Iniziò tutto così, con un cenno di saluto fatto con la mano.
Nonostante fosse la notte di Halloween, il cielo di Manatthan, nero per l'ora e le nuvole scure annunciatrici di pioggia, aveva indotto quasi tutti i passanti ad abbandonare le loro attività ricreative per cercare un facile rifugio in casa.
Io, invece, dopo essermi travestita come un'idiota per andare ad una festa con i miei amici, e dopo essere stata piantata in asso proprio all'ultimo, mi ero diretta e poi attardata in biblioteca, persa tra le
pagine di un vecchio libro odoroso. A riscuotermi dalla lettura ci pensarono il rombo di un tuono e, quasi subito dopo, l'arrivo della bibliotecaria.
“Dovresti proprio andare, cara” mi disse la donna, sorridendomi gentilmente ma parlando con tono fermo “Tra poco chiudiamo, e comunque sta per mettersi a piovere”.
“Ah-ha” risposi, rendendomi conto solo in quel momento di non aver portato un ombrello, sicché l'unica protezione a mia disposizione contro il temporale imminente era la stupida mantellina rossa che indossavo come parte del mio travestimento “Vado subito. Posso prenderlo in prestito, però?” continuai riferendomi al libro.
“Certamente” fece lei, accompagnandomi al bancone e segnando sui registri i dati della mia tessera e quelli del tomo “Puoi tenerlo una settimana. Ci vediamo per allora”
“Arrivederci” dissi, infilando il libro nel cestino di vimini che faceva parte del mio costume, e uscii fuori, per trovarmi davanti ad una città spettralmente vuota.
Non senza una certa dose di prudenza, dettata da un presentimento che inspiegabilmente mi si era radicato nel cuore, scesi la scalinata della biblioteca e raggiunsi le rastrelliere per bici, dove avevo lasciato la mia, di un brillante verde smeraldo.
Solo per trovarla attaccata ad una catena che non era mia.
“Oh, andiamo!” gridai con esasperazione, conoscendo bene lo scherzetto che mi avevano giocato e provando a rimuovere il gancio a suon di forza bruta. Niente da fare, ovviamente. Sospirando frustrata, frugai nello zaino alla ricerca di una forcina, dicendomi che magari avrei potuto forzare il lucchetto.
Ci lavoravo già da un po' quando sentii alle mie spalle il ticchettio delle scarpe della bibliotecaria.
“Sei ancora qui?!” mi chiese incredula “Che stai facendo?”
“Mi hanno agganciato la bici” risposi, indicandole il mio mezzo di trasporto “Sto provando a liberarla”
“Mmmmh” mugugnò lei con una smorfia, adocchiando il cielo sempre più cupo e sempre più spesso illuminato da lampi e riempito dal frastuono dei tuoni “Non puoi lasciarla lì con la tua catena e tornare domani? Tra poco verrà giù il diluvio!”
“Non ho abbastanza soldi per i mezzi pubblici” le spiegai “E mio padre mi ucciderebbe se mi facessi fregare la bici ancora una volta”.
La donna, avvolta in un elegantissimo cappotto di panno grigio, fece scorrere lo sguardo preoccupato da me al cielo per qualche minuto, e nei suoi occhi vidi il panico che assale ogni newyorchese quando viene messo davanti all'ardua scelta tra il fare qualcosa di gentile per il prossimo suo, e il fregarsene – da bravo newyorchese – e farsi beatamente gli affaracci propri.
Alla fine prevalse la Grande Mela.
“Come dici tu” disse, facendo spallucce “Cerca di non prendere troppa acqua”
“Sì, certo, come no” borbottai, osservandola mentre si allontanava a passo svelto. Con un ennesimo sospiro, tornai a lavorare sul lucchetto, proprio nel momento in cui una grossa goccia di pioggia mi atterrava sul naso.
STAI LEGGENDO
Offspring
FantastikDopo il divorzio dei suoi, Jada Evans, insieme alla sorella, si trasferisce in Irlanda, nello sperduto villaggio di Keltown. Dietro l'immagine pacifica e bucolica della cittadina, però, si nasconde un grande segreto. Chi è il misterioso straniero ch...