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Le ciglia finte pesano sugli occhi e la vista non è del tutto lucida.

Ancheggio per i tavoli con un vassoio vuoto, cercando con gli occhi qualcuno che possa voler ordinare.

Sobbalzo improvvisamente sentendo scontrare qualcosa sul mio fondo schiena.

Mi volto, un uomo ubriaco fradicio con ancora un bicchiere in mano sghignazza.

Noto i cubetti di ghiaccio ai miei piedi, incredula e sconcertata dall'azione di quel tizio, mi si annebbia la vista.

Sono arrabbiata, non rispondo delle mie azioni.

Ha toccato davvero il fondo.

Non ne posso più.

"Idiota. MA CHE TI SALTA IN MENTE?" Qualcuno anticipa le mie parole.

Ethan, si avvicina a me, mi poggia la sua giacca elegante sulle spalle e mi accompagna lontano da quel tizio.

"Va tutto bene?" Grida al mio orecchio per sovrastare la musica.

Annuisco debolmente.
Sono ancora furiosa, un po' meno, ma pur sempre furiosa.

"Vado a prenderti dell'acqua.. e avverto i ragazzi" mi lascia nella prima stanza libera.

Mi stringo nella giacca, sentendomi piccola ed insignificante.

Ma davvero bisogna sopportare tutto questo?

Prendo delle salviette dal tavolino, e osservando la mia figura nello specchio a parete, ripuliscono via l'acqua lasciata dal ghiaccio.

"Spero non resti il segno.. se no chi lo sente quello" borbotto tra me e me.

"Gli unici segni che vorrei vederci sopra sono quelli dei miei denti" sobbalzo.

Deve sempre comparire così, 'sto qua?
Porca miseria, che spavento.

Sistemo meglio la giacca e lo osservo.

"Che fine ha fatto Ethan?" chiedo, si appoggia al tavolo, incrocia le gambe e fa spallucce.

Ci osserviamo in silenzio per fin troppo tempo e non è molto piacevole, anzi un misto tra inquietante e imbarazzante.

Nella stanza viene riprodotta fever di Dua Lipa.

Adoro questa canzone.

Inizio a ballare per smorzare la tensione che si è creata.

"Balliamo?" Ad un passo da lui, aggiusto la giacca sulla spalla appena scivolata.

"Non ci penso minimamente" sorride.

Cerco di fargli cambiare idea, ronzandogli addosso, un po' come un'ape attorno al miele.

Mi accarezzo il corpo continuando a danzare sensualmente, poi muovo i capelli.

Dondola leggermente sui talloni, appena finisce la canzone mormora "guarda che con me non devi recitare i tuoi balletti" mi prende la mano e mi guida in una mezza giravolta, le mie spalle toccano il suo petto "devi lasciarti andare" soffia tra i miei capelli.

Deglutisco per il piacevole calore del suo soffio sul collo.

Appena inizia una nuova canzone, inizio a ballare, salgo sul divano e lo incito a seguirmi attirandolo da lontano con gli indici.

Sorride portando indietro la testa, il pomo d'Adamo messo in risalto.

Segue qualche mio passo poi si butta a peso morto sul divano, mi lascio cadere accanto leggermente affannata.

Sorrido e per un attimo dimentico l'accaduto di poco prima con il tipo ubriaco.

Sfilo le maniche della giacca, leggermente accaldata "dovrei restituirla" borbotto.

"Puoi tenerla tutto il tempo che vuoi, tanto prende sempre le mie" fa spallucce e mi avvicino un po'.

"Che facciamo?" Lo osservo accarezzarsi i capelli, per sistemarli dietro l'orecchio.

"Dovrei avere da qualche parte un mazzo di carte" rovista nelle tasche dei pantaloni, spintono la sua spalla.

Che imbecille.

Batte il palmo sulle sue cosce invitandomi a sedere su esse.

Deglutisco ed eseguo i suoi ordini, resto rigida come un burattino.

Sbuffa leggermente, poi con la mano spinge la mia testa sul suo petto.

Il suo cuore batte svelto e il respiro sfiora i miei capelli.

"Chi ti ha buttato in questo posto?" Sussurra.

Mi sento giudicata, ma non posso biasimarlo.

Le sue parole mi feriscono, sembra che stia dicendo che non vado bene neanche per questo posto.

Le dita accarezzano le mie gambe nude stese sul divano.

"Sei tanto fragile.."

Le sue parole come un pugno allo stomaco mi travolgono, riportando all'episodio accaduto questa sera.

Mi sento insignificante come un moscerino.

Prima che possa accorgermene qualche lacrima riga il mio viso, mi allontano dandogli le spalle per non sporcargli la camicia di mascara e prima che possa alzarmi stringe forte le sue braccia al mio petto, incatenandomi a lui.

La sua stretta e forte, tanto da farmi mancare l'aria.

Inizio a piangere non riuscendo più a trattenermi.

Il suo mento poggia sulla mia nuca.

Non trovo neanche la forza per dimenarmi.

E forse questo pseudo abbraccio mi tranquillizza un po' dalle mie tenebre.

"Non sei sola"






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Zitti e Buoni. //DAMIANO DAVID//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora