melodie spezzate

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Non c'era nessuna risposta, altro che quella che la vita dà a tutte le questioni più complicate. E la risposta è questa: bisogna vivere secondo le necessità della giornata, cioè, dimenticare. Dimenticare nel sogno non è più possibile, almeno finché venga la notte: impossibile ora tornare a quella musica che cantavano le donne-ampolle; dunque bisogna dimenticare nel sogno della vita.

- Lev Tolstoj





Quella notte il sonno agitato era il suo.

Hermione si muoveva con fervore fra le lenzuola. Preda degli incubi, emetteva gemiti dolorosi e tormentati, ma il sudore le imperlava la fronte con grazia, come rispettoso, manifestando il suo disagio soltanto a livello fisico, forse per non togliere spazio a quello emotivo.

Incubi, così tanti incubi.

Per Draco quegli incubi non erano più una sorpresa. Era la terza volta che vi assisteva da quando l'abitudine aveva condotto Hermione nelle sue stanze; al mattino tuttavia non aveva mai osato chiederle niente o anche solo menzionare la questione. Voleva farle credere di non sapere nulla, probabilmente perché sospettava che nemmeno lei ne fosse consapevole, così, appena sveglio, si comportava con la solita, fredda nonchalance e camminava spedito in bagno per farsi una doccia prima di colazione.

Eppure ora era diverso.

Hermione aveva cominciato a piagnucolare, le guance erano solcate da una scia di lacrime ognuna che, con la luce della candela sul comodino vicino, appariva infuocata. E magari lo era davvero, infuocata, ma di disperazione.

All'improvviso, scattò con il seno verso l'alto, come sospinta da uno spasmo di pena incontrastabile. Gemette e si morse le labbra, prendendo poi a muovere con frenesia la testa, da una parte all'altra. Negava qualcosa in maniera spasmodica, rantolava e i gemiti si stavano facendo via via più disperati.

«Mezzosangue...» mormorò Draco al suo orecchio, toccandole deciso una spalla e cominciando a premerle sulla pelle con le punte delle dita.

Hermione schiuse la bocca, forse per emettere l'ennesimo suono, ma non uscì nulla. Continuava ad agitarsi e a muovere le spalle. Le lenzuola erano ormai un groviglio imprigionante per il suo corpo e la freschezza dei cuscini era solo un ricordo.

«Mezzosangue...» Draco ripeté, ora allarmato, dopo averle tastato la fronte. Quel velo di sudore lo stava inquietando a poco a poco sempre di più, e lei gli appariva più bianca, più debole, come in agonia.

Le toccò una mano e la strinse, avvicinò la bocca alla sua e con più vigore tentò di destarla. Si mostrò conciliante e provò a essere delicato; fu tutto inutile.

Al che la frustrazione ebbe la meglio.

«Hermione!» esclamò a quel punto, deciso e perentorio come sua abitudine.

Lei aprì gli occhi di scatto e sussultò alla vista di Draco così vicino al volto, fremendo ancora un momento sotto le coperte e sbattendo le palpebre così furiosamente da far temere per le sue condizioni. Si toccò la fronte e le guance, e una vaga ombra di stupore sembrò ravvivarla quando si rese conto di essere sudata. La sottoveste di raso leggera che aveva addosso le era completamente aderita alla pelle e i capelli erano ormai una massa di ribellione fatta ciocche ricciolute.

Spaesata, Hermione tirò su la schiena, aiutata dalla mano gentile di Draco che era scivolata prontamente a sostenerla, si guardò le dita e si rese conto, con un certo disappunto, di averle tremanti.. Aggrottò la fronte come per sforzare la mente a riprendere il controllo e sospirò profondamente quando i tremori delle mani cessarono. Nel frattempo, lui si allungò un istante verso le candele sul comodino e le accese con un semplice movimento del palmo, poi si riportò su di lei e la osservò fino a quando non corse il rischio di apparire insistente. Quando volse lo sguardo altrove, in un primo momento pensò di alzarsi per versarle un bicchiere d'acqua, tuttavia fu la sua immobilità a frenarlo, quell'assenza dei gesti, degli sguardi, quel soffocamento dell'anima che sembrava essersi nascosta proprio dentro lei stessa.

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