Non aveva messo nessuna sveglia, non aveva nessuna fretta di iniziare quella giornata a cui non era riuscita a trovare un aggettivo.
Era stato per lei il primo segno di quanto fosse immenso il potere che quel ragazzo continuava ad avere sulla sua vita, sui suoi pensieri e sul suo cuore.
Lui la mandava in tilt, le faceva perdere il controllo, le parole e le idee, lui le accelerava il respiro e il battito del cuore, lui era in grado di trasformare poche parole in un'arma e di ferirla, ma non sapeva chiudere le porte, questo no.
Questo mai, perché anche lui nel suo cuore sapeva che lei non era come le altre, e quindi lasciava una sfesa, uno spiraglio, per permetterle di riaprirla quanto le bastava per entrare, tornare, nei momenti in cui i mostri sotto il letto e i mostri nella testa gli urlavano cos'era in grado di fare quella ragazza.
Allora meglio socchiudere la porta, non lasciare che la serratura scatti; meglio conservare quel minuscolo spazio che ancora li legava l'uno all'altra, nonostante tutto.
Aveva passato la notte a torturarsi alla ricerca di un maledetto aggettivo, da associare a quello a cui stava andando incontro, ma tra un'incubo e l'altro nemmeno la sua buona volontà era arrivata a risolvere l'articolato rompicapo che le si diramava nella mente.
Non riusciva ancora a capire come fosse possibile che lui avesse chiamato proprio lei, solo lei, per accoglierlo, per dargli ciò di cui aveva necessitato in quei nove, durissimi, mesi.
La stessa cosa si domandava lui, su quell'aereo.
Non si capacitava ancora di quanto fosse stato cieco negli anni precedenti, per non accorgersi di tutte le parole non dette, dei baci non dati e di quegli abbracci che entrambi necessitavano, ma non avevano mai avuto il coraggio di chiedere.
Solo ora, solo da poco, si rendeva conto dei segnali che il cuore tentava di mandargli ogni volta, accelerando come una vecchia locomotiva sulle rotaie, triplicando il battito ed aumentandolo l'intensità, quasi volendo balzare fuori dal petto, per unirsi a quello di lei come solo le loro labbra erano state capaci di fare ormai troppo tempo fa.
Rileggeva il suo messaggio, nonostante le hostess lo pregavano di spegnere il telefono, nonostante la rete non funzionasse in quel dannato aereo, e aveva paura, ancor più delle altre volte.
Questa era una battaglia da vincere, e lo spaventava più della guerra da cui faceva ritorno, quella che si era lasciato alle spalle quando aveva varcato le porte scorrevoli di quell'aereoporto affollato, così caotico per i suoi gusti.
Lo metteva più a suo agio quel rumore di sottofondo, quel vibrare dei motori, quasi impercettibile durante il volo, e lasciava che il continuo rollare dell'aereo conciliasse il suo sonno, per zittire tutte le domande che rumoreggiavano nella sua testa, come il costante suono del moto ondoso sulla riva del mare.
"Cosa dovrei dire?
Cosa dovrei fare?
Cosa si aspetta?
Arriverà in fretta?
Arriverà?
E mi perdonerà?
Se mi perdonerà?
E se non lo facesse?
E se lo facesse?
Cosa dovrei dire?
Cosa dovrei fare?
Allora magari dovremo?
Quindi alla fine saremo?
E se non fossimo noi?
E se non fossi io?
E se non fosse lei?
Come dovrei accorgermene?
Allora cosa sarei?
E lei chi sarebbe?
Magari la perderei!
Oppure mi perderebbe?
E per averla cosa darei?
E sono sicuro che sia lei?
E poi baciarla, dio lo vorrei?
Allora magari noi..
E se anche volessi, poi?
Come vorrei ci fossimo solo io e lei..."
Lo stordivano le sue stesse paure, e i suoi stessi dubbi, mentre l'aereo fendeva le bianche nuvole che sembravano fatte di panna, quella stessa panna che vi era sulla torta, quel giorno, quando lei era arrivata a sorpresa alla sua festa, mentre spegneva le candeline, e gli aveva posato una mano sulla spalla, mentre esprimeva il desiderio di avere qualcuno che lo amasse al suo fianco.
Nemmeno quella volta si era accorto dello sguardo negli occhi di lei, mentre lo stupore diventava felicità nel riabbracciarla, forte, ma non tanto quanto lei lo stringeva.
E piangeva, lui lo ricordava, piangeva di felicità, anzi, piangevano entrambi.
Avevano il medesimo bisogno di ritrovarsi sempre, anche dopo aver detto che non ci sarebbero stati più per nessuno.
E i loro amici l'avevano pregata, convinta ed invitata, e proprio i suoi genitori, che si accorgevano di quanto il figlio fosse restio a realizzare d'amarla, l'avevano presa in stazione e portata da lui.
Alla fine si vedeva, si vedeva che si amavano.
S'abbracciavano con gli occhi e baciavano coi sorrisi.
Vivevano distanti, eppure si accontentavano di vivere d'istanti, per amarsi con tutta la loro forza.
Negavano sempre però, d'amarsi a tal punto, per non rischiare di amarsi ancora di più.
Ma era chiaro a tutti, all'infuori di lui, che si amavano, come non amavano nessun altro.
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Sempre le solite, vecchie emozioni.
RomanceLa storia d'amore di due ragazzi che si erano amati tanto, si erano tenuti male e alla fine hanno vinto il loro orgoglio.