Disperazione

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Midoriya stava guardando il cielo stellato, era una cosa che gli piaceva fare, quelle luci lontane che brillavano immerse nel nero lo affascinavano, tutto era iniziato quando era appena un bambino, la madre una sera gli aveva mostrato il suo segno zodiacale, quello del cancro, erano in campeggio ma non riusciva a dormire, spaventato dai rumori del bosco, allora si erano stesi sull'erba a guardare le stelle, osservarle lo sollevava dai suoi problemi, dalle sue preoccupazioni, per pochi istanti gli pareva di essere là con loro, lontano da tutto e tutti. Quella volta rimase affascinato da come quei pochi punti luminosi nel cielo potessero avere un significato per molte persone e che in qualche modo lo avessero anche per lui, ovviamente non credeva nell'astrologia ed in tutto ciò che vi era correlato, ma comprendeva come alcune persone trovassero confortante l'idea che qualcosa di esterno potesse influenzare la loro vita, in fondo era lo stesso concetto alla base della religione.
Staccò una delle due mani dalla staccionata, la levò alta nel cielo e con l'indice iniziò a tracciare la costellazione dell'acquario, una delle costellazioni zodiacali visibili in autunno, e gli venne in mentre che si trattava del segno zodiacale della sua amica Asui. Non era un esperto di astronomia, ma era in grado di riconoscere i dodici gruppi dei rispettivi segni.
Si girò e si appoggiò al corrimano in legno, era ormai parecchio tempo che aspettava, vista la forte sensazione di torpore che iniziava a percepire alle dita sfregò tra di loro le mani, le portò alla bocca formando una coppa e vi soffiò dentro il suo fiato caldo, infine le infilò nelle tasche della sua spessa felpa verde scuro.
Cominciò a pensare che non avrebbe visto la persona che voleva incontrare, sapeva che usciva a fare una corsa notturna a giorni alterni, dava molta importanza all'allenamento e quindi aveva ritenuto l'esercizio fisico a basse temperature perfetto per temprare il corpo e la volontà, ed era a conoscenza che passava per quella strada, ma ormai era tardi, solitamente a quell'ora aveva già finito ed era rientrata in dormitorio.
Stava elencando nella sua testa tutti i possibili motivi per la quale non era ancora arrivata quando udì dei passi decisi avvicinarsi, si voltò speranzoso.
Una figura scura si stava muovendo a passo spedito, pian piano che la sagoma si avvicinava alla luce del lampione essa diveniva più definita. Aveva i capelli castani legati, nonostante non li avesse molto lunghi, indossava una tuta da jogging termica con la maglia rosa ed i pantaloni neri, aveva agganciato a circa metà del braccio un cellulare a cui erano collegate le cuffiette per accompagnare la corsa con della musica.
Lui si spostò verso il centro della stradina, precisamente sotto il lampione, per farsi notare.
"Ehy Uraraka" disse aggiungendo un cenno della mano quando la ragazza si trovava ancora a qualche metro di distanza.
Lei non sentì, per via della musica, ma comprese comunque cosa le aveva appena detto. Lo raggiunse, si tolse una delle cuffiette ma continuò a correre sul posto.
"Ciao Midoriya, che ci fai qui?" chiese raggiante ma col fiato rotto dalla corsa.
"Hai tempo di fermarti a fare due chiacchere? Volevo parlarti di una cosa"
"Certo" rispose con tono sorpreso.
Si fermò e tolse anche l'altra cuffietta, si dimenticò di fermare la canzone che vi era in riproduzione, la sua testa stava pensando alla singolare situazione che le si parava davanti.
Tra lei ed Izuku c'era un buon rapporto, si sostenevano a vicenda, si assistevano nell'allenarsi, si consigliavano, si confidavano e si aiutavano in qualunque modo, per cui non le era parso inconsueto che volesse parlarle di qualcosa in privato ma non comprendeva perché fosse venuto in quel posto ad aspettarla invece di venirla a trovare in camera o semplicemente farlo in uno dei tanti momenti che passavano insieme. Giunse alla conclusione che dovesse trattarsi di un argomento o molto urgente o molto importante.
"Ti alleni sempre duramente vedo" iniziò vagamente per non affrontare subito il nocciolo della questione.
"Come sempre" rispose soddisfatta mentre contraeva il bicipite per metterlo in mostra.
"Credo che nemmeno io o Bakugo potremmo allenarci tanto facendolo sembrare così facile, ti ammiro per questo"
"Sono obbligata, non ho un dono naturale come il vostro, se non mi impegnassi al 100% non potrei tenere il vostro passo e poi è anche merito tuo e dei tuoi consigli"
Midoriya continuava ad avere uno sguardo strano, non era né felice né pensieroso, come era normalmente, pareva teso come una corda di violino.
"Non sei venuto fino a qui per controllare come stessero procedendo i miei allenamenti, vero?" domandò con tono apprensivo poggiandogli una mano sulla spalla.
"Direi di no" rispose cercando di far comparire qualcosa di simile ad un nervoso sorriso.
"C'è qualcosa che ti turba?"
Lui prese un profondo respiro, chiuse gli occhi e si concentrò sull'aria fredda che gli riempiva gli alveoli, provocandoli una sensazione di bruciore, espirò riaprendo gli occhi.
"Ormai tutti quando mi guardano vedono il futuro simbolo della pace, molti mi ritengono il degno erede e successore di All Might e per alcuni diverrò anche più grande di lui. Devo tanto di quello che sono diventato alle persone che mi sono state vicine e mi hanno sostenuto, ma in particolar modo devo tanto a te. Senza di te non sarei nemmeno entrato alla UA, ma non è solo per quello, tu c'eri sempre quando serviva, quando contava, pronta a sostenermi ed a darmi fiducia, il tuo costante impegno mi spronava a superare i miei limiti e col tuo aiuto ci sono riuscito ogni volta"
"Sei sempre così duro con te stesso" lo interruppe con aria imbarazzata per via delle lusinghe, come le capitava spesso quando a fargliele era lui "tu non devi niente a nessuno, hai ricevuto dagli altri solo perché prima hai dato tutto ciò che potevi. Se ora sei chi sei è merito tuo, del tuo impegno e del duro lavoro che hai fatto e ti meriti tutto"
"Lasciami finire" disse senza cambiare espressione.
La cosa colpì la ragazza che subito tacque riacquisendo un'aria composta.
"Io ti voglio al mio fianco e non solo come Hero. Non ti voglio perdere né quando usciremo da questa scuola né per il resto della vita. Sei la persona che più conta per me e ti voglio con me per sempre"
Calò il silenzio.
Midoriya osservò il viso di Ochaco, aveva un'espressione combattuta, pareva dispiaciuta ma al tempo stesso fredda, non lo stava nemmeno guardando.
"Non credi...di essere un po' in ritardo?"
Questa risposta spiazzò completamente Izuku.
"Quando sono entrata qui alla UA tu sei stata la persona che più mi ha colpito e non solo perché mi hai salvato la vita durante il test d'ingresso. Io ti ammiravo, ammiravo la tua dedizione, la tua perseveranza, il tuo impegno, eri intelligente, gentile, altruista e sempre pronto a metterti in gioco. Avrei voluto essere per te quella persona speciale che tutti cercano nella vita ma tu avevi altro a cui pensare, eri così concretato sul tuo obiettivo da non accorgerti di ciò. Ad un certo punto ho capito che stavi andando dritto per la tua strada e non ti saresti fermato ad aspettarmi, così ho smesso di inseguirti ed ho iniziato a trovare la mia via. Mi dispiace, dire queste cose fa male anche a me, ma credo che sia tardi per noi"
Non vi era rimprovero nella sua voce, solo un profondo rammarico per ciò che sarebbe potuto essere ma non era stato.
Uraraka si rimise le cuffiette e riprese a correre più veloce di prima, le sembrò di non riuscire a sentire la musica, indipendentemente da quanto fosse alto il volume, e percepì che l'aria fredda stava portando via le lacrime che avevano iniziato a rigarle le guance.
Il ragazzo era rimasto immobile, come pietrificato, strinse forte i pugni, era così teso che i suoi muscoli stavano tremando, alzò lo sguardo al cielo e gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, avrebbe voluto mettersi a piangere ma non una singola lacrima gli inumidì gli occhi.
Rimase fermo sotto la fredda luce di quel lampione per non capì quanto tempo, sarebbero potuti essere secondi oppure ore e lui non avrebbe notato la differenza.
Si incamminò verso il dormitorio con passo lento, trascinato, pareva privo di volontà, come uno zombie , gli occhi spenti e fissi verso il basso con le braccia lasciate a penzolare, molli, senza forza.
Arrivò all'edificio della 3aA. Entrò e si diresse nella vuota sala comune. Si sedette su uno dei divanetti poggiando i gomiti sulle cosce, piegò il capo, fissando il tappeto verde, mettendosi le mani tra i capelli.
Tutto ciò che aveva detto Ochako era vero, e questo non faceva che fargli ancora più male.
Una volta in un fumetto aveva letto che da grandi poteri derivavano grandi responsabilità ed in quel periodo stava comprendendo tutta la veridicità di quelle parole. Tutta le pressioni delle aspettative che gli altri stavano avendo su di lui lo stavano schiacciando, lo stavano opprimendo, per soddisfare tutte le attese che gli gravavano sopra per molto tempo aveva tenuto a debita distanza determinati sentimenti ritenendoli delle distrazioni per il suo obiettivo, ma ora stava comprendendo che gli servivano per poter andare avanti, che non erano distrazioni ma evasioni che gli necessitavano per staccare la spina, per alleviare lo stress che lo stava consumando. Aveva stupidamente compreso troppo tardi quanto era importante l'amore che provava per Uraraka ed ora aveva perso la sua occasione. Non sapeva cosa avrebbe potuto fare, non sapeva se ce l'avrebbe fatta anche senza di esso, sapeva solo che ne aveva bisogno.
Mentre era lì, inerme, travolto dai suoi errori e dalle sue preoccupazioni qualcuno gli poggiò la mano sulla spalla.

Tutto in una notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora