Capitolo Undici

230 8 3
                                    


Cosa fa più male: essere rifiutati o essere traditi? Nel primo caso, sbattiamo il cuore contro un muro di ghiaccio, una lastra gelida che non ci permette di ricevere amore; nel secondo, invece, il nostro cuore, dopo essere stato messo nelle mani di qualcun altro, viene gettato via, come un calzino usato. In entrambi i casi il povero cuore si lacera sia esternamente che internamente, perde fiducia in sé stesso, negli altri e, soprattutto, nell'amore, quella forza devastante che lo ha spinto a farsi del male.

Allora, pian piano, il cuore raccoglie i propri cocci e si ripara da solo. Poi costruisce attorno a lui una fortezza che lo difenda e fa in modo di non permettere più a nessuno di fargli del male. Non importa quanto buoni o speciali siano i cuori che l'amore gli presenta in seguito: dopo la prima vera delusione, nessun altro avrà l'occasione di conoscere davvero quel cuore. Nessuno. Ecco perché si dice che il primo amore è importante e impossibile da dimenticare, perché è la prima ed unica volta che il proprio cuore si trova a contatto diretto con un altro cuore e, inesperto, rimane in balìa dell'amore.

Victoria era stato il mio primo amore. Non c'era realmente cosa che non avrei fatto per lei. Mi ero aperto davanti ai suoi occhi come un libro e avevo lasciato che mi leggesse come a nessun altro avevo permesso prima. E lei, per tutta risposta, mi aveva rifiutato e tradito. Del mio cuore, quindi, non rimanevano che infiniti granelli di cristallo. Ci sarebbe voluta un lasso di tempo ed una quantità di forza incredibile perché si potesse riparare ed io non disponevo di alcuno dei due. Dunque, non solo non avrei più amato, ma non avrei più avuto neppure un cuore. E così, infatti, fu.

Quella notte piansi tanto. Alle prime luci dell'alba avevo raggiunto Edimburgo, la capitale della Scozia. Alle sette e mezza, dopo aver parcheggiato l'auto, andai a fare colazione in un caffè in centro. La testa mi doleva e gli occhi mi bruciavano.

Dopo una lunga passeggiata per l'incantevole centro della cittadina, mi recai in un albergo, prenotai una stanza e mi addormentai su un grande e comodo materasso. Durante le ore di sonno riparatore, il mio cuore si creò una piccola e fragile capanna attorno a sé, vi si rinchiuse e giurò che mai e poi mai qualcuno avrebbe potuto ferirlo di nuovo. Mai.

Infatti, quando mi svegliai, il mattino seguente, avevo smesso di soffrire.

Dopo aver fatto colazione e aver pagato il conto, tornai a Londra. I miei genitori erano preoccupatissimi: mi ero dimenticato di avvertirli. Mi scusai, mangiai un pezzo di pizza, che avevo comperato strada facendo, e mi chiusi nella mia stanza. La mia testa era sgombra come non era mai stata prima e lo stesso il mio cuore. Era... strano.

Nei giorni seguenti mi tenni occupato lavorando in libreria. Mio nonno aveva realmente bisogno di una mano. Il 31 Dicembre mia sorella e Jaxon mi trascinarono ad una festa in un locale da poco aperto. C'era tanta gente, tutti ubriachi. Io preferii non bere. L'alcol era un alleato valido a lenire il dolore, perciò, dato che il dolore non c'era, bere non aveva senso.

«3, 2, 1... Auguri!» urlarono tutti, contenti di dare il benvenuto al 2009. Mia sorella e Jaxon si baciarono allo scoccare della mezzanotte, poi lui le mise la mano sulla pancia ed entrambi sorrisero.

Tornai a casa alle quattro e decisi di trascorrere il resto della notte nel giardino dei miei genitori ad ammirare il cielo. Non c'erano le stelle, ma a me non importava: le cose veramente belle custodiscono la propria bellezza all'interno, dove pochi si spingono a guardare. Faceva molto freddo; io indossavo soltanto un cardigan blu sopra una maglietta a maniche corte. Gelavo.

Sebbene i festeggiamenti fossero terminati da un paio d'ore, c'era ancora un po' di confusione. Rammento di aver pensato, con stupore: "E' già il 2009." Il tempo scorreva davvero troppo velocemente ed io lo stavo sprecando: con gli esami ero rimasto indietro per rincorrere a vuoto una donna che non meritava certo il mio amore, non avevo più un gruppo musicale, né i migliori amici... Un sapore amaro mi riempì la bocca: avevo perso Louis, mio fratello, senza nemmeno rendermene conto. Come stava? "L'ho lasciato nel momento in cui aveva più bisogno di me. Che razza di amico sono?" Un amico di merda, ecco, pensai.

Amami, ti prego {Harry Styles & Larry Stylinson AU}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora