3. Mai traslare nelle borse altrui

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Prima che potesse anche solo pensare al fatto che, magari, fosse una coincidenza, il cervello le suggerì di partire alla carica. E così fece, in poche falcate bruciò la distanza tra il loro tavolo e il gruppo di umani. Tibu la seguì borbottando arrabbiata cose che non riuscì a capire, concentrata com'era a fissarli. Se solo avesse avuto il potere di incendiare le cose con lo sguardo avrebbe scavato un buco fumante sulla fronte dell'umano biondo con la barba.

"Che cosa ci fate qui?" chiese fermandosi a un passo da loro con le braccia conserte. Erano un gruppetto assortito e ricordava solo due dei loro nomi, ma sarebbe stato più che sufficiente.

Quello biondo, Cato, al posto di indietreggiare, come la ragazza con maglioncino rosso Natale, le porse un volantino giallo. Sapeva benissimo cos'era ma lo prese comunque in mano. Tibu, accanto a lei, invece, non si fece distrarre così facilmente. Sorrise, alzò le sopracciglia e si tenne le mani. "Buonasera, signori. Spero davvero non ci abbiate seguito fino a qui. Sarebbe stato molto imprudente da parte vostra".

"Seguite?! – rispose Cato – Siete state voi a far comparire l'invito nel mio zaino!". Le strappò di mano il volantino e lo girò, di modo che potesse vedere cosa c'era scritto sul retro. Nell'inconfondibile grafia di Pallia c'era scritto chiaramente "Invito a sorpresa".

Chanej si girò verso Pallia che stava guardando la scena da lontano, gli occhi sottili e sospettosi, mente Kizia al suo fianco stringeva la borsa col suo cambio di vestiti come se volesse usarla come corpo contundente. Si girò di nuovo verso gli umani. "Senti, davvero, penso che non sia proprio il caso. La vedi? Non penso proprio vi abbia invitato".

Quello alto con i riccioli si fece avanti e disse semplicemente che avrebbero potuto chiedere a Pallia direttamente. "In fondo è firmato da lei. Dobbiamo chiederlo a lei".

Chanej avrebbe preferito tenerli lontani. Era la sera del suo concerto, non voleva farla sentire minacciata. Rimaneva però che la grafia fosse la sua. Tibu, nonostante il tono sicuro, sembrava pensierosa. "Aspetta" disse e recuperò la propria borsa di lana cotta dal tavolo e ne estrasse un invito assolutamente identico. "È uguale a questo. Me l'ha traslato in borsa questa mattina Pallia". Chanej non aveva ricevuto nulla nella propria borsa, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa fu Pallia stessa a intromettersi. "Sentite. Tra cinque minuti devo andare a cambiarmi. Chiariamo quale sia il problema."

I due gruppi si guardarono per un secondo prima che Livia prendesse la parola. Era una ragazza dal viso particolare, molto triangolare, con gli occhi sottili. E, come ragazza, forse perché era la più bassa, sembrava stonare tra quei tre ragazzotti. "È arrivato questo invito nella cartella di Cato" disse accennando al foglietto giallo. "C'è la tua firma dietro". Pallia scosse la testa senza nemmeno prendere in considerazione l'invito. "No, non l'ho inviato a voi. L'ho traslato nella borsa di Tibu, Chanej e Kizia".

Qualcosa però suonava storto nella mente di Chanej. Lei non aveva ricevuto niente, quando all'improvviso si ricordò di qualcosa che prima le era sfuggito. "No, aspetta. Pallia, a me non è arrivato niente".

Kizia si intromise. "Certo che non ti è arrivato nulla, hai cucito le rune protettive all'interno dello zaino". E aveva ragione. Le tornarono in mente i segni che aveva cucito solo tre settimane prima nella fodera. "Il mio zaino è impenetrabile da magia, non può essere arrivato".

Pallia sospirò. "Il volantino è partito, ho chiaramente visualizzato il tuo zaino, durante la lezione del seminario. Ti sarà arrivato e ti sarà anche caduto, perché non è possibile che io l'abbia traslato nella cartella di qualcun altro".

"A meno che non siano identiche" disse Chanej, ripetendo una regola di cui era facile dimenticarsi con gli incantesimi di rilocazione. Allungò una mano verso lo spallaccio e mosse velocemente la mano a formare due rune. Lo zaino si sfilò da solo dalle spalle di Cato e andò a farsi prendere in mano come un animale addomesticato. La cartella era di pelle bruna, con una fibbia di ottone a chiuderla. Le cuciture erano scure ed era incredibilmente simile al suo, se non fosse stato per quelle rune cucite all'interno, dato che era certa quello zaino ne fosse sprovvisto. Alzò lo sguardo sugli umani e vide le pupille dilatate e la rigidezza nella mascella del ragazzo che non aveva ancora spiccicato una parola.

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