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HEAL

Oggi

Ero un coglione. Lo sapevo da tempo, eppure non m'importava. Quando avevo visto Sky entrare nell'ufficio della mia Dea gli sono corso dietro senza scrupoli. Avrei dovuto pensarci meglio oppure comportarmi meglio, ma non riuscivo a vederlo lì seduto, con gli occhi puntati sulla sua scollatura, sulla mia ragazza perché sì, poteva anche stare con mio fratello, ma era me che voleva. Altrimenti non mi avrebbe permesso di baciarla. Sapeva difendersi e ormai era una donna. Se non avrebbe voluto non avrebbe ricambiato. All'inizio volevo uccidere Kate per averci interrotti, ma ora col senno di poi forse dovrei ringraziarla. Saremmo potuti finire in una posizione compromettente per entrambi su quella scrivania e chissà chi ci avrebbe potuti vedere. Dovevamo partire al più presto per il nostro weekend almeno non ci saremmo dovuti preoccupare di essere visti e al nostro ritorno avrei parlato con mio fratello e sarei rimasto accanto a lei

Her. My paradise

Come recitava il mio tatuaggio. Da quando ero tornato lo avevo osservato molto di più pensando a lei. Non era più solo un ricordo, era di nuovo reale e vivida. Parlando del diavolo... Nate entrò nel mio ufficio con un sorriso smagliante facendomi sentire di merda. Era il mio promemoria per farmi sentire in colpa a comando. Riuscivo a concentrarmi solo sulle sensazioni belle, ma appena vedevo Nate il mondo mi cascava addosso ricordandomi di quanto fossi uno schifoso bastardo doppiogiochista egocentrico e stronzo. tutti gli insulti del mondo non sarebbero bastati a descrivermi, ma Evie era stata la prima vera ragazza che avessi mai amato. Vivevo solo per lei e mi piaceva sapere che lei viveva solo per me. avere qualcuno che mi amasse incondizionatamente. Che scegliesse di amarmi giorno dopo giorno. Anche se rovinai tutto non ero mai riuscito a smettere di rimuginarci su.

-Come va fratello? Ho sentito del tuo intervento nell'ufficio di Evie con un cliente...- si sedette all'angolo della mia scrivania mentre io mi alzavo in piedi e iniziavo a camminare per la stanza soffermandomi sul panorama della città. Non avevo una visuale perfetta come quella di Evie, ma non era niente male neppure questa. Amavo L.A., ma NY era casa mia e mi era mancata inverosimilmente.

-Non iniziare con la predica. Ho sbagliato, lo so, ma volevo vedere come agisce. Questa è anche la mia azienda se ve ne foste dimenticati e posso fare ciò che mi pare e interrompere chi voglio- non era del tutto una bugia perché davvero morivo dalla voglia di vedere Evie all'opera e, senza dubbio, non aveva deluso le mie aspettative. Sapevo sarebbe diventata una donna in gamba e avrebbe fatto carriera solo credevo che io non avrei potuto vederlo coi miei occhi perché sarebbe uscita dalla mia vita... Com'era quella citazione? La vita non è ciò che panifichi, ma è ciò che ti accada mentre lo fai. Già, era dannatamente vero nel mio caso.

-Nessuna predica. Piuttosto, se ti manca tanto l'azienda di famiglia, perché non torni in città e continui a dirigere la filiale a Los Angeles da qui? Mi sei mancato e, strano a dirsi, ma nonostante il lavoro e i nostri impegni ti ho visto più in queste settimane che negli ultimi tre anni- quella fu una stoccata al petto. non c'era niente che non avessi fatto per lui normalmente, ma vederlo felice con la mia donna proprio non riuscivo a sopportarlo. Però ci stavo pensando davvero. A tornare in città per restare. Magari avrei potuto trovare un altro appartamento, lontano da Evie e mio fratello che erano ancora promessi sposi, e limitarmi ad evitarla il più possibile in ufficio. Non volevo allontanarmi di nuovo dalla città e neanche da io fratello perché anche lui mi era mancato un casino negli ultimi anni solo che la lontananza mi rendeva più facili le cose, ma io non ero mai stato un codardo. Non mi tiravo indietro dalle sfide o dai problemi, io li affrontavo a testa alta e li risolvevo nel migliore dei modi.

-Sei venuto nel mio ufficio per dichiararmi il tuo amore e chiedermi di tornare in città? Cosa ne penserà la tua futura sposa quando lo verrà a sapere?- presi un sorso dopo aver riempito due bicchieri di scotch e averne passato uno a mio fratello. Stavo sorridendo, ma dentro pronunciare quelle parole mi aveva quasi ucciso.

-Era proprio del matrimonio che volevo parlarti- ad un tratto la sua espressione si fece seria e la mia vacillò per la paura che ci avesse scoperti. Poggiai il bicchiere sul tavolino pieni dei vari liquori e poi gli prestai tutta la mia attenzione mentre lui si scolava tutto il liquido in un solo sorso. Brutto segno.

-Evie è strana. Distante. Non mi sembra entusiasta come dovrebbe per il matrimonio. Insomma non abbiamo ancora scelto una data né nient'altro dei preparativi. Dovrebbe essere lei quella in ansia per organizzare il tutto nei minimi dettagli e scervellarsi su che centrotavola usare e non io, no?- merda. Lei sapeva esattamente che data scegliere e tutti i dettagli come dovevano essere. Aveva addirittura già un'idea del vestito da sposa che avrebbe voluto indossare e poi il cambio una volta arrivati al locale. Era dal liceo che lo sapeva. Da quando stava con me. Quindi avevo indovinato davvero sul fatto che avesse più dubbi che certezze quando l'avevo messa alle spalle al muro.

-Devi darle tempo Nate. Si è appena fidanzata ufficialmente e, se ti fosse sfuggito, deve dirigere anche una delle aziende più importanti della città per non parlare del nuovo progetto in cooperativa con l'azienda di Kate- cecai di rassicurarlo poggiandogli una mano sulla spalla. Mi sorrise appena prima di riprendere a parlare.

-Partirò per un viaggio di lavoro e al mio ritorno vorrei che avesse le idee più chiare e fosse davvero sicura di volermi sposare oppure no. O meglio. Se mi ama. So che voi non vi sopportate e non potete stare nella stessa stanza per più di due minuti senza uccidervi...- certo, ma questo era vero qualche giorno fa. Ora non più.

-Ma ai tempi del liceo voi eravate amici. È grazie a te se l'ho conosciuta. Non potresti parlarle e cercare di scoprire qualcosa? Aiutarla a capire cosa vuole davvero?- okay... Avevo un'idea per accontentare tutti. Tanto che fossi uno stronzo era assodato ormai.

-Che ne dici se la portassi nella casa in montagna? Le farebbe bene staccare per un weekend dal mondo e rilassarsi e io mi prenderei cura di lei- in tutte le posizioni possibili, ma quello non era il momento per certi pensieri.

-Lo faresti? Sarebbe perfetto. Lei adora quella casa, ha cercato anche di comprarla un paio d'anni fa, ma tu eri arrivato prima. Non gliel'ho mai detto per non aumentare il suo desiderio di ucciderti, ma ne sarebbe felicissima- mi fratello si illuminò come un albero di Natale mentre si alzava per abbracciarmi. Lui era sempre stato quello affettuoso e gentile. Non si meritava me come fratello. Eppure... Ancora una volta io e la mia Kitty eravamo stati così in sintonia da pensare la stessa cosa e quello non poteva essere solo un caso. Quello era il destino che mi stava gridando a gran voce di rimettere le ose a posto e riprendermela così da salvare tutti dall'infelicità e io avevo intenzione di dargli ascolto cazzo. 

Il Mio Inferno PersonaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora