CAPITOLO QUATTRO
Come previsto, Victoria non si fece né vedere, né sentire nei giorni seguenti, e non ebbe affatto torto nel farlo. Con quel mio gesto troppo avventato era inevitabile che si spaventasse. Le avevo messo sottosopra il suo bel mondo, lo stesso che si reggeva in piedi grazie a rigide dinamiche, a piani solidi, a progetti, a feste e première varie, un mondo in cui io rappresentavo un semplice errore, un incidente di percorso.
Sebbene morissi dalla voglia di vederla e di parlarle, decisi di non chiamarla prima del 21, giorno in cui, essendo consegnati alla libreria i cavalletti e tutto il necessario per la mostra, avrei dovuto farlo per forza e lei sarebbe stata costretta a rispondermi. Nel frattempo tornai alla mia vita, dedicandomi agli studi, al mio gruppo musicale, agli amici ed infine alla libreria, nella quale, dato l’incombente periodo natalizio, c’era un gran da fare. Un pomeriggio Liam, che ormai, senza volerlo realmente, era diventato anche il nostro agente, ci disse di averci trovato un ingaggio in un altro locale, uno più grande nel quale non eravamo mai stati prima. E, poiché l’esibizione era programmata per il 4 Dicembre, dovevamo provare molto.
Ricordo bene il 18 Novembre. Erano le cinque e mezza di sera di un giorno in mezzo alla settimana e fuori pioveva, quando entrai nel “Queen’s Theatre” a Londra per assistere alle prove del musical in cui Louis recitava. Ero esausto: fra scartoffie varie da sistemare in libreria e le lezioni mattutine all’università, quel giorno non avevo avuto pace. Raggiunta la sala giusta, mi sedetti su una poltrona in quinta fila. Le prove erano già iniziate e sul palcoscenico c’erano due ragazze che provavano. Non ci volle molto perché anche Louis comparisse sulla scena.
Ad essere sincero non credevo fosse tanto bravo! Non lo avevo mai visto così sereno e a proprio agio prima d’allora; parlava spigliatamente, guardando gli altri attori negli occhi e cantando a pieni polmoni, fiero di sé e di ciò che stava facendo. Aveva un’espressione felice e un sorriso smagliante, dominava letteralmente la scena, facendo passare in secondo piano tutto il resto, gli altri attori compresi. La sua timidezza sembrava essersi dissolta magicamente nel nulla. Il regista, un uomo pelato, smilzo e con un vistoso pizzetto sul mento, che stava in piedi sotto al palco, non sentiva il bisogno di correggerlo, tanto era bravo. Sarebbe diventato qualcuno, era evidente. Per comprendere quanto importante il teatro fosse per lui, ero necessario vederlo esibirsi, perché nessuna parola avrebbe potuto suscitare l’emozione che si provava nel vederlo recitare dal vivo. Lo osservavo muoversi sul palcoscenico cantando e ballando con occhi adoranti e lo stesso facevano gli altri, poiché era inevitabile farlo. Aveva un dono, Louis, una dote innata che lo rendeva speciale. Se solo il padre lo avesse visto quel pomeriggio, così gioioso e divertito, avrebbe compreso il motivo per il quale il figlio voleva coltivare questa sua passione, anziché diventare un avvocato, e, guardandolo con orgoglio, gli avrebbe dato la sua approvazione, la stessa che Louis da anni andava cercando disperatamente. Tanto era bravo che persi la cognizione del tempo e, quando lui mi venne a salutare, fui stupito da quanto velocemente questo fosse passato. Lo abbracciai, fiero di lui in quanto suo più caro amico, se non addirittura fratello, e gli proposi di mangiare assieme un boccone sulla strada del ritorno.
Usciti dall’edificio, entrambi affamati come lupi, decidemmo di recarci in una birreria da poco aperta, il cui volantino era giunto sino alla libreria. Il locale era affollato, ma un tavolo per due, per nostra fortuna, riuscirono a trovarlo. Ciò che attirava i clienti erano le cameriere, bellissime ragazze avvolte in pantaloncini estremamente corti e magliette che a malapena raggiungevano il loro ombelico. Queste ragazze si muovevano sensualmente fra un tavolo e l’altro, scherzando con i clienti di sesso maschile e mettendo il petto in mostra non appena possibile; conoscevo persino alcuni dei ragazzi con cui parlavano, erano vecchie conoscenze o persone con cui avevo avuto modo di bere un drink in passato.
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Amami, ti prego {Harry Styles & Larry Stylinson AU}
Fanfiction"Non c'è cosa peggiore, pensai, di amare qualcuno che non ricambia il tuo amore. Louis amava me, io amavo Victoria; per Victoria io non ero nessuno. Tutto andava a rotoli, tutto era sbagliato o complicato. Non mi rimaneva che sperare in un miracolo...