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Ancora scioccata per la lettera si allontanò dal profumo sabbioso dei libri e dalle menzogne scritte dei ghostwriter per un assegno autografato da soubrette senza cervello per mostrarsi intelligenti ai loro follower sui social media. Mel passeggiò nelle vie di Milano tra fast-food e negozi d'abbigliamento firmati in cui lavoravano commessi con la puzza sotto il naso e soggetti in sovrappeso che fucilavano le loro coronarie con Hamburger, salse e patatine fritte. L'abito di seta nero che indossava scendeva dall'anca fino a trascinarsi sul marciapiede mettendo in risalto le sue morbide curve. La scollatura posteriore metteva in risalto le fossette di venere sopra i glutei. Una giacchetta in pelle scura distraeva gli sguardi dagli stivali alti che occultavano le calze a rete che lasciavano ampio spazio all'immaginazione. Come gli era venuto in mente di vestirsi in quel modo? Si sentiva osservata da occhi indiscreti, decise di ampliare il guardaroba e senza troppe manfrine si fermò davanti alla prima vetrata che mostrava una salopette di jeans chiara, un cappello che forse indossava suo nonno negli anni settanta e un paio di scarpe basse senza tacchi. Acquistò l'intero manichino lasciandolo nudo davanti ai passanti, curiosi di fare shopping. Entrata come una bomba sexy nel negozio ne uscì come una vergine bibliotecaria. Le occhiate invadenti che gli si incollavano sulle forme erano scomparse, sostituiti da mera indifferenza. Mentre sistemava i libri della Feltrinelli nella borsa di paglia e pelliccia sintetica un individuo la fece sobbalzare, tutti gli accessori da nerd caddero ai suoi piedi e la redbull gli sporcò le scarpe.

«Ma che cazzo, stai attento» urlò Mel

Alzato lo sguardo si accorse che era un uomo affascinante che non si era nemmeno accorto dello scontro perché indaffarato con il cellulare, impiegò dei secondi per accorgersi dell'incidente frontale e solo quando spense il suo device notò la bellezza di Melissa nonostante il suo splendore era nascosto dagli orribili vestiti comprati poco prima. Mel non aveva un ottimo rapporto con gli uomini che non conosceva, risultava sempre impacciata e timida, i suoi goti in poco tempo si infiammavano rendendola muta e più carina. L'uomo invece era il suo opposto, estroverso, prestante e con una parlantina da far invidia ai miglior avvocati di Milano.

«Piacere, Gianpaolo. Scusa se ti ho urtato» le porse la mano come gesto di saluto.

«Non preoccuparti, piacere Melissa» farfugliò con imbarazzo deglutendo la rabbia che stava risalendo dal ventre.

Mel aveva un debole per gli uomini dai colori cremisi come lui, Gianpaolo aveva i capelli rossi, spalle larghe ed era più alto di due metri.

Uno accanto all'atro raffiguravano "il" l'articolo determinativo maschile. Lei una nana da un metro e quarantacinque e lui un gigante.

In quel momento si stava pentendo di aver indosso la salopette da contadinotta mentre su di lui la giacca di Armani sfilava come un modello e il pantalone di Gucci gli metteva in risalto le parti intime.

- Smetti di fissare, smetti di fissare – si ripeteva tra lei e lei.

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