6. Mirabilis

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Dopo un confronto durato un'intera notte i due si stesero l'uno accanto all'altra e, con la testa rivolta verso la grande finestra che la camera ospitava, guardarono il cielo.

"Non mi sarei mai immaginato di vivere una storia del genere."

"Figurati io. Ho praticamente scoperto che mio padre è vivo."

"Assurdo."

Risero. Ed ognuno aveva i suoi buoni motivi per ridere. Victoria non aveva più perso i suoi genitori, li avrebbe ritrovati e sarebbero tornati ad essere la famiglia che erano anni prima. Evan, invece, avrebbe dato finalmente del colore alla sua vita. Era stato coraggioso, quella sera, ad insistere con suo padre per conoscere delle informazioni riguardanti il baule: era un suo diritto. Entrambi stavano per diventare i protagonisti di una magica avventura ancora sconosciuta ai loro occhi e soprattutto al loro cuore. Qualsiasi cosa sarebbe successa l'uno sarebbe stato al fianco dell'altra e questo bastava: a volte serve soltanto la compagnia giusta per un viaggio indimenticabile.

Mentre il sole sorgeva ed il cielo si rischiariva, una nuova e intensa giornata si prospettava davanti ai due ragazzi. Non avevano dormito molto la notte precedente: troppo presi a raccontarsi le loro passate (ma anche future) vite emozionanti. Victoria si era alzata ed era corsa in cucina per preparare la colazione quindi era salita sulla sedia, aveva preso i cereali dal mobiletto più alto e li aveva immersi nel latte caldo. Aveva acceso la tv ma la guardava soltanto distrattamente: il suo sguardo si divideva fra lo schermo e lo orologio. Non vedeva l'ora di andare dal signor Dason. Quelli che dovevano essere i giorni peggiori della sua esistenza si stavano rivelando pieni di novità e dalle lacrime totalmente assenti. Evan ci aveva messo un po' di più per alzarsi ma, alla fine, fece in tempo ad iniziare la colazione proprio quando Victoria la stava terminando.

"Che facciamo?" Le chiese poi.

"Aspettiamo. Aveva detto alle quattro."

"Sei sicura? Magari ha sbagliato e voleva dire quattordici. Quindi alle due. Quindi fra qualche ora."

"No Evan, aveva detto quattro, sono sicura. In ogni caso, qualcuno fra i presenti è più agitato di me. Ti ricordo che sono io l'orfana qui."

La conversazione si concluse così e finalmente, dopo una grande ed infinita attesa, arrivarono le quattro. I due ragazzi presero i bauli contenenti le lettere, il vinile, gli specchi e tutto il resto e uscirono. Il signor Johnson non era in casa mentre sua moglie era impegnata nel guardare una banale (ma non per lei) love story americana perciò non si accorse nemmeno della porta che sbatteva e dei due ombrelli mancanti. Ombrelli, sì, perché pioveva: capitava spesso a Deadwood e non era un bello spettacolo poiché la cittadina era già abbastanza cupa e triste. Quando Victoria ed Evan furono davanti all'abitazione del signor Dason esitarono un po'. Era la cosa giusta da fare? Perfino lei, una ragazza così coraggiosa e sicura di sé, mostrava segni di fragilità e cedimento in quella situazione. Questo era ciò che lei riteneva inconsapevolmente uno dei suoi più grandi difetti: sembrare convinta delle sue azioni pur portando nell'anima il peso della sua instabilità. Victoria non era forte, la vita l'aveva resa così e lei, come un artigiano modella il suo vaso, era stata modellata dagli eventi.

Alla fine, suonarono il campanello e chiusero l'ombrello.

"Se puoi, evita di tornare indietro nel tempo stavolta. L'ho visto nella cronologia. Entrate pure." Disse il signor Dason appena aprì la porta. E poi proseguì.

"Vedo che è venuto anche Evan. Tuo padre mi ha riferito della vostra recente discussione."

"Sì, avevo bisogno di scoprire le mie vere origini e di sapere cosa la mia famiglia fa realmente. O almeno, parte di essa."

"Già. Tua madre purtroppo non sa nulla. Non deve sapere nulla o tuo padre sarà costretto a rimanere a Mirabilis per tutta la vita, come Alexander."

"Mirabilis?" Chiese Victoria.

"Mirabilis, il mondo dove si trova Wondercaelum, la città dal cielo incantato."

"Ti, anzi, vi ho convocati qui proprio per questo. Come ormai sapete Wondercaelum ha bisogno di essere liberata da voi. Scelus è tornato e sta imprigionando più cittadini possibili, specialmente quelli che fanno parte del Consiglio dei Diamanti, nel castello di Crystallum. Arrivare lì è un'ardua impresa ma so che in qualche modo ci riuscirete."

Fece un cenno a Mary, la quale ascoltava la conversazione e sapeva riconoscere quello sguardo: era di nuovo il momento di accendersi una sigaretta. Gliela portò e lui la ringrazio con un mezzo sorriso.

"Dicevo, dovete salvare quella città poiché anche voi, pur avendo scoperto da poco la sua esistenza, ne siete parte. Possedete perfino un passaporto."

"Non è vero." Commentò Evan, quasi sottovoce.

Il signor Dason si alzò e sollevò con le sue ultime forze rimaste un enorme libro impolverato da cui estrasse due strani passaporti con sopra inciso un sole contenente un castello.

"Quasi dimenticavo. Eccoli. Vi serviranno al confine."

"Al confine?"

"Non posso stare qui a spiegarvi tutto. Vorrei ma devo parlare con voi il meno possibile. Appena sarete a Mirabilis chiedete di Cyrus. È un mio amico e vi aiuterà."

"Non ho ancora capito come ci si arriva." Ribadì Victoria, stanca della troppa ma necessaria teoria ed in attesa della pratica fino ad allora assente.

"Dovete prendere i vostri specchi, vedo che li avete portati, siete dei ragazzi intuitivi. Premete il dito sul taglio che è stato fatto secoli fa su di essi dal primo Consiglio dei Diamanti e ripetete la frase che ora vi indicherò su questo libro. Mi raccomando, non dimenticatevi mai, nemmeno una volta, di dirla, sia per entrare a Mirabilis che per uscirne. Chiaro? Bene."

La frase che indicò era:

I due ragazzi stavano per dirla quando il signor Dason li interruppe.

"Un attimo, un attimo."

"Cosa c'è?" Rispose la ragazza, scocciata poiché insistente di vedere i suoi genitori, l'una dopo qualche giorno e l'altro dopo anni.

"Ho dimenticato un'ultima cosa. Dovete dirlo contemporaneamente, sennò non funziona."

"Va bene. Al mio battito di ciglia?" Propose ad Evan.

"Sì, ti guardo."

Dopo tre secondi, Victoria batté le ciglia ed Evan si accorse subito. Si fissarono gli occhi a vicenda e dissero ad alta voce: Fammi vedere il cielo incantato.

Fu da quel momento che il signor Dason, almeno per quella giornata, perse le tracce dei due ragazzi. Lui c'era stato ma non poteva più ritornarci. Non dovevano scoprire che aveva aiutato i due nuovi cittadini ad entrarci.

Fu da quel momento che Victoria ed Evan, due semplici studenti che credevano di possedere una semplice vita composta dai soliti problemi adolescenziali e da un'immensità di libri obbligatori da leggere, si ritrovarono a Mirabilis.

Oltre lo specchioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora