2.2. Forse oggi non verrai maledetto

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"Okay, non dirò niente. Se sei convinto che ti abbiano maledetto, tranquillo, stasera stai a casa e riposati. Medita sulla tua sventura mentre noi andiamo a prenderci una birra. Va bene?"

"Va bene?! Potrebbe essere il mio ultimo giorno sulla terra e voi andate a bere una birra senza di me?".

"Magari volevi passarlo chiedendo perdono al Signore onnipotente per i tuoi peccati. Oppure a Giove per aver avuto la fede sbagliata".

"No no no, anche Gesù passò la sua ultima sera sulla terra mangiando con i suoi amici. Non potete escludermi!"

Cato alzò gli occhi al cielo. "Dei, Adri, stavo scherzando, muoviti. Che dobbiamo andare a studiare".

Livia e Ibrahim li raggiunsero. "Tutto bene?" chiese la prima.

"Adriano pensa che l'abbiano maledetto e che domani morirà. Ora volevamo andare a studiare, poi questa sera birretta?".

Ripresero a scendere le scale e uscirono dall'edificio nel giro di cinque minuti. Sembrava che il mondo all'esterno avesse aspettato il momento giusto per accoglierli con dei raggi di sole. Era pomeriggio, ma c'era ancora tempo prima di sera. Il sole splendeva convintissimo sulla facciata principale dell'Università con le sue mattonelle rossastre scolorite dalle piogge acide. Cato cercò con lo sguardo le streghe in corso con loro, ma non ne vide nemmeno una. Poi all'improvviso Ibrahim lo prese per lo zaino e lo strattonò all'indietro.

"Porca miseria!" urlò Adriano scattando verso Cato. Il ragazzo avrebbe voluto voltarsi ma i due lo tennero fermo e nel giro di mezzo secondo gli tolsero lo zaino strappandoglielo di dosso e lo fecero cadere per terra.

"Ma che cavolo fate?!" disse Cato, liberandosi dalla loro presa. Livia fissava lo zaino a bocca aperta. "Il tuo zaino stava prendendo fuoco". Lo guardò immediatamente, a terra sul selciato. Immobile, magari sporco di polvere. "Io non vedo niente" sbottò prendendo la borsa e osservandola. Alzò lo sguardo verso i suoi amici. Livia aveva fatto un passo indietro assieme ad Adriano, solo Ibrahim sembrava aver capito di aver avuto una reazione esagerata. "Dammi qua", disse prendendogli di mano lo zaino e aprendolo. Cato guardò all'interno e si stupì di vedere all'interno un volantino di colore giallo campeggiare sopra i suoi libri. Era certo al 100% che non fosse suo. La prese e lo lesse tra sé e sé.

"È un invito" disse. Gli altri si erano di nuovo avvicinati a lui con fare incuriosito.

"È il volantino di un bar" puntualizzò Ibrahim guardando dall'alto. "Magari è questo a essere comparso".

"Mio non è" rispose Cato, leggendo il resto del volantino e poi girandolo. Sul retro, scritto a penna blu, campeggiava una grafia tondeggiante e infantile. "Invito a sorpresa! Ci vediamo questa sera! Pal".

"Aseptta. Pal? Quella col maglione blu non ha forse detto di chiamarsi Palla?" disse Adriano.

"Pallia" lo corresse Ibrahim. "Questo bar qui è in zona Città Studenti, vicino alla stazione. Ci sono andato un paio di volte con la mia ragazza al primo anno. Non sapevo fosse frequentato da streghe".

"Magari è cambiata la gestione" abbozzò Livia. "Ma è un invito a che cosa?"

Cato tornò a guardare le parole colorate sul campo giallo. "Live band & Drink. A quanto pare c'è qualcuno che suona e il primo drink è scontato".

Cato guardò tutti i tre i suoi amici e alzò le sopracciglia, inquisendo una risposta. "Andiamo?".

"Sicuro ci sia una buona idea?" chiese Livia.

"Magari erano solo timide di parlarci a lezione. Se devo essere onesto, nemmeno noi siamo stati super amichevoli. Magari davvero vogliono solo bere una birra. Cosa che avremmo fatto in ogni caso" disse Ibrahim incrociando le braccia massicce e facendo spallucce. "Se poi non volete venire, va bene uguale".

"No, io ci vengo volentieri" disse Cato annuendo. "Al massimo se la compagnia non è granché c'è la musica. Ed è un bar, miei dei, non un Sabba. E poi è un luogo pubblico, non può succedere niente di male".

Adriano alzò gli occhi al cielo. "Prima una maledizione e adesso andiamo a bere con delle streghe. Cos'altro oggi?"

"Potrei per esempio accoltellarti se questo ti aiutasse a mettere le cose nella giusta prospettiva di gravità. Pensaci, una birra con quattro streghe o una coltellata?" Si diressero in silenzio verso la metropolitana per andare in università. La loro università. La facciata in stile Latino dominava un piazzale gigantesco dove gruppo di studenti parlavano, fumavano e studiavano sulle panchine. Cato amava quel posto. Si sentiva a suo agio nei corridoi dal soffitto altissimo coi pavimenti di marmo e i finestroni che davanti sui cortili interni.

Trovarono posto in un'aula studio e si misero seduti. Lanciò un'occhiata di sfuggita ad Adriano. Sembrava avesse morso un limone, e poteva benissimo immaginare cose gli stesse passando per la testa. Ma non l'avrebbe data vinta alle sue paure. Lo lasciò stare nel suo brodo e sperò che gli passasse prima di uscire. Livia doveva aver avuto lo stesso pensiero, visto che una volta usciti dall'aula, attraversando il piazzale sotto la luce gialla dei lampioni appena accesi, gli disse: "Se non ti ripigli, giuro che ti lasciamo qui". Fu come se l'avesse appena schiaffeggiato. Si fermò e li guardò imbronciato. "Non mi piace per niente. E se questa sera facciamo la figura dei cretini potrò dirvi che ve l'avevo detto".

I tre lo fissarono tranquilli. "Va bene, okay, potrai dirlo, permesso accordato. Ora vogliamo andare?".

Arrivarono al bar che si era già raccolta una piccola folla di persone all'interno, ma riuscirono a trovare un tavolo. Il posto era carino, i muri coperti di vecchi cd e il bancone tappezzato di sticker della più varia natura. Si respirava aria di serata tranquilla. Cato si rese conto che non erano gli unici studenti andati direttamente dall'aula al bancone per una birra. Iniziò a cercare le streghe tra la folla quando vide svettare, nell'angolo sinistro del locale, proprio vicino a dove sembrava essere lo spazio della band, una testa rapata a zero. Un viso dagli angoli taglienti. Accanto si intravedeva appena una figura completamente vestita di bianco.

"Eccole!" indicò Cato, tenendo in mano il volantino. I quattro si avviarono verso le streghe e in un millesimo di secondo vide la strega più alta voltarsi vero di loro. Vide la smorfia di orrore dipingersi sul suo viso, per poi trasformarsi in fastidio e rabbia. La vide richiamare subito l'attenzione delle sue amiche e subito dopo si mossero verso di loro.

"Ve l'avevo detto io".

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