Capitolo 2°

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Quand' anche l'ultimo bagliore della luna aveva ceduto il passo ai primi raggi del sole ed il leggero, allegro, chiocchiolare di un vecchio merlo, appollaiato su un ramo non molto distante, diede il buongiorno al cavaliere, questi, ancora frastornato, riaprì gli occhi. Le palpebre improvvisando una pigra danza, in maniera flemmatica, si piegarono su loro stesse e finalmente tornado ad ammirare la luce del giorno riprese coscienza. Seppur in maniera meccanica, lasciò scivolare le mani lungo il viso, si destò poi con un solo scatto a limite dell'agilità.Raddrizzò la schiena, raggiungendo una posizione semi-eretta e chino con le braccia appoggiate lungo le cosce ma lo sguardo perso, si voltò alla sua destra.
<Fulmine! > Urlò poi con enfasi. <pensi che si possa vivere sempre così..? > Così.. Liberi questa era la parola che volutamente aveva celato. Racchiusa in un angolo remoto dell'anima, continuava ad ardere. Assopita ma mai dimenticata, come un bagliore improvviso, la si leggeva nelle sue iridi scure che si apprestavano a divenire un armonioso palcoscenico, quando magistralmente, si ergeva, mostrandosi in tutto il suo splendore, in quei giorni in cui, la stanchezza, lasciava il passo all'euforia dell'evasione.
Abbozzò una smorfia, a cui seguì uno sbuffo che non fermò tuttavia i pochi passi in direzione del cavallo che prontamente liberò dalla fune, così che anche il povero animale, potesse dissetarsi. Carezzò il destriero a lungo. Le mani pallide scivolarono sotto il manto nero, morbido al tatto poi persuaso dal silenzio, lasciò che la natura gli suggerisse il da farsi. I suoi occhi rapiti dal verde intenso della vegetazione passavano da un punto all'altro del paesaggio seguendo la naturale inclinazione della luce.

Quella del mattino, certamente, aveva accentuato le differenti tonalità di verde che campeggiavano nell'aree circostante. Alti arbusti,piante caducifoglie, cespugli, radici emerse dalle cavità terrene e poi lo stormire delle foglie, mosse dal vento , preannunciò l'arrivo di una lepre tremolante che alla sua vista si dileguò, altrettanto rapidamente, verso una parete screpolata e muschiosa. Si trattava, evidentemente, dello scheletro appartenente ad un vecchio rudere, oramai, abbandonato all'incuria del tempo.

Si guardò intorno e avvicinandosi ad un enorme sasso ne prese possesso accomodandosi. Tirò il viso all'indietro, beandosi del sole già così caldo nonostante l'alba. Rimase così, in quella posizione, a lungo tempo, fin quando trasalì per una leggera folata di vento fresco, che sfiorando la pelle calda, generò brividi su tutto il corpo e grande fu la sorpresa nel riaprire gli occhi, poiché a qualche centimetro dal suo naso, una farfalla librava nell'aria leggera e svolazzando su sè stessa, compiva delle giravolte graziose.
Ne osservò i colori tenui ma anche, se fosse possibile, la leggiadria che tentò di riprodurre vanamente su un piccolo taccuino che sovente portava con sè. Con il carboncino tracciò giusto poche linee,prima che i suoi pensieri fossero rapidamente trascinati alla realtà, udendo la voce di un uomo che al trotto avanzava verso lui.

< Simòn..Simòn> in lontananza <Simòn dove sei?>ripetè ancora la voce di quell'uomo che si avvicinava al galoppo. Mise a fuoco gli occhi e con le labbra socchiuse riconobbe in quella sagoma l'amato compagno.

<Philippe! Philippe... qui!> Urlò di rimando mentre scattando all'impiedi afferrò Fulmine e serrandolo rapidamente corse incontro all'amico trafelato.

<Che accade?> Chiese.

<Ordini del Generale, stanotte ci scontreremo. Dobbiamo tornare subito all'accampamento.>

Si limitò ad annuire in silenzio. E non una parola di più seguì quell'ultima. Probabilmente perché non ce ne fu nemmeno più il tempo. Cavalcarono in silenzio, con l'agitazione nella testa e la paura nel cuore ed in meno di trenta minuti giunsero all'accampamento.

Anemos ( Fiore del Vento)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora