La risposta è andarsene

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Dopo la festa Giulia ed io non ci siamo più sentiti, e ancor meno ci siamo visti. Ho continuato la mia vita come prima, tra feste, lavoro e amici.

Mia madre a lavoro continua a spremerci come limoni, vuole il meglio e non ci da tregua. Se però sei il figlio di Susanna Davis, sei spremuto comunque e per qualsiasi cosa.

È una tranquilla serata di fine agosto, ormai le vacanze estive volgono al termine ed ecco che mia madre decide di affrontare nuovamente il discorso università.

“Tesoro” esordisce sedendomi accanto nella panca in terrazza “Sai bene che non voglio obbligarti a fare nulla, ma hai più pensato al discorso dell’università? Sai, sei un ragazzo talentuoso, potresti frequentare qualsiasi corso tu voglia e diventare qualsiasi cosa. Certo, se scegliessi di intraprendere la carriera giornalistica sai bene che saresti il mio erede. La mia rivista è di successo e ben consolidata nel mondo dell’editoria, tu conosci già sia i ritmi sia i metodi di lavoro. Sarebbe una bella tradizione di famiglia che tu ereditassi il mio impero quando arriverà il momento, non ho lavorato a vuoto e ancor meno desidero che un estraneo, che non è sangue del mio sangue, entri a capo di ciò per cui ho dato la vita. Tesoro, cerca di affrettarti a iscriverti, la facoltà di giornalismo non terrà un posto libero per te solo perché sei un Davis”.

Eccola che comincia. No tesoro, non ti obbligo, non ti metto fretta; ma se non sai che fare della tua vita io avrei già deciso. E se io non volessi diventare un giornalista?

“Mamma ma ti sei sentita?” ribatto alzandomi di scatto.

“Non mi sembra di aver detto nulla per cui..”.

Non le lascio finire la frase “No, tu non dici mai nulla e non fai mai nulla. Tu non mi metti mai pressioni vero? Ti sei chiesta cosa voglio fare io della mia vita? Forse fare il giornalista mi piace, ma se non fosse la mia prima aspirazione? Certo, per te è facile parlare a me come fossi un tuo dipendente, ma io sono tuo figlio e sono stanco di sentirmi sempre sotto pressione. Prova a tacere per un attimo e ascolta quello che ti dico, e ancor più ascolta quello che non dico. Tu dici di volermi imporre nulla ma a me sembra che invece tu stia facendo il contrario. Sono stanco di sentirti dire che hai costruito tutto questo per me, perché sappiamo bene che prima di tutto l’hai fatto per te stessa. Sei solo un egoista stacanovista”.

“Nicola Davis, non azzardarti a parlarmi così” risponde alzandosi anche lei e fissandomi “ E che ti piaccia o no, tu diventerai un giornalista e il direttore della rivista. Tra cinque giorni c’è il test di ammissione, se non ci andrai di tua spontanea volontà, ti ci porto io. Con questo la discussione è chiusa”.

“No. Tra cinque giorni vedremo chi l’avrà vinta”.

“Illuso, sono tua madre e farai quello che ti dico”.

“Non vedo perché dovrei”.

“Perché sei un Davis, ecco perché”.

Me ne vado, non ho intenzione di stare nella casa con lei stasera.

Tutti ammirano mia madre, ammirano la sua determinazione e caparbietà, la elogiano come fosse una dea o un essere superiore, ma la verità è che essere suo figlio non è solo rose e fiori. Essere il figlio di Susanna Davis ha anche un sacco di aspetti negativi. È vero, è riuscita a costruirsi un impero dal nulla e senza l’aiuto dei suoi genitori. I nonni Davis non erano per niente d’accordo con la sua scelta di fondare un giornale dal nulla, lo consideravano un azzardo, un tentativo fallito ancor prima di iniziare e avrebbero preferito che la figlia si fosse accontentata di fare la commessa per il supermercato sotto casa. Lei no, si ribellò e disse loro che era una sua scelta, che sapeva quello che stava facendo e che si sarebbero pentiti di aver giudicata azzardata una decisione che al contrario si rivelò decisiva.

Mi ha regalato una vita agiata, sono ricco e forse anche viziato è vero. Non devo chiedere mai perché posso avere tutto quello che voglio e fare ciò che voglio. Però c’è anche un lato negativo nell’essere il figlio di Susanna Davis; ed è che sei sempre e costantemente messo a paragone con quello che ha fatto tua madre alla tua età e che lei ha già deciso per te del tuo futuro. E non è bello fingere che vada tutto bene, che lei è una madre premurosa e attenta, perché non è sempre vero.

Sono contento di quello che mi ha dato e sono orgoglioso di essere suo figlio, ma detesto quando mi s’impone cosa fare della mia vita.

Cammino finché non arrivo a casa di Matteo. Francesco è da Silvia stasera, festeggiano tre settimane di frequentazione, bleah.

Il giorno in cui diventerò così smielato da festeggiare le settimane di frequentazione vi prego, anzi, vi autorizzo a picchiarmi, a legarmi al letto con la camicia di forza. Un uomo non dovrebbe mai essere così romantico, lo dice anche il teorema “Prendi una donna, trattala male e falla sentire poco importante e vedrai che lei ti amerà, fuori dal letto, nessuna pietà”. Silvia dice che sono uno stronzo maschilista, che di solito il genere di ragazzi cui appartengo sono i primi a diventare servizievoli se incontrano la donna giusta, che tra dieci anni massimo sarò sposato e con prole, che avrò finito con le serate brave e le fughe dell’ultimo minuto. Quando me l’ha detto, sono scoppiato in una fragorosa risata, e con me anche i miei due moschettieri.

Matteo di tutta risposta ha detto “Silvia, sai com’è fatto il nostro Nicola. Non deve chiedere mai, è difficile domarlo. Non sono sicuro che esista una donna capace di trasformare un leone in un agnellino. E anche se esistesse, lui è troppo testardo e orgoglioso per cedere, mi sa che ti sbagli”.

Torniamo a noi. Sono arrivato da Matteo, lo chiamo sul cellulare e finalmente alla quinta chiamata risponde e mi apre.

“Ma che cavolo stavi facendo alle dieci e mezza di sera?” commento buttandomi sul suo letto.

“Ho preso sonno, ero distrutto. No scusa, sono distrutto!” commenta sbadigliando appoggiato alla scrivania.

“La notte è giovane amico, vestiti e usciamo”.

“E stasera io troppo stanco per darti retta”.

“Ma dai! Non fare storie”.

“No dico davvero, domani ho la sveglia alle sei, devo aiutare mia sorella col trasferimento”.

“Non ci pensare, faccio una telefonata e ti libero dalla rogna. Ho un amico che mi deve un favore”.

“Non davvero Nico, non serve.. ” ma è tutto inutile, sono già col telefono in mano.

Più tardi, ci troviamo in terrazza con una bottiglia di vino d’annata.

Gli racconto della discussione con mia madre. Matteo ormai non si stupisce, ma questa volta la sua posizione mi lascia un po’ perplesso.

“Nico, sai bene che tua madre non è una donna cattiva. Tu pensi sia egoista, ma non penso sia del tutto vero. Tu forse non riesci a vedere le cose in modo obiettivo, ma ora non si tratta più di lei, dei suoi obiettivi. Lei ha già raggiunto quello che voleva e ora vuole solo che anche tu raggiunga i tuoi. Non capisco questa tua ostinazione ad andarle contro, sei un bravo giornalista e le tue doti organizzative sono note a tutte, basta vedere come hai organizzato la festa per Francesco, hai allestito un party da favola tutto da solo! Io fossi in te ci penserei bene. Secondo me fai una cazzata se non ti presenti a quel test. Anzi sai che ti dico? Tu stasera dormi qua e domattina ce ne andiamo via fino al giorno del test. Solo tu ed io. Stacca la spina amico, e vedrai che fra tre giorni la penserai diversamente.”.

Le sue parole mi hanno fatto riflettere, forse non ha tutti i torti. Obiettivamente sono un bravo giornalista e anche le mie doti organizzative non sono male, ma rimane che odio che altri decidano per me, odio le imposizioni, anche se vengono da mia madre.

Forse andarmene qualche giorno mi servirà, e anche se così non fosse, mi sono fatto un’altra vacanza.

Mando un sms a mia madre e spengo il cellulare, così nessuno non potrà disturbarmi.

Ciao ciao realtà, io scappo.

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