva liquido nel mio petto, un po' come il sangue nelle vene. Solo che ad un certo punto, prendendo la tua macchina per vederti ancora un poco, ho trovato il tuo album segreto e quel libro, Oceano mare, che ti avevo visto leggere più volte. Il segnalibro stava a pagina 149.
Lo leggo, Mad. A tutta la folla ora. Perché  un pezzo di te, penso che resterà chiuso qui, in questa chiesa, e loro meritano di sentire quello che provavi anche tu.
Leggo fino a pagina 153, e sembra che una delle tue amiche conosca il passo, lo mormora, e piange.
Piango anche io ora. Non mi fermo più.
C'è qualcuno o qualcosa che fa risuonare le note di 'All I want' dei Kodaline, e vaffanculo, lo sappiamo tutti che l'hai ascoltata più  o meno 14773628257225828153632881528235289254 volte, e spesso anche quando ero li con te, e mi dicevi che amavi questa canzone, ed io avevo cominciato a capire perché  proprio quando sei sparita: quando non ti sentivo più cantare il ritornello,
e non ti vedevo ballare,
e non mi baciavi mentre c'erano gli "oh oh oh oh oh" del cantante,
e non mi stringevi la mano quando arrivava "our love was made for movie screens",
e non c'eri, Maddalena, non c'eri più  ne per me ne per nessuno.
E fa male.
Fa male, e per dirla tutta una canzone così non la può ascoltare nessuno, a quanto sembra, perché stiamo per affogare nella chiesa.
Niente baci di saluto, questa volta.
L'addio è arrivato: ti portano via.
Non voglio che tu te ne vada, non vorrò mai una cosa più di quanto vorrei vederti viva e al mio fianco.
Ma mi dicono che è finita, quindi forse devo lasciarti andare.
Ti amo, e non so come farò a vivere senza di te, perché ormai eri una certezza, e adesso ho paura di tutte le volte in cui mi renderò conto che perdo pezzi di te, che non ricordo più i tuoi occhi, il tuo viso, la sensazione che mi davano quei baci, e tutta la vita che mi hai donato.
Sembrerà che faccia meno male, ma attualmente penso che questo dolore non mi lascerà mai.
Non addio, ma Arrivederci.
G.

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