Capitolo 4: Richieste Inaspettate

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La mattina seguente

Aprii gli occhi lentamente, accecato dai raggi del sole che filtravano tra le finestre. Ero steso su un futon, ed era giorno. Non sapevo quante ore fossero passate dalla fine della battaglia, ma l'importante era che fossi riuscito a vincerla. Al mio risveglio vidi un bambino dagli occhi vispi e neri come la pece correre verso la porta della stanza e gridare.

«Mamma, mamma si è svegliato!»

Mi misi a sedere con cautela, evitando di poggiare la mano destra. Poi la guardai... era fasciata. Guardandomi attorno vidi il posto in cui mi trovavo... era una piccola stanzetta in legno, molto umile e poco decorata. Non c'era niente se non il futon in cui mi trovavo e una piccola scrivania.

Dopo qualche istante entrò una giovane donna dai lunghi capelli castani e gli occhi neri che portava una tunica bianca molto rovinata. Al suo fianco c'era il bambino che mi stava vicino qualche attimo prima... aveva dei corti capelli neri, esattamente come gli occhi. Portava una singolare maglietta rossa, anch'essa rovinata e sporca, e dei pantaloni neri.

Donna con la tunica

«Ben risvegliato. Come ti senti? La mano fa ancora male?» Mi chiese la donna, con tono gentile.

Kōri

«Sto bene... ma come sono finito qui? È stata lei a medicarmi?»

Donna con la tunica

«Ieri sera ho sentito delle grida e una persona avvisare sull'imminente attacco dei demoni... così mi sono rifugiata in casa con mio figlio. Questa mattina ero diretta a un ruscello qui vicino per prendere dell'acqua, quando ti ho visto... eri sdraiato sul riso, e vicino a te c'erano dei carri  ribaltati e dei mercanti accampati. Ti avevano messo al fianco del fuoco per riscaldarti. Appena ho notato che eri ancora vivo ho chiesto di portarti qui e ho cercato di medicarti come potevo. Non abbiamo dei medicinali qui... ho usato delle semplici bende.»

Kōri

«La ringrazio infinitamente... mi ha salvato la vita. Posso sapere il suo nome? Il mio è Tsumetaze.»

Atsuka

«Mi chiamo Atsuka, piacere di fare la tua conoscenza. Ti dispiace se lascio da soli te e mio figlio? Devo andare anche adesso a prendere dell'acqua.»

Kōri

«Oh... certo, può lasciarlo qui con me. Sembra un bravo ragazzo.» Affermai sorridente.

Poi la donna si rivolse al bambino.

Atsuka

«Mi raccomando, non dare fastidio al ragazzo, intesi? Ci vediamo dopo,» affermò uscendo dalla stanza.

Kōri

«E invece tu, piccolo? Come ti chiami?»

Si avvicinò a me con un enorme sorriso stampato in faccia, e disse con fierezza:

Bambino

«Mi chiamo Kurohi. Kurohi Haruo.»

A quella affermazione i miei occhi divennero lucidi, e non riuscii a trattenere le lacrime.

«Perchè piangi?» Chiese preoccupato il ragazzo.

Kōri

«Beh... devi sapere che tanto tempo fa avevo un amico che si chiamava proprio come te,» dissi asciugandomi le lacrime.

Non dovetti aggiungere altro. Kurohi sembrava aver capito la situazione.

"Eppure è così piccolo... avrà massimo dieci anni," pensai.

Demon Slayer: La Spada della tormentaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora