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Chiudo il libro con violenza sbuffando.

Leggo e rileggo la stessa frase da un'ora.

La mia mente mi riporta continuamente agli avvenimenti della scorsa notte, non ho chiuso occhio.

Ho fatto l'ennesima cazzata.

Non dovevo essere così accondiscendente, non dovevo proprio cedere.
Sono stata una stupida, non lo conosco.
Non so niente di lui se non qualche stronzata letta su google.

Preparo un caffè e raccolgo i capelli in una coda, per prepararmi alla solita merda di serata.

Sono nervosa all'idea di rivederlo.

Infatti come prevedevo lo vedo tra la folla a metà serata, incontra subito il mio sguardo e pronuncia le labbra mandandomi un bacio.

Distolgo immediatamente lo sguardo.

Per evitare di imbattermi in lui passo tutta la sera a danzare sul palco.

A fine serata, fuori dal locale accendo la solita sigaretta.

"Mi stai palesemente evitando" sbuca nella penombra, all'angolo del marciapiede.

Sussulto, la sua voce nel silenzio assordante risulta un tantino inquietante.

"Il numero che mi hanno dato è inesistente" cammino lasciando le sue parole alle spalle.

Mi blocca dal gomito da dietro.
"Pretendo una spiegazione" riesco a vedere quella luce nei suoi occhi nonostante la penombra.
Sputo una nube di fumo, pronta a parlare.
"Non me la bevo la storia del 'è stato un errore'. Perché so benissimo che non lo pensi." Mi anticipa, lasciandomi senza fiato per la sua schiettezza.

"Invece è così, non ci conosciamo affatto." Distolgo lo sguardo, sistemando meglio la giacca, fa ancora molto freddo la notte.

"Palle. Invece no, non è così." Le spalle al muro, le mani scorrono tra la chioma ribelle.

"È così. E lo sai benissimo anche tu. Sai più cose tu di me, quando io invece ho dovuto cercati su google." Confesso nervosa. So benissimo di non poter reggere una discussione, sono stanca.

"Mi hai googlato?" Sorride, prendendosi gioco di me.
Riprendo a camminare.

"Aspetta. Aspe'!" Mi insegue.

"Abbiamo tutto il tempo che vogliamo per conoscerci. Non ti ho ancora chiesto il matrimonio" rimango stordita dalle sue parole, come un pugno allo stomaco mi riscuotono.

"Facciamo che ci penso" lo liquido, mi incammino.

"Al matrimonio?" Domanda quasi come a volermi tirare indietro da ciò che ha detto.

"Coglione. Per favore sono stanca" cerco di fargli capire che non sono in vena di scherzare.
"Lascia che ti riporto a casa" fa spallucce, acconsento.

Zitti e Buoni. //DAMIANO DAVID//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora