Erano le due e trenta del pomeriggio di un sabato. Abbie aveva pranzato da Evan, e Kay aveva già mangiato ed era nella sua cameretta a fare i compiti.
Non ha mai avuto bisogno di un mio aiuto, ne io ho mai avuto bisogno di rimproverarla per farle fare i compiti. È sempre stata come io ero alla sua età; più matura della norma.
Io non avevo mangiato nulla perché non mi andava, e decisi di riposare un po'. Presi una coperta leggera e mi poggiai sul divano.
«Kay» la chiamai.
«Si?» chiese con la sua vocina dolce.
«Io riposo un po', non aprire la porta a nessuno» le raccomandai.
«D'accordo Sam» salì di nuovo su in camera.Neanche il tempo di chiudere gli occhi e improvvisamente sentii il suono continuo del campanello di casa, seguito da urla che mi suggerivano di aprire.
C'era un casino totale dietro quella porta, sembrava ci fossero dieci persone lì fuori.
Mentre mi alzavo e mi dirigevo lentamente verso la porta ancora assonnata, diedi un'occhiata all'orologio ed erano le sei del pomeriggio. Avevo dormito parecchio.
Poi vidi Kay che scendeva dal piano di su spantevanta.
«Tranquilla tesoro, sono solo Evan e Abbie» la rassicurai «Torna su».
Lei annuì e obbedì.Andai ad aprire, mentre il chiasso non cessava mai. Aspettavano solo che io aprissi.
«Se non state zitti non vi apro» urlai scherzando.
Silenzio totale.
Ed io aprii.
«Today is saturday» canticchiava Evan.
«Party Hard» continuò Abbie.
«Out of here» continuò a sua volta Ev.
«Ragazzi lo sapete già» risi. «Non posso venire» continuai.
«Andiamo Sam» disse Evan.
«Devo restare a casa con Kay»
«Ma così non avrai mai una vita sociale» disse lui.
«Lo so, ragazzi. Ma lei ha solo me»
«E me. Ci resto io con lei, esci con Evan e conosci nuove persone» disse Abbie.
«Mai! Scherzi? Dovrei divertirmi mentre tu sei qui a casa? Di sabato? Scordatelo. Davvero, andate voi»
Silenzio totale.
Il telefono di Abbie squillò, rompendo il silenzio.
«Alex, dieci minuti e arriviamo»
Disse solo questo e bloccò subito.
«Okay. Noi andiamo. Ma è ultima volta che tu resti di sabato a casa.» disse Evan.
«Credo di no finché Kay resterà qui con me» gli ricordai, accompagnandoli alla porta.
«E invece si, so io come fare.» rispose lui.
Mi baciò, lo stesso dopo fece Abbie.Non ci contavo molto su ciò che aveva detto, anche perché con la sua pazzia estrema sarebbe persino arrivato a suggerire di far adottare Kay.
Cosa che sicuramente non sarebbe mai successa. Non l'avrei mai permesso.
Mi salutarono un'ultima volta e andarono via.
Subito dopo andai a farmi una doccia veloce, e dopo aver ripulito il bagno, preparai la cena per me e la mia sorellina.
Nell'aspettare che fosse pronto apparecchiai la tavola e poi chiamai Abbie per sentire come stava proseguendo la serata; si stavano divertendo, come sempre in fondo. Ed io, nonostante il fatto che mi dispiacesse che fossi rimasta a casa, ero davvero felice per loro.Quando la cena fu pronta, chiamai la bambina, che a sua volta scese subito.
«E allora, cosa hai fatto mentre ho dormito?» le chiesi.
«Ho fatto i compiti e ho giocato con le bambole» disse.
«Ti va di vederci un bel film stasera? Ti farò i pancake» sorrisi.
«Certo» era contenta.E quella bambina non immaginava nemmeno quanto contasse la sua felicità per me e quanto influisse sul mio umore.
Parlammo poi del più e del meno, e mi aiutò a sparecchiare. Le dissi di andare a lavarsi e mettersi il pigiama nel frattempo che io facessi il bucato.
Solo dopo circa una mezz'ora eravamo pronte per piazzarci sul divano e oziare per tutta la serata che ci era ancora rimasta davanti, a vedere un film.
«Sam»mi chiamò con una vocina insicura.
Le rivolsi lo sguardò.
«È per colpa mia che tu sei rimasta qui di nuovo» disse.I suoi piccoli occhi dicevano apertamente che si sentiva in colpa; non riusciva a nasconderlo.
Occhi rivelatori li chiamava mia madre. Me lo diceva sempre. 'Piccola mia, tu non hai bisogno di parlare. Hai degli occhi che proprio parlano. Hai degli occhi rivelatori.' Mi diceva spesso.
E lei, aveva gli stessi occhi miei.«Mi dispiace» abbassò lo sguardo.
Mi sentivo io terribilmente in colpa, perché lei si sentiva inutilmente in colpa. Era così complicato.
«Hey» la presi e la misi in braccio a me. «Sei impazzita? Non sentirti assolutamente in colpa. Non scusarti. Sono io che ho deciso di rimanere, non sei tu che mi hai costretta. E..»
«Ma Sam» obiettò
«Ma nulla. Quello che ho fatto oggi lo rifarei altre milioni di volte. Sei la mia piccola, non ti lascerei sola per nulla al mondo.»
Lei sorrise e mi abbracciò forte.
In quel momento il mio cuore si sciolse come..della cioccolata in un forno.
«Kay, tu sei sola e lo sono anche io. Siamo sole, ma..siamo sole assieme. Non mi aspetto che tu capisca.»
Infatti cosa poteva capire una bambina di ciò che avevo detto? Mi capivo a sento io stessa a volte.
«Ma sappi solo che non ti abbandonerò» continuerò.
Le baciai la fronte, e lei mi strinse ancora più forte.
Presi una coperta leggera e la poggiai su di noi.
«Ti voglio bene» disse prima che il silenzio regnò per il resto della serata.
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SAM || By Athelophobian.
Teen FictionNonostante i problemi e le difficoltà che Sam, una sedicenne ragazza americana, trova nel percorso della sua vita, è sempre pronta a sorridere e andare avanti per la sua piccola sorellina. A causa del suo essere altruista, gentile e spesso occupata...