"How are you?"

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Pov Zoey.

"Ehi, tutto okay?" Non rispondo, voltando lo sguardo verso le finestre; è da giorni che non lo sento, giorni che non lo vedo, che non si presenta a scuola per chissà quale motivo. Non mi fa rabbia il fatto che lui non sia qui, cioè, anch'io, se potessi, eviterei questo strazio, ma il suo modo così menefreghista nei mie confronti mi manda completamente in bestia; nessuna considerazione, né per messaggio, né per e-mail, tanto meno con una chiamata. Sono inesistente, anche quando sono stata con lui in quel momento difficile. Anche quando io mi sono aperta a lui, mostrandomi debole, cosa che non avevo mai fatto neanche con Sierra.

Forse, sotto sotto, per lui non ha significato niente, anche se mi sembra impossibile, ma comunque, stiamo parlando di Evan, no? Quello stronzo e bipolare, ma tremendamente dolce e carino. Un miscugio di... roba. Si, il suo carattere non può essere definito; lui non può essere definito.

Perchè lo sento così vicino, ma comunque così lontano. Vorrei capire i suoi sentimenti, quello che prova in questo momento, ma è così difficile, così tanto difficile che mi sembra quasi impossibile. E mi arrendo. Mani in alto, pistola puntata al petto e lacrime agli occhi: non ce l'hai fatta. Ed è vero.

***

"Oh, ciao Zoey, c'è qualcosa che non va?" mi chiede Emily, la madre di Evan.

Sono davanti casa sua, e dopo svariati minuti, ho deciso di bussare. Sinceramente, non sono mai stata così in imbarazzo. Non conosco la donna davati a me, non so come potrebbe reagire se le chiedessi qualcosa su suo figlio. Che poi, non mi fermerei solo a quello, ma inizierei a chiedere, a fare domanda, che potrebbero darle fastidio. Dopotutto, non sono nessuno per chiedere delle cose così private come: "Dov'è suo figlio?" o "Perchè non viene a scuola?", con un bel "Ma i cazzi tuoi?" come risposta.

No. Non sono capace a fare una cosa del genere, non riesco a reggere questa situazione. Per questo, adesso, mi ritrovo ad inventare una scusa banale, e a correre via, verso casa mia, sotto lo sguardo confuso di Emily.

Ed ecco un'altra di quelle cose che, adesso, grazie a lui, alla sua influenza su di te, non sai fare. Sembra impossibile, vero? Eppure, adesso, sei debole; lui ti rende debole. Ma a te va bene, no? Non ti importa niente di te stessa, se stai diventando il nulla, basta trovarlo, curarlo, salvarlo.

***

"Come ti senti? Non vai a scuola da tre giorni, Zoey. Forza, alzati!" grida mia madre, alzando le lenzuola dal mio corpo.

Allora è questa la cosiddetta "depressione". Tutti dicono che si è stanchi, non si ha la forza, la volontà di far niente; ed è vero. Perlopiù odio anche la sola vista di una persona che non sia... lui, per adesso, anche me stessa. Il mio riflesso allo specchio è qualcosa di raccapricciante, insano e sporco. Se qualcuno mi vedesse adesso, penserebbe che sono appena uscita da ore ed ore di lavori forzati.

Mi alzo abbastanza velocemente, così da non dover parlare con mia madre che, in questi giorni, sta diventando una sorta sanguisuga, sempre attaccata al mio orecchio, pronta a gridare per il sol fatto che non vado a scuola da tre giorni; non è colpa mia se ho la febbre, vero? Esatto.

Mi affaccio alla finestra del bagno, che dà sulla camera di Evan: sembro quasi una stalker mezza pazza, mezza maniaca, ma sorvoliamo. Sta scrivendo al computer, così come ieri, ed il giorno prima ancora. Sono curiosa, sinceramente, di sapere cosa quella sua mente malata stia producendo. Ed oggi lo scoprirò.

***

Dopo circa un ora mi ritrovo davanti Emily, che supero velocemente, dirigendomi verso la sua stanza. Voleva dirmi qualcosa, avvertirmi che dentro la stanza c'è qualcuno lì con lui, ma non l'ascolto... sfortunatamente.

Sono davanti la sua porta, coperta al centro da un biglietto con su scritto "Non disturbare", cosa che mi fa sorridere, visto che anch'io ho una cosa del genere sulla mia porta. Sfortunatamente, con mia madre, non funziona molto bene; in un modo o nell'altro, me la ritrovo sempre accanto, anche perchè non ho più una chiave, grazie a mio padre. Pensano che possa fare chissà che cosa, dentro quella stanza, come se fossi realmente pazza, pronta per Briarcliff.

Dopo svariati minuti, in cui non ho fatto altro che torturarmi le mani in grembo, non facendo caso ai rumori che provengono dall'altra parte del muro, apro la porta che mi separa dal sapere tutto ciò che mi ha tormentato per una settimana.

Eppure, non mi aspettavo una cosa del genere; non mi aspettavo lei, qui. Non con lui, non con il ragazzo che ho aiutato, e di cui, piano piano, mi sto innamorando; per la sua fragilità, per il suo carattere così pazzo, per il suo modo di essere così bipolare ma tremendamente sexy.

E penso ancora tutto questo di lui, penso che sia stupendo, magnifico, anche quando lui è tra le braccia di una biondina, che con i suoi occhi azzurri, mi scruta, quasi entusiasta del fatto che io sia lì a fissarli, come un'emerita idiota, con la speranza che lui parli, che dica qualcosa. Ma non lo fa, sta zitto, a fissarmi con occhi sgranati, mentre cerca di liberarsi dalla stretta della bionda.

La conosco, conosco il suo modo di fare che, a quanto pare, non è cambiato negli anni; sempre la solita stronza senza sentimenti, pronta ad accanirsi sul primo che capita per ferire qualunque persona le stia attorno. Ed oggi, in questo maledetto giorno, è toccato a me. Ed ora capisco come ci si sente ad essere tradite, ferite nell'animo, nel profondo; capisco come ci si sente ad essere umiliata, a non ricevere nessuna parola di conforto, di compresione da colui che ha compiuto l'atto che ti ha rovinato l'esistenza, che in quel momento ti ha fatto sentire tanto inutile, quanto piccola dinanzi al tuo dolore.

E forse è per questo che adesso sto scappando, che non voglio sentire nulla, né vedere qualcosa che non sia il vuoto assoluto. E giuro, non ho mai sentito la mia rabbia superare l'angoscia per un orribile momento, ma, adesso, è tutto diverso.

Si, lo è perché non siamo in un cazzo di film, dove il ragazzo che ti ha umiliata ti rincorre, dicendo che è tutto uno sbaglio, perché non lo è. Per lui non lo è, per il mondo, e per me.

E con le lacrime che bagnano le mie guance e la consapevolezza di essere tremendamente ridicola che mi divora dentro, mi ritrovo a pensare che va sempre a finire così: cuore spezzato, mascara che cola e birra in mano.

Angolo autrice.

Salve! Come vi sembra questo capitolo? Sinceramente a me piace tanto, e so che forse sarete un pò confusi dal comportamente di Zoey, ma nel prossimo capitolo si capirà il perché.

Cosa pensate di questa situazione? E della biondina? Secondo voi chi è?

Ho pubblicato così in ritardo perché ho aspettato l'arrivo del computer nuovo; e si, finalmente ho un computer, e questo vuol dire: capitoli più lunghi, che pubblicherò almeno una volta a settimana. Che dire, sono davvero contenta, ahah. Cercherò di far funzionare il tutto, anche perché sto scrivendo altre due storie in contemporanea a questa; una di esse potete trovarla nel mio profilo, si chiama "The Fallen Heart". Passateci se vi va, (non ricordo se l'avevo già detto ma va beh).


Al prossimo aggiornamento!

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