☾︎ᴛʀᴏᴠᴏ ɪʟ ᴍᴏɴᴅᴏ ʙᴇʟʟᴏ,ʟᴏ ᴠᴇᴅᴏ ᴀʟ ᴄᴏɴᴛʀᴀʀɪᴏ☽︎

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𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝙸𝙸𝙸

Arrivarono sul tetto di un palazzo distrutto dal tempo e il rosso lasciò Osamu con ben poca grazia, poi si sedette sul bordo della struttura facendo dondolare le gambe nel vuoto. Rimasero lì in silenzio.

Chūya guardava l'orizzonte e Osamu il cielo; uno sperava in qualcosa di migliore per la sua vita, l'altro si era ormai arreso e si limitava semplicemente a contemplare quell'azzurro tanto simile agli occhi dell'ex partner...occhi in cui troppe volte era sprofondato volentieri.

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Osamu Dazai, mentre restava fermo a guardare quel limpido cielo azzurro, non poteva fare a meno di considerarsi un inutile scarto del mondo. Ce n'erano pochi come lui, rari individui che si limitavano a vagare nel vuoto con l'eterna speranza di una redenzione da una colpa che loro stessi non ricordavano di aver commesso.

Cambiavano strada, dando piccoli calci ai ciottoli lungo la via, ed erano semplicemente alla ricerca di una seconda possibilità. La possibilità di realizzare un sogno che si portavano dietro da tanto, forse troppo, tempo e che li stava lentamente corrodendo.

Ma tutti quegli uomini volevano fare parte del mondo perché lo trovavano bello, era tanto agoniato quel sentimento di appartenenza a una società che non li meritava proprio. E più ci pensava, Osamu, più non poteva fare a meno di ridere.

“Il mondo è bello solo se lo guardi al contrario” pensava, in una muta risposta alle fantasie di qualche sciocco e poi si ritrovava a pensare a quando, forse solo per qualche minuto, si era comportato da idiota anche lui.

Osamu Dazai era fissato con i suicidi per un motivo, a detta sua, molto importante. Spesso gli altri gli davano insignificanti giustificazioni, ma a loro non era concesso sapere la verità intrinseca del suo essere. Loro non potevano comprendere le ragioni dell'ignoto.

Lo spirito di Dazai era da tempo annegato nella disperazione di quell'oblio, il corpo del bendato desiderava solo raggiungerlo. Purtroppo questo desiderio veniva compromesso da qualcuno, qualcuno di infinitamente irritante che aveva imparato ad amare. Sempre se lui stesso poteva provare amore.

Ecco perché non aveva salutato Nakahara Chūya quando aveva lasciato la Port Mafia, ecco perché cercava continuamente lo sguardo del rosso per poi pentirsene e costringerlo ad odiarlo. Osamu ormai ne era certo, Chūya lo odiava e a lui stava bene così.

Non voleva trascinare Chūya nell'oblio costruito da se stesso, non voleva allontanarlo dal mondo; il rosso ne faceva parte a differenza sua ed erano i brevi momenti passati con lui ad attirare Dazai come una calamita.

Poi si lasciava tentare, cedeva agli invisibili pregi del mondo, e si avvicinava a quel ragazzo qualche centimetro di troppo. Quando tornava ai soliti pensieri razionali era troppo tardi, il danno era già fatto. Ogni volta una cicatrice, Chūya era in bilico e stava per cadere...lui stesso lo stava spingendo.

E questa consapevolezza era una sofferenza per il bendato che spesso, per impedire a Chūya di sprofondare, doveva allontanarsi da lui guardando con quello sguardo di finta indifferenza la sofferenza del rosso.

Ma Chūya stesso lo metteva in difficoltà, come in quel momento che spinto da chissà quale motivazione si stava avvicinando allo stesso Osamu. Il bendato rimase immobile fingendo di non averlo notato.

Il rosso si sdraiò accanto a lui senza dire una parola, incrociò le braccia dietro la nuca e posò velocemente lo sguardo sul cielo ignorando Dazai, il castano invece si girò verso di lui osservandolo con mal celata curiosità.

«Cazzo guardi idiota?!» sbottò infatti Chūya dopo alcuni minuti e Osamu, che stranamente di giustificazioni ne aveva ben poche, scoppiò a ridere e disse solo «Chūya-kun quando fai così sembri una ragazzina col ciclo»

Nakahara reagì velocemente anche stavolta, ben presto Dazai se lo ritrovò addosso, seduto a cavalcioni sulle sue gambe, con un ghigno che andava ben oltre il puro sadismo sul volto e un coltello in mano «Non osare ripeterlo» sussurrò freddamente al suo orecchio mentre giocherellava col suo coltello.

Uno sguardo di sfida era impresso nelle iridi azzurre del ragazzo e Dazai si limitò a inscenare nuovamente il suo sorrisetto indifferente, erano troppo vicini...stavano per sprofondare.

«Spostati, sei pesante anche se hai l'altezza di un nano da giardino» si lamentò con tono ironico Osamu e velocemente la fredda lama del coltello toccò le candide bende che il detective portava al collo.

«Stavolta ti ammazzo davvero» esclamò Chūya fulminando l'ex partner con lo sguardo mentre spingeva di più il coltello sul suo collo, ma neanche stavolta Dazai oppose resistenza. Lui in fin dei conti voleva sempre morire, Chūya gli stava facendo un favore.

«Tu si che sai rendermi felice ChūChū» sorrise, ma stavolta era un sorriso diverso dagli altri; era un sorriso sincero, di quelli che vedevi di rado sul volto di Dazai, ed era rivolto allo stesso Chūya che forse lo stava aiutando a sprofondare da solo.

«Dannato bastardo fissato con i suicidi, reagisci quando qualcuno vuole ammazzarti!» ovviamente Nakahara non era d'accordo, anzi quella reazione così poco umana del bendato contribuiva solo ad aumentare il suo nervosismo.

Ma stavolta Dazai cedette a quella provocazione tanto banale, forse perché già sapeva che dopo lo avrebbe abbandonato un'altra volta per poi rivedersi chissà dove in un tempo che neanche loro comprendevano a pieno.

Quindi reagì. Reagì proprio come Chūya gli aveva intimato di fare e con un veloce gesto invertì le loro posizioni bloccando il rosso a terra. Il coltello volò poco lontano da loro, i polsi di Nakahara vennero bloccati a terra da una mano del bendato.

«Contento adesso?» sussurrò Dazai mentre si avvicinava al volto dell'ex partner, un freddo ghigno sul volto e gli occhi che brillavano di quel briciolo di mal celata follia che a Chūya non era mai piaciuta.

«Sei un coglione...» sibilò in tutta risposta il più basso mentre cercava di liberarsi i polsi dalla stretta quasi dolorosa del castano, non accennava però a distogliere lo sguardo dai dettagli dorati che intravedeva nelle iridi dell'altro.

«Ammettilo, anche tu aspettavi questo momento da tanto, forse troppo, tempo» Osamu non dette al rosso neanche il tempo di rispondere, incatenò le sue labbra in un bacio che di casto aveva ben poco ma che andava bene ad entrambi.

Le loro labbra combaciavano, i loro cuori battevano velocemente e i loro pensieri andavano a sfociare in quel proibito che tanto li attraeva, ma stavano entrambi sprofondando.

Dazai, anche con gli occhi chiusi, poteva benissimo scorgere quell'oblio che da tutta la vita lo circondava. Finalmente ci stava cadendo, ma non era felice perché aveva trascinato Chūya con sé. Ci aveva provato fino alla follia, ma si era tradito da solo con un solo bacio.

Per una volta assecondò la codardia del suo cuore, si staccò da Nakahara e si alzò velocemente allontanandosi da lui. Ignorò lo sguardo confuso del rosso, quella delusione, e si allontanò a passo svelto da lui scendendo le scale che lo portavano via dal tetto di quel palazzo.

E anche quella volta Dazai Osamu si scusò col mondo, anche quella volta Dazai Osamu si ritenne un idiota che non meritava di vivere. Ne aveva portato un altro nel suo oblio, aveva commesso lo stesso sbaglio due volte...proprio lui che di sbagli non voleva farne mai.

𝑳𝒐𝒓𝒐 𝒏𝒐𝒏 𝒕𝒆𝒎𝒐𝒏𝒐 𝒊𝒍 𝒕𝒆𝒎𝒑𝒐  •𝐒𝐨𝐮𝐤𝐨𝐤𝐮•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora