Cambia tutto in un attimo

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"Leo, svegliati o farai tardi!"
La voce di mia madre rieccheggiò dalla cucina. O per meglio dire, la voce della mia madre adottiva. Erano ormai sette anni che vivevo lì, che mi svegliavo con la voce squillante di mia madre, che mi facevo aiutare dalla mia sorella maggiore con i compiti perchè non ci capivo un tubo. Era da sette lunghissimi anni che la mia vita non mi sembrava avere senso.
Ricordo ancora quando ero a casa di zia Rosa, che mi stava rimproverando dopo che avevo rotto il suo vaso preferito. "Me la pagherai cara, delinquente" aveva detto, quando qualche secondo dopo squillò il telefono. Zia Rosa rispose, un po' infastidita, ma subito dopo il suo sguardo arrabbiato passò ad un espressione mortificata.
Ero ancora piccolo, ma ora che ci penso, quella fù l'espressione di zia quando le diedero la notizia: mia madre, Esperanza Valdez, la donna più forte e coraggiosa che avessi mai conosciuto, era morta in un incendio nella sua officina.
Zia aspettò un po' prima di dirmelo, ma appena lo scoprii rimasi esterrefatto.
Passarono mesi, mesi in cui mi affidarono a varie famiglie, dato che la mia "carissima" zia Rosa si era rifiutata di adottarmi. Che persona fantastica eh?
Comunque, fino all'età di undici anni, ho vissuto la mia vita senza motivo. Mi sentivo vuoto, ed ero anche abbastanza piccolo, quindi il fatto che non volessi vivere preoccupava un poco i miei genitori adottivi.
Era sempre la solita storia: mi affidavano ad una famiglia, per qualche mese stavo tranquillo e provavo a divertirmi, e poi scappavo.
Poi appunto, dopo anni a fare il bambino sperduto, mi diedero a questa famiglia. Eravamo in quattro: una madre, un padre, una sorella maggiore e un fratello minore per di più adottivo ed anche affetto da iperattività.
Ancora non capisco perchè non scappai, ma non lo feci. Rimasi con la mia nuova famiglia, riuscendo ad arrivare ai diciotto anni restando col loro. Del resto, col tempo ero maturato, e avevo capito che scappare non era la scelta giusta.

Mi alzai e corsi verso la cucina, mangiai la mia colazione così velocemente da non capire neanche cosa stessi ingerendo e mi fiondai subito sotto la doccia.
Dopo venti minuti uscii, mi asciugai i capelli e mi vestii come facevo solitamente durante l'anno scolastico: jeans strappati, una maglia bianca e una giacca nera in pelle per sembrare un figo. Sì, anche se con un' infanzia molto triste, provavo sempre a fare il bello e acclamato da tutti facendo battute molto squallide ai miei amici e spezzando i cuori le ragazze che mi giravano attorno affascinate.
"Ciao mamma, io esco" le dissi io, scendendo le scale e afferrando gli occhiali da sole.
"Ciao tesoro, e mi raccomando, fai il bravo" rispose mia madre baciandomi sulla guancia.
"Dai mamma, non sono più un bambino!" sbuffai io mettendo il broncio. Alla fine salutai definitivamente mia madre, uscii da casa, mi misi gli occhiali da sole e salii sul motorino, per poi dirigermi al mio, super noioso, liceo.

Le pareti bianche quel giorno sembravano state appena lucidate. Le colonne di marmo scintillavano alla luce del sole. Era il primo di settembre, eppure Leo sentiva caldo come fosse ancora il 20 giugno.
"Ed ecco perchè il primo giorno di scuola non devo mai mettermi la giacca" mi rimproverai sbuffando, correndo verso il portone della scuola.
Entrai, salutai qualche ragazza e un po' impaziente arrivai al mio armadietto. Posai delicatamente la giacca nell'armadietto, per poi riporci tutte le mie cose dentro prima che le ragazze innamorate arrivassero: se dovevano starmi appiccicate tutto il giorno come molluschi, almeno avrei salvato i miei libri. Non che mi importasse dei libri, sia chiaro, io ODIO studiare la maggior parte delle materie che insegnano in quel liceo.
Per fortuna, mentre la prima ragazza si avvicinava, Jason mi prese per la maglia per poi portarmi di fronte al bagno dei maschi.
"Fratello, mi hai salvato la vita" gli dissi sollevato io.
Jason mi guardò con i suoi occhi azzurro ghiaccio, poi si passò una mano tra i capelli biondi e rispose: "Di nulla, sai che io ci sono sempre per salvarti dalle donzelle". Io risi. Era da tanto che non ridevo spontaneamente, o almeno con i miei amici. Io e Jason andammo dal nostro gruppo: certo era un po' strano, però molto bello.
Arrivammo proprio sul più bello: Annabeth aveva appena tirato un libro di algebra in faccia a Percy, e quest'ultimo la stava rincorrendo per farle il solletico. Intanto Piper rideva, mentre si sistemava una piuma tra i lunghi capelli color cioccolato. Frank stava mettendo i libri nel suo armadietto, e appena si girò e si ritrovò faccia a faccia con Piper quasi cadette a terra per lo spavento. Nel frattempo Hazel, la fidanzata di Frank al terzo anno, era arrivata insieme a Nico. Quest'ultimo si era girato e se n'era andato appena aveva visto il casino.
Quando Jason tossì per far capire che c'erano anche loro, tutti si ammutolirono.
Piper baciò Jason sulla fronte, mentre Percy veniva di nuovo verso di noi col fiatone.
"Mi hai fatto correre inutilmente sapientona" sbuffò.
"Ti amo anche io" gli rispose divertita Annabeth. La campanella finalmente suonò e, dopo che Hazel ci salutò per andare a lezione con una sua amica, io e gli altri andammo nella classe di matematica.

La Dodds quel giorno decise di saltare il suo solito test di inizio anno con domande sugli argomenti dell'anno scorso, cosa che fu un bene in quanto non ricordavo una beata ceppa. Ci disse anche che "ovviamente" non lo aveva fatto perchè le facevamo pena, nè perchè avevamo appena iniziato l'ultimo anno e non voleva caricarci, ma piuttosto perchè, dato che sarebbe arrivata una nuova alunna e non aveva seguito il nostro programma, si sarebbe trovata indietro e non avrebbe potuto divertirsi a mettere anche lei sotto pressione agli esami.
Una nuova alunna? Un'altra ragazza che molto probabilmente mi avrebbe perseguitato per tutto l'anno scolastico? No, per favore no.
Anche se amavo stare al centro dell'attenzione, appena quelle oche stizzite mi stavano attorno mi veniva la nausea. Ormai anche io avevo capito che mi venivano appresso perchè ero tra i più belli della scuola, e pensavano probabilmente che fossi ricco o qualcosa del genere.
Le uniche persone che non mi stavano attorno per farmi finti complimenti erano i miei amici. Per il resto, tutti erano dei falsi.
Decisi di scacciare via quei pensieri mentre la nuova ragazza entrava in classe. Ma che dico ragazza, letteralmente un angelo sceso in terra.
Aveva i capelli biondi color caramello legati in una treccia che le scendeva sulla spalla sinistra, gli occhi a mandorla marroni più intensi che avessi mai visto, era vestita con una semplice camicietta arancione, dei leggins neri, scarpe nere e portava una collana dorata sul collo.
Sembrava sfinita dopo la corsa per arrivare in tempo, portava lo zaino su una spalla, eppure il suo look non sembrava essersi minimamente rovinato.
"Bene bene, ecco la nostra nuova alunna, per di più anche in ritardo" disse la Dodds con una calma spaventosa.
"Mi scusi professoressa, faccio ancora confusione con l'orario della mia vecchia scuola" si scusò la ragazza.
"Presentati alla classe e poi siediti, non ho voglia di perdere altro tempo"
La ragazza si girò verso la classe, guardò tutti i suoi nuovi compagni e poi iniziò a parlare: "Allora, ciao a tutti, io mi chiamo Calipso. Ho diciotto anni, mi sono trasferita da poco qui a New York e le mie passioni sono cantare e...beh, uscire con gli amici. Sono molto solare e protettiva con le persone che ritengo mie amiche, ma con chi mi è antipatico non sono affatto gentile".
Mentre Calipso si sedeva al primo banco, io rimasi fermo a fissarla da due banchi più in dietro.
Non avrei mai potuto dirlo, ma era la prima ragazza da ormai anni che trovavo bellissima.

Jason mi scrollò le spalle "Amico, tutto okay? Hai passato tutta la lezione a fissare la nuova". Mi accorsi del fatto che tutti stavano uscendo dalla classe. Avevo veramente passato tutta la lezione a fissarla? Cavoli, dovevo essere proprio rimbambito. Guardai Jason e dissi "Non la stavo fissando, la stavo studiando" ma capii che non mi credeva affatto.
Presi in fretta lo zaino e corsi fuori dall'aula, cercando con lo sguardo Calipso: stava andando all'aula di Biologia. Evvai! Anche io dovevo andarci, e per mia fortuna, quella era l'unica aula in cui non c'erano tutte le ochette che mi venivano appresso.
Iniziai a correre verso l'aula, ma ecco che feci la figura dell'idiota: per sbaglio inciampai e finii addosso a Calipso, così cademmo tutti e due a terra.
"Ma sei scemo?" Calipso si alzò e si girò di scatto verso di me.
E lì capì che avevo appena rovinato la mia possibilità di fare amicizia con la nuova ragazza.

Angolo autrice
Che dire ragazzi! Spero che il primo capitolo di questa storia vi piaccia, state tranquilli perchè ne arriveranno altri hihihi. Credo abbiate già capito che per i primi capitoli Leo e Calipso si odieranno, (sorry). Penso che questo sia tutto, se volete passate anche a vedere la mia misera Humor su Percy Jackson che non fa ridere nemmeno un cetriolo.
Annachiara Jackson<3

Tutto è possibile (Caleo ITA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora