genitori e figli

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Non sprecare lacrime nuove per vecchi dolori.

- Euripide

Una volta erano stati figli.

Draco Malfoy lo sapeva e non soltanto lui. Forse non lo aveva appurato vent'anni prima – su quel tappeto, dove ora sedeva Scorpius, silenzioso –, ma lo aveva imparato col tempo, arrivando a comprendere persino il suo vecchio.

Scorpius invece? Scorpius avrebbe capito? Sarebbe mai arrivato a capire suo padre? E Draco sarebbe mai arrivato a comprendere il proprio figlio?

Era il silenzio del bambino, tessuto così bene, ostentazione di una placidità naturale, assolutamente naturale, a disturbare il giovane Malfoy.

"Perché diavolo non parli, Scorpius?", avrebbe spesso voluto chiedergli. "Perché diavolo non mi parli?", avrebbe rettificato in seguito.

Scorpius però era troppo preso dal trenino rosso che teneva fra le mani per prestare attenzione allo sguardo pensoso del padre, adesso. E, a dire il vero, proprio perché inquietava, Draco evitava di fissarlo con frequenza. Spesso preferiva indugiare sulle possibilità di suo figlio, e non su di lui.

Iniziò a piovere, di nuovo. Non una rarità nel Wiltshire del resto, anche perché la pioggia fungeva ormai da ornamento per quella terra. Le stille d'acqua filavano come perle sugli steli d'erba e rilucevano silenziose quando il sole si svegliava, stiracchiandosi fra coltri di nubi, venate di nero e minaccia, e concedendo così tregua ai piccoli abitanti delle campagne più isolate.

Con lo spiraglio di una nuvola più generosa, il manto erboso che sembrava inghiottire Malfoy Manor – insieme ai suoi abeti, ai suoi pioppi, ai suoi cespugli di erica sempre fresca e di coriacee rose invernali – e che si tramutava in drappi di buganvillee sui muri esterni più riparati dal vento e, al contempo, più battuti dal sole, diveniva prezioso dopo la pioggia. Le gocce d'acqua rotonde, che resistevano in precario equilibrio su foglie, erba e muschio, occhieggiavano euforiche tutto il mondo sopra di loro, brillavano impazzite come tanti, piccoli diamanti, quasi ebbre di eccitazione dopo una festa dal sapore selvatico, e tutto era merito di un lungo, ormai consueto, scroscio di pioggia.

Scorpius faceva sempre molto caso alla pioggia; come i gatti, a volte, sembrava addirittura percepirne l'arrivo in anticipo. Frequentemente, in passato, Draco aveva sbirciato nella sua stanza e l'aveva visto così concentrato sui fili umidi che inargentavano l'erba, da rimanerne spiazzato.

Forse gli piaceva l'odore della pioggia o il suono, aveva pensato, o forse la sensazione di quel torpore muschiato che strisciava sussurrante fino all'anima per poi lasciare la bella soddisfazione di essere al caldo e asciutto, ma tutto ciò continuava ad essere disorientante. Scorpius aveva uno sguardo troppo vivo e consapevole per non capire. Aveva un cuore troppo caldo e frenetico per non anelare qualcosa più grande di lui.

Suo figlio lo inquietava, ma Draco Malfoy trovava anche un certo fascino in questo, sebbene cercasse di serbare i graffi nello spirito che quel mutismo gli cagionava ogni giorno.

Lo giudicava, suo figlio? Lo voleva punire? Lo voleva punire con un silenzio assordante?

"Se potessi ridarti tua madre, Scorpius, lo farei... nonostante tutto"

Glielo diceva sempre. Lo ripeteva con una convinzione quasi tangibile. Era lì, era proprio lì, quel pensiero fatto promessa, e glielo inviava ad ogni singolo sguardo, impavido.

Quel pensiero, però, fu subito messo a tacere dal movimento veloce del bambino: la sua testa era saettata all'indietro, verso la porta a due battenti del salone, la quale schermava una risata infantile e l'altra adulta che l'accompagnava. Risate, sì. Proprio risate. Risate femminili.

Slytherin roses || dramione🦋Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora