Good idea, Sierra!

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Pov Zoey.

Cazzo, cazzo, cazzo. Non ho sentito la sveglia e, tanto per cambiare, mia mamma non si è degnata di chiamarmi. Quindi, per sfortuna, adesso sono qui, a correre sotto la pioggia con lo zaino sulle spalle che pesa più di me.

Non ho voluto chiamare Sierra o Dam, tantomeno Caroline. Non riuscirò mai a capire quella ragazza. Ho saputo che si trasferirà nella mia scuola, ma non so precisamente né quando, né dove. Spero non nella mia classe, di certo. E chi la sopporta?

Caroline è una persona che parla tanto, ma tanto. Non sta mai zitta, vuole sempre stare al centro dell'attenzione e, ovviamente, ci riesce. Chi direbbe di no ad una cazzo di barbie? Oltre me, ovviamente. È così fottutamente snervante, irritante ed antipatica, a volte. Poi non parliamo di quando ha cercato di rubare il ragazzo a Taissa - ragazza minuta e dolce di circa quattordici anni -. Ha tanto quell'aria da angelo, quando alla fine è solo una stronza superficiale con manie di protagonismo.

Eppure era la mia migliore amica ai tempi delle medie, così come il primo anno di superiori.

Non odio quella ragazza, - anche se potrebbe sembrare così - non sopporto solo la sua presenza.

Riesco ad entrare in classe, anche se bagnata fradicia. Che bella la pioggia, una meraviglia.

"Hamilton, sta bene?" mi chiede la professoressa di italiano, di cui non riesco a ricordare il nome.

"Sì." Mi siedo accanto a Sierra.

La ragazza di fianco a me non fa domande, solo un cenno del capo verso il banco in seconda fila, posizionato alla nostra destra. Un'ossessione.

"Adesso mi spieghi il perché, per favore."

Non c'è traccia di cortesia in quel "per favore", pronunciato dalla sua bocca.

"Non adesso, ti prego" le dico, cercando di deviare la discussione.

"Tu adesso mi dici perché Evan continua a guardare il questa direzione, come se volesse ucciderti e allo stesso momento saltarti addosso."

Sbuffo, non prestando attenzione alla ragazza accanto a me che, ostinata, mi da un pizzicotto sul braccio.

"Sei irritante" sussurro.

Lei scuote la testa in risposta, concentrandosi sul suo compito di italiano. Le tre parole: amore, sogni, incubi. Ha scritto tutto sul quaderno, anche se trovo sia una cosa stupida. Non vedo perché dovrei sprecare tempo a scrivere quando ho un cervello con cui elaborare tutto sul momento.

"Bene, ragazzi. Oggi interrogo" dice la professoressa, girando fra i banchi, mentre le sue decolté nere battono sul pavimento. "Ed ho una sorpresa per voi, se così si può chiamare."

Sussulto alle sue parole, mentre presumo il peggio. Una sorpresa per gli... studenti? Bello come un calcio nelle parti basse, non so se ho reso l'idea.

Ritorna a sedersi, guardando la classe che, in silenzio, cerca di far tutto tranne che guardare nella sua direzione. La trovano agghiacciante, dicono, ma io non sono d'accordo. È sempre la solita storia, dopotutto. Professori stronzi e idioti che ti mettono brutti voti, anche se hai studiato. Almeno così dicono, ma il 95% delle volte è una bugia.

"Non si dicono le bugie" sussurro, ridacchiando a mo di pazza psicopatica. Non sono tanto diversa da quello che sembro, in realtà.

"Bene, signorina Hamilton, vorrebbe far ridere anche noi? Anzi no, interrogata. Si alzi, per piacere."

Non oppongo resistenza, alzandomi dalla sedia con la grazia di un elefante, lasciando i miei skinny jeans chiari ed il mio maglione color panna. Sorrido, incrociando le mani dietro la schiena.

Drunk in love.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora