16. Filogenesi della teoria dei famigli

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Stava aspettando fuori dall'ingresso già da un quarto d'ora e, stranamente per il personaggio, Kizia era dannatamente in ritardo. Gli aveva detto di farsi trovare fuori alle 16:00 in punto ed erano le 16:15. Di lei nemmeno l'ombra. Erano passati dei ragazzi che l'avevano squadrato, seduto sui gradini a leggere, aveva intravisto Pallia al bar dall'altro lato della strada con delle sue compagne di corso che non conosceva. Poi il cielo si era rannuvolato e l'aria aveva iniziato a soffiare furiosa e fredda. Chiuse il libro e cercò i guanti nelle tasche, per tentare di continuare a leggere senza perdere un dito per il freddo. Mentre cercava sentì una voce familiare alle proprie spalle. "Cato. Aspetti Kizia?".

Si voltò e vide Chanej, anche lei appena uscita dall'edificio, con una pila di libri sottobraccio e una grossa sciarpa rossa a coprire quasi metà del viso. Sembrava scomparire nel cappotto di almeno tre taglie più grande di lei. "Ciao!" salutò. "Sì, mi ha detto che ci saremmo trovati alle 16... ma è in ritardo".

"Non è da lei. Sono sicura che sarà colpa di un qualche professore in ritardo. Ultimamente è sempre a colloquio o alla ricerca di articoli per la tesi".

"Sai se ci sono novità su quel fronte? Mi sembra un argomento abbastanza delicato" rispose. In effetti ogni volta che saltava fuori l'argomento "tesi", Kizia diventava una statua di marmo e chiedeva con risolutezza glaciale di cambiare argomento. Era successo due volte per sbaglio, poi Cato aveva imparato che non era il caso di stuzzicare. "Non che io sappia. So che è molto frustrata dal non essere ancora riuscita a mettere le mani su un relatore. Ma Kizia è fatta così, è inutile chiederle qualcosa che lei non ha intenzione di dirti. Quando sarà pronta sarà la prima a fartelo presente. Quindi, se è in ritardo, ci sarà una ragione". La ragazza fece spallucce e abbozzò un sorriso sghembo. Il rapporto tra Kizia e Chanej gli risultava incomprensibile, ma sembravano, pur essendo diverse come il giorno e la notte, capire la reciproca lingua. "Non ti dà fastidio che non vi tenga aggiornate?"

"Sarebbe come essere infastiditi con un cane perché abbaia. È fatta così, ha bisogno del suo spazio. Sai invece chi avrebbe bisogno di uscire dal proprio spazio? Adriano"

Cato si ricordò che Ibrahim aveva invitato giusto la sera prima tutti gli altri a studiare per il progetto nel suo appartamento. Tibu aveva rifiutato, preferendo trovarsi in biblioteca con Livia il sabato mattina, mentre Chanej e Adriano avrebbero approfittato dell'invito. Adriano non aveva fatto parola dell'accaduto, ma era chiaro che la cosa non gli piaceva e non riusciva a trovare un modo di non essere segretamente terrorizzato dalle streghe, prime fra tutte proprio Chanej e Kizia. "Non risponde ai tuoi messaggi?" chiese Cato, pur sapendo quale sarebbe stata la risposta. Tra tutti loro Adriano era quello che stava avendo più problemi nel rapportarsi con qualsiasi tipo di magico. Immaginò che per loro l'amicizia con lui fosse difficile da capire, proprio come per lui la loro. Adriano era nervoso, sempre sull'attenti, ossessionato dai risultati accademici, e come se non bastasse era cresciuto frequentando un solo tipo di persone: la Mediterra bene con le camicie griffate, club sportivi domenicali, e fervidi credenti tradizionalisti. Non esattamente una compagnia varia che lo aveva preparato al mondo variegato dell'università.

"No che non risponde. Ogni volta che gli parlo sembra avere paura che io possa mangiarlo. Mi ha fatto scegliere l'argomento senza nemmeno proferire parola" si lamentò Chanej. "Mi ha fatto ritirare tutti i libri in biblioteca perché non voleva farsi vedere con dei libri magici. Non ha voluto fare a metà", riprese accennando ai libri che portava. Su questo ci sarebbe stato molto da dire e da spiegare, ma Cato riconobbe a sé stesso che non era il suo ruolo farlo. Tutto nel mondo era sempre una sorpresa per Adriano, bisognava portare pazienza, anche se la strega che si trovava davanti in quel momento non sembrava ben disposta a farlo.

"Devi avere pazienza, Chanej. Come Kizia, ha bisogno del suo spazio" rispose con un sorriso. La ragazza arricciò le labbra e sospirò, trattenendo il fastidio. "Va bene" disse tra i denti, imitando un sorriso benevolo e aperto, riuscendo solamente a sembrare crudele.

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