Astoria

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Siamo tutti esuli dal nostro passato.

- Fëdor Dostoevskij

Si ritrovarono entrambi seduti a terra, le schiene contro le pareti impregnate di fumi e lacrime, a fare i conti con un fantasma invisibile, ma così pieno di ricordo e malinconia da confondere l'aria intorno a loro come parte della sua stessa inconsistenza.

Draco aveva uno sguardo vacuo, quasi perso. La rabbia di poco prima sembrava scemata, però Hermione la percepiva comunque, distintamente, a piccole fitte. E questa strana empatia la turbò.

Il giovane si osservava le mani, confuso, a corto di parole, poi seguì con le dita le fenditure fra un'asse e l'altra del pavimento. I polpastrelli raccolsero polvere, ma lui non se ne curò né soffiò per scacciarla via. Era solo polvere, d'altronde. Era pieno, di polvere, dentro lui; un altro po' non avrebbe costituito chissà quale grande differenza.

Hermione non aveva ancora ricevuto una replica, eppure le fu tutto chiaro: Draco aveva sofferto per amore. Draco stava soffrendo per amore. Come lei: perché l'aveva perduto.

Erano più simili di quanto volessero ammettere.

«Ci sposammo un mese dopo il suo diploma» mormorò Draco, distrattamente. «Ci sposammo in una chiesetta sperduta, nel bel mezzo di una piccola radura piena di Rose d'Estate, perché Astoria amava il verde, i fiori, le foreste, gli ambienti raccolti e antichi» soggiunse, il tono leggermente più alto e deciso.

Hermione comprese fosse l'inizio di un racconto, quello di Draco, così intrecciò le dita, condusse le mani al grembo e non lo interruppe nemmeno con un respiro; si fece addirittura più attenta nei movimenti per non distrarlo e quindi non spezzare quella finta tregua dal tormento. Infine, alzò il viso per osservare il suo, ben sapendo di non essere ricambiata.

«Ti sembrerà strano forse, Granger» proseguì infatti Draco, senza dare adito di pensare che in realtà stesse parlando con qualcun altro «... ma il nostro matrimonio fu combinato, nonostante il secolo in cui viviamo».

Lei lo sapeva. Tutti lo sapevano. Più che altro lo avevano supposto. I Greengrass erano molto ricchi, e i Malfoy, che desideravano una purosangue vicino al loro figlio unigenito, non si sarebbero mai accontentati di una purosangue qualunque, ma di una purosangue facoltosa sì. Tuttavia, quando Harry, Ron e Hermione avevano letto la notizia del fidanzamento di Draco sulla Gazzetta del Profeta, si erano chiesti perché la scelta non fosse ricaduta su Daphne, visto che – per dirla gentilmente – la maggiore delle Greengrass aveva visitato molte volte la camera del futuro cognato nel corso degli anni trascorsi a Hogwarts.

Eppure, sempre per non interromperlo, Hermione non osò porgli una domanda tanto indiscreta e lo lasciò seguitare, certa che sarebbe stato lui, di sua iniziativa, a fornirle una risposta plausibile.

«Astoria aveva due anni in meno di me e puoi dedurre che fosse molto giovane quando mi sposò» cominciò Draco, avvolto da una vaporosa scia di ricordo, invisibile e contemporaneamente evidente, perché l'aria restante pareva essersi appena rarefatta. «Io non ero da meno, del resto. Ma per quanto giovane Astoria fosse, all'epoca non riuscii comunque a giustificare la sua ritrosia, l'estrema timidezza che l'accompagnava addirittura quando alzava improvvisamente il viso verso il sole per sorridere, perlomeno confrontandola con la sorella che... be', diciamo conoscevo bene».

Molto bene, in effetti.

Draco tirò su il mento e finalmente la guardò. Hermione si era stretta le ginocchia al petto e non sapeva cosa dire. Sapeva, tuttavia, quanto lui desiderasse disperatamente sentirle dire qualcosa, e quindi fu proprio quell'aspettativa delusa, forse, a far sì che lui si avvicinasse a lei e abbandonasse la schiena contro la stessa parete.

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