Chanej la seguì, arraffando una bottiglia di birra e una di vino da una ciotola piena di ghiaccio. Bastiardo le si era appollaiato sulla spalla e non sembrava minimamente spaventato da tutta la confusione. Pallia stava parlando fitto fitto con Ibrahim e Livia aveva ripreso in mano il suo bicchiere.
"Ti stai annoiando?" chiese Chanej appoggiando le bottiglie sopra il piccolo mobile appoggiato al muro. Cato scosse la testa. "È difficile godersi la festa con dei pensieri così pesanti".
"Esattamente quello che abbiamo detto a Tibu. Ora possiamo rimangiarci quel che abbiamo detto, accompagnato da un sorso di birra. O preferisci del vino rosa?"
"Birra, per carità. Birra".
La ragazza gli passò un grosso bicchiere di carta e dopo aver aperto la bottiglia con un gesto rapido della mano, gliene versò un po' nel bicchiere. "Fa schifo come situazione. Ma è quello che abbiamo in questo momento, anche questa festa. Goditela, che la merda ci aspetta comunque domani mattina. Non andrà da nessuna parte e in questo momento non possiamo assolutamente farci niente".
"È una sensazione orribile" rispose dopo aver bevuto un piccolo sorso di birra.
"Il senso di impotenza? Sì. Lo è" disse lei versandosi a sua volta un bicchiere. Kizia comparve con due piatti colmi di diverse pizzette e salatini che non sapeva classificare. "Vi siete già dati all'alcool?".
"Per accompagnare la tristezza" rispose Chanej prendendo una pizzetta. "Dov'è Mita?"
"In camera a vedere un documentario sulla Grande Guerra. Puoi lasciare Bastiardo di là con lei se vuoi, ho proposto a Gerda di stare di là, ma vuole tenere Pallia sotto controllo". Cato si girò e vide che la topolina era seduta sulla testa della sua strega e osservava con intensità Ibrahim. "Mi chiedo cosa stia tenendo d'occhio" rispose Cato, bevendo un altro sorso. Lo sguardo di Pallia su Ibrahim era tutt'altro che fraintendibile, ma Ibrahim sembrava proprio non accorgersene, o faceva di tutto per non dare troppi indizi.
"Era solo questione di tempo" disse Kizia. "Il fascino di Pallia è irresistibile". Fece spallucce e appoggiò i piatti. "Vai a portare di là la palla di ciccia, prima che metta le sue zampacce su un pezzo di torta".
Non sapeva ai ricci piacesse la torta, ma dal modo in cui il famiglio si girò improvvisamente verso Kizia e la guardò con quei suoi occhietti neri e alieni capì che forse non a tutti ricci, ma di sicuro a Bastiardo sì. Chanej si accorse del movimento del riccio e lo prese delicatamente in mano. "Ora di portarti dalla bambinaia, ciccio". Bastiardo si dimenò con le sue zampette corte cercando di liberarsi, ma non riuscì a fuggire alla presa di Chanej, che si allontanò. Riuscì a vederlo scoprire le piccole zanne e arricciare il muso, forse nel tentativo di essere spaventoso, senza riuscirci.
"Il tuo famiglio non ama la compagnia?" chiese Cato. Non aveva mai visto la famosa Alma ma ne aveva sentito a parlare. A quanto pareva amava i documentari.
"Non di questo tipo" rispose Kizia. "Preferisce i documentari e stasera ce n'è uno molto interessante sul Vallo di Adriano, non se lo sarebbe persa per niente al mondo".
"Un famiglio col pallino per la cultura, direi"
"Alma è un tipo accademico, al contrario di Sebas e di Gerda, che sono più per l'azione".
"Bradamante di che tipo è?" chiese, incuriosito.
"E chi la capisce? Temo nemmeno Tibu la capisca davvero, non parla e non esprime. Anche Alma dice che è uno spirito molto particolare, addirittura per gli standard spirituali".
In effetti il concetto stesso di un famiglio composto da diversi famigli più piccoli lo confondeva a sufficienza. Decise di non indagare.
"A proposito di famigli" disse Kizia distogliendo lo sguardo da lui e fissandolo su qualcosa alle sue spalle. Cato si voltò e vide che Naria, il padrone di casa, stava tenendo in braccio il gatto più grosso che avesse mai visto. Forse troppo grosso per essere un gatto. Era coperto da un mantello di fiori e farfalle e non sembrava gradire troppo il flash delle macchine fotografiche e dei cellulari, e nemmeno l'essere tenuto in braccio come un grosso bambino riottoso. Si poteva sentire il ringhio infastidito dall'altro lato della stanza. Seguì Kizia che si fece strada alla carica, spostando persone e palloncini allo stesso modo. Allungò le mani incurante della persona che stava scattando la foto e prese di mano l'animale a Naria, per lasciarlo poi immediatamente andare.
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Cave magam
Teen FictionLe streghe e gli umani non si amano particolarmente, nemmeno a Mediterra, dove sono costretti a vivere gomito a gomito, la metropoli che sembra avere spazio per tutti. Ma è solo un'apparenza. Le studentesse dell'Accademia dei Riti di Ecate e Proserp...