14. La VNT del confine

14 0 0
                                    

Come Evan superò la storia di sua sorella Selene? Semplice: non lo fece e basta. Pianse per dei minuti interminabili che poi diventarono quarti d'ora interminabili finché non si convinse che tutto ciò era alquanto inconcludente e vano. Victoria cercò in tutti i modi di stargli accanto ma il suo migliore amico non voleva essere aiutato per nessun motivo al mondo, credendosi soltanto un peso per lei, che aveva già visto la sua vita stravolgersi e scombussolarsi del tutto. Entrambi erano convinti di essere abbastanza forti da potercela fare da soli, senza rendersi conto di come fossero necessari l'uno per l'altro e di come il loro rapporto li stava involontariamente salvando. Forse è proprio questo che rendeva la loro relazione stabile: esserci, nonostante tutto. Non c'era bisogno di contorni, ornamenti, complimenti non spontanei, gesti pomposi. Bastava esserci, malgrado il cuore di Evan fosse a pezzi come un puzzle che aspetta solo di essere ricomposto. E Victoria avrebbe unito milioni di pezzi, sebbene non lo ammettesse.
Non si erano mai separati a Mirabilis ma non era accaduto nemmeno nel mondo in cui vivevano solitamente. Era come se si appartenessero e non importava in quale senso; amici o amanti, le loro anime erano legate. Un po' come la storia giapponese del filo rosso.

"Ehi, Evan. So che mi hai detto di lasciarti solo ma volevo dirti che a volte fa bene stare male."

"Non è quel male."

"Lo so...Beh, se vuoi ci sono." Lo liquidò così e fece per andarsene. Non voleva ferirlo più di quanto lo fosse già.

"No, rimani."

"Stare da solo ha senso, sul serio, lo capisco. Anche io starei da sola in questo caso, suppongo."

"Vik, ti sto dicendo di restare."

"Oh, sì, va bene. Cosa c'è? Vuoi sfogarti o...?"

"Voglio andare. La VNT. Sono pronto."

"Evan è veramente tardi e non penso che tu sia nelle condizioni adatte per combattere quella specie di mostro, voglio dire, abbiamo lottato contro dei coccodrilli ma non penso sia la stessa cosa."

"Wieland ci ha lasciato le armi giusto?"

"Sì, se n'è andato dopo l'ottava volta che gli ho chiesto di farlo. Forse potrei averlo obbligato. Almeno ci ha augurato buona fortuna."

"Vedi? Era inconsciamente d'accordo con me nel partire."

"Non so se sia una buona idea, onestamente."

"Bisogna reagire al dolore."

"Non così presto."

"Sono ore che piango. So che la lacrimazione aiuta la vista ma ci vedo abbastanza. E poi non ci tengo così tanto a vedere la VNT."

"Prendi quelle armi."

"Agli ordini."

Le armi che Wieland aveva creato erano lucenti e soprattutto taglienti. C'erano coltelli di ogni tipo, con dei manici in legno decorati ognuno minuziosamente e rappresentanti scene di guerra differenti. Inoltre, c'erano un arco con delle frecce (moltissime frecce), una sorta di pistola ma decisamente più grande e di conseguenza più potente, un'ascia ed infine uno strano "tubetto" che, in realtà, sembrava assolutamente innocuo. Tutti questi strumenti erano posti all'interno di uno zaino in velluto, marrone e usurato, probabilmente risalente a molti anni prima. Sotto all'ammasso sporgente di armi, si poteva notare un piccolo libricino, davvero sottile e con su scritto "istruzioni per l'uso."

Evan lo notò subito ed incominciò a sfogliarlo, senza leggere, soltanto per il gusto di sapere più o meno il suo contenuto e guardare le numerose immagini dei pezzi che componevano questi strumenti assieme alla loro storia, scritta accanto. Nonostante Wieland fosse strano sotto qualsiasi aspetto ed all'apparenza distratto, aveva svolto un lavoro egregio. Dopo averlo esaminato per un po', lo poggiò sopra un piccolo pezzo di tronco tagliato da qualcuno e si mise addosso lo zaino contenente tutta l'artiglieria necessaria.

Oltre lo specchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora