Esattamente come per anni l'unica influenza rilevante nella sua vita era stata la sua famiglia, ora l'influenza stava diventano quell'insperata e inattesa, scomoda, fastidiosa compagnia di persone che non avrebbe mai volontariamente cercato. Si fece un appunto mentale di ringraziare Cato e Livia, quelli che l'avevano praticamente costretto a iscriversi con loro, attirandolo con i 10 crediti senza progetto pratico.
"Grazie mille" disse Pallia alzandosi dalla panchina di ferro bucherellato. La cabina gialla si avvicinava cigolando pesantemente, i fari che gettavano due coni di luce sull'impasto di foglie marce accumulate tra i due binari. "Di niente" rispose abbozzando un sorriso. Fu certo di vedere gli angoli della bocca di Chanej alzarsi impercettibilmente mentre prendeva la tessera abbonamento dei mezzi dalla tasca laterale della sua cartella di pelle.
"Ti scrivo per il progetto" gli disse prima di salutare con un gesto della mano e seguire Pallia sul tram. La banchina si svuotò e rimase da solo, a guardare il tram che si allontanava lungo il vialone. Dall'altro lato della strada i quattro ragazzi non c'erano più. Girò i tacchi e tornò da dove erano arrivati, per poi superare casa di Ibrahim e arrivare sulla linea 2, direzione Stazione Centrale, la linea turistica e della Mediterra bene, frequentata in estate da comitive rumorose, e da vecchie signore del carrello della spesa nella stagione fredda. I tram di quella linea gli piacevano, erano vagoni storici, con parquet e sedili in legno, levigati senza troppi complimenti da centinaia di paia di natiche. Dei salotti in miniatura, come se la popolazione originaria della città dovesse essere tenuta in ambienti speciali creati su misura in base alle loro abitudini. Quando salì sul tram lo accolse un odore di cera e di naftalina, proveniente dal collo di pelliccia della donna seduta immediatamente vicino alla porta. Sua nonna ne aveva uno identico, una volpe intera a cui era stata messa una molletta al posto della bocca, per poter comodamente mordere la coda. La città stessa cambiava fondamentalmente fermata dopo fermata. I negozi smettevano di essere catene e si trasformavano in boutique sempre più piccole con sempre meno vetrine, come se i prodotti venduti all'interno fossero troppo costosi per mostrarsi all'esterno come delle comuni mele dal fruttivendolo. Le facciate diventavano dei tripudi di colonne e finti timpani decorativi utili solo ad accumulare cacche di piccione e ragnatele, tra cui si aprivano finestre rigorosamente coperte da tende bianche o gialline. Il modo in cui tutti gli abitanti di quei palazzi cercava di distinguersi era tra gli sforzi più inutili dopo quello di Sisifo. Erano sistemi non isolati e tutto attorno a loro era a loro uguale. La reciproca influenza li aveva trasformati tutti in cloni con la stessa temperatura, portamento, stile e addirittura gli stessi nomi. Esattamente come Armilla Minore, sua mamma, era uguale alle altre quattro Armille del quartiere che frequentavano il tempio centrale, a soli cinque minuti da Corso Sette Colli.
Quando aprì la porta di casa intravide oltre l'ingresso sua mamma e sua nonna intente a guardare la televisione, sedute sulle sedie della cucina. Sua mamma aveva appena acceso una sigaretta. Sentì la porta aprirsi e andò subito ad abbracciarlo.
"Sei tornato presto!". Per essere una donna poco oltre i cinquant'anni sveva una voce molto dolce e poche rughe, equivalenti a poche preoccupazioni. "Ibrahim aveva un altro impegno dopo" farfugliò cercando di farsi abbastanza spazio per togliersi la cartella e appendere la giacca sull'appendiabiti.
"Pensavamo di doverti lasciare la cena per più tardi, ma visto che sei tornato possiamo mangiare tutti assieme. Il nonno dovrebbe arrivare tra qualche minuto". La seguì in cucina, ampia, asettica e vecchia. Sul fuoco c'erano già due pentole fumanti, probabilmente lasciate dalla domestica prima di andarsene. Erano solo le sette meno un quarto, ma in casa sua si mangiava molto presto. La nonna si girò verso di lui, sorridente. "Come mai così presto?"
"Ibrahim aveva un impegno" ripeté a voce più alta di modo che la nonna potesse sentirlo. La donna sbuffò e abbassò il volume della tv con il telecomando, prima di alzarsi in piedi. Come tutti gli anziani era diventata bassa con l'età, come se si stesse sgonfiando. Allontanò il posacenere dal tavolo e lo mise sul davanzale della finestra, aprendone uno spiraglio per far uscire il fumo della sigaretta della figlia. Il filo di fumo di quella e delle pentole fu attirato fuori dall'aria fredda. "Dovrai studiare da solo stasera, quindi. La laurea non si prende da sola!" commentò con il suo solito tono da sentenza. "Le persone che non si impegnano non se la meriterebbero una laurea. Mi piace che mio nipote si impegni" sentenziò di nuovo prima di andare a prendere una tovaglia pulita dal cassetto per mettersi a preparare la tavola.
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Cave magam
Teen FictionLe streghe e gli umani non si amano particolarmente, nemmeno a Mediterra, dove sono costretti a vivere gomito a gomito, la metropoli che sembra avere spazio per tutti. Ma è solo un'apparenza. Le studentesse dell'Accademia dei Riti di Ecate e Proserp...