Uno

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L'accademia delle belle arti di Roma.
Suona bene, no?
Forse non per mia madre ingegnere, che avrebbe sperato mi avvicinassi ad uno studio che mi aprisse strade più "concrete", citandola testualmente.
Ma per me, malata d'arte dalla nascita ed esteta nel vero senso della parola, è come realizzare il sogno della mia vita.

Mi do questi tre anni per decidere che strada seguire, che persona essere. Poi potrò anche uniformarmi a quella serie di lavoratori d'ufficio tutti con gli stessi vestiti e le stesse vite. Ma voglio prendermi questo tempo per studiare ciò che il cuore mi spinge a studiare, mettendo a tacere l'opinione contraria di mia madre.

Un grande trauma dell'inizio di questa esperienza è riuscire a passare dallo smog, l'euforia e l'eclettismo di Milano con l'ambiente molto più rilassato e confortevole di Roma.
Grazie al cielo proprio dietro l'accademia c'è una struttura riservata interamente all'appoggio degli alunni fuori sede, ed è proprio lì che mi reco immediatamente dopo essere stata scaricata in mezzo alla strada trafficata della capitale.

«Che maleducato»

Borbotto, quando l'uomo di mezza età alla guida del taxi aspetta a malapena che abbia richiuso il bagagliaio prima di sfrecciare via scompigliandomi i capelli con l'aria che solleva.
È l'inizio di Ottobre, tra qualche giorno inizieranno i corsi e la temperatura sembra decisa a restare sopra i venticinque gradi ancora per molto tempo.

Entro nella sorta di resort universitario, richiedendo alla dolce donna anziana alla reception le chiavi della mia stanza, che dovrò condividere con un'altra ragazza di non so quale anno.

Seguo le indicazioni datemi dalla signora, salendo tre faticosissimi piani di scale con de valigie enormi appresso, causa ascensore guasto.
I corridoi sono pieni di ragazzi e ragazze che chiacchierano tra di loro e hanno accenti che sembrano testimoniare origini sparse per l'Italia.

Dopo aver sudato sette camicie e essermi trascinata dietro i bagagli più grandi della storia, arrivo davanti alla porta della mia camera, infilando impacciatamente le chiavi nella serratura senza far cadere le mille cose che ho in mano.

Trafelata mi butto in camera chiudendomi la porta alle spalle, così esausta dal non accorgermi neanche subito di una ragazza dai capelli biondissimi sdraiata su uno dei due letti in mezzo alla stanza, con la lingua tra i denti e un'espressione concentrata sul viso mentre legge qualcosa sul computer.

Mi schiarisco la voce, attirando la sua attenzione e non capendo come possa non essersi accorta del mio ingresso nella stanza.

«Ciao!»
Saluto, cercando di mostrarmi il più aperta possibile, quando la ragazza mi rivolge appena un'occhiata curiosa.
Poi, ricambiando appena con un cenno della testa, torna a farsi gli affari suoi.

«Sono Elisa»
Insisto, non volendo arrendermi al suo modo poco educato di accogliermi.
A questo punto la ragazza poco velatamente alza gli occhi al cielo, per poi chiudere il suo laptop e sdraiarsi a pancia in su, guardandomi negli occhi come se mi stesse studiando.

«Sono Clarissa. Sei la mia compagna di stanza?»

«A quanto pare..»

«Bene, questo è il mio letto, prenditi l'armadio che vuoi tanto a me pure se mi rimangono i vestiti in valigia non me ne può fregare di meno»

Spiega, parlando velocissimo e con un modo così spigliato che me la fa risultare simpatica, nonostante i suoi modi un po' scorbutici.

«Sei del primo anno?»
Domando, mentre apro la valigia e inizio a disfarla decidendo quale metà dell'armadio occupare.
La ragazza guarda tutti i miei vestiti con interesse e curiosità, alzandosi in piedi rivelando un fisico asciutto e delle gambe lunghe da modella.
È davvero bella, i suoi capelli chiarissimi sono tagliati fino alle spalle, dritti come spaghetti, e ha due occhi azzurri giganti e curiosi.

«Sì. Senti, quella gonna è davvero bellissima. Fotonica. Me la presti stasera?»

Rido appena del suo modo di parlare, deve essere di Torino o comunque di quelle parti.
Ha puntato la mia gonna preferita a quadretti neri e bianchi, ma visto che apprezzo la confidenza immediata che ha creato, credo che gliela presterò comunque.

«Ci penserò. Perché, cosa fai stasera?»
«Cosa facciamo stasera, intendi. Andiamo da qualche parte a conoscere gente, io ho bisogno di un maschio alpha e la mia ricerca inizia da oggi»

L'idea di uscire alla prima sera in cui sono arrivata non mi entusiasma, considerando soprattutto che sono già le 18 e io devo lavarmi e trovare un posto dove mangiare.
In più sono stanchissima da tutte le ore di viaggio, e non penso che in queste condizioni sarei molto d'aiuto nel conoscere gente.

«Mi sa che balza per oggi»
Storce il naso nel sentirmi utilizzare quella parola, forse troppo milanese per il contesto romano, ignorando completamente il contenuto della mia frase.

«Senti Eli, il nostro obiettivo è trovare qualche bel romanazzo giusto?»
Domanda, e prima che possa risponderle che effettivamente questo è solo il suo obiettivo, la ragazza continua a parlare gironzolando per la stanza con fare iperattivo.

«Bene. Quindi parole come "balza", "figa", "amo", devono essere fuori dal tuo vocabolario. Sono stata chiara?»

Vorrei spiegarle che se mi conoscesse saprebbe bene che la parola "amo" non è mai uscita dalla mia bocca per colpa della mia ridicola timidezza nell'affibbiare nomignoli, anche soprannomi, alle persone, ma so che sarebbe inutile visto che la bionda non mi sta neanche più prestando attenzione.

Sventola il suo fondoschiena pronunciato in giro per la camera, blaterando qualcosa sul posto in cui cenare stasera.
Devo ammettere che rispetto a me è davvero troppo esuberante ed eccentrica, ma il modo in cui mi coinvolge in tutti i suoi piani come se fossimo amiche me la fa da subito vedere con simpatia.

«L'hai capito o no che io pensavo di non uscire stasera?»
«E tu l'hai capito o no che non mi interessa? Non esiste che stai nel tuo lettuccio la prima sera che fai qui, perciò mi spiace ma per oggi lascia fare a me»

Mi arrendo, sbuffando e prendendo un paio di slip e un reggiseno dalla valigia ancora per metà piena, avviandomi verso il bagno per farmi una doccia calda che spero sia sufficiente a ridarmi le forze per sopportare l'energia della mia compagna di stanza.

Sciolgo i capelli ricci dalla crocchia informe in cui erano raccolti, facendoli ricadere morbidamente sulla mia schiena.
Odio i tremila prodotti che devo usare per non farli essere crespi, anche perché mi hanno occupato da soli un terzo della valigia.

Mi abbandono al getto caldo che mi scalda la pelle ancora abbronzata per l'estate, stanca ma entusiasta per questo nuovo inizio.

Lontano dal cuore|| Damiano DavidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora