Dodici

1.7K 70 46
                                    

La casa di Victoria è grande e ben arredata, ma estremamente fredda. I mobili e le pareti alternano i toni del grigio e bianco, in un'austerità che non rispecchia assolutamente la personalità calorosa ed esuberante della ragazza.

Per l'ennesima volta mi sento fuori luogo mentre tutti chiacchierano, come se fossi un'infiltrata che non ha nessun motivo per stare qui. Sono tutti carini con me, ma so che infondo si chiedono perché diavolo mi ostini a venire con loro ogni volta.
Clarissa è la ragazza di Damiano, ha un senso, ma io dopo la prima uscita in cui lei aveva bisogno di accompagnamento non avrei più avuto ragione di seguirla.

Nonostante ciò continuo a farlo perché lei me lo chiede con quegli occhioni giganti a cui è davvero impossibile dire di no.

Siamo nella taverna di Victoria e i ragazzi stanno accordando gli strumenti, inizieranno a breve e io sono davvero curiosa di sentire che genere fanno e come se la cavano.

Spengo il cellulare per evitare di essere distratta come la scorsa volta, e mentre Clarissa mi parla io fingo di ascoltarla, molto più concentrata sull'attenzione che i ragazzi di fronte a me mettono nel prepararsi per l'esibizione.

Fanno sul serio.

Damiano è al centro del palco ed è l'unico senza strumento, quindi suppongo che lui sia la voce. C'era da aspettarselo che fosse il frontman, in ogni caso, non mi sembra proprio uno in grado di farsi mettere più in ombra da qualcun altro.

Poi iniziano. La sua voce comincia a risuonare nella stanza potente, graffiata, sicura. Ha un timbro bellissimo ma passa in secondo piano, con la sua presenza scenica incredibile e il testo mozzafiato.

I wanna be your slave
I wanna be your master
I wanna make your heart beat
Run like rollercosters

Vorrei contenere la mia reazione, ma è stato davvero inaspettato e non riesco a trattenerla.
Non mi aspettavo questa qualità, quest'aggressività e questa focosità.

Nonostante anche gli altri siano bravissimi, per tutto il tempo non riesco a staccare gli occhi dalla figura di Damiano, che si muove in questa taverna come se fosse allo stadio di sansiro, rendendo ogni parola della canzone provocante e scottante.

Che caldo.

Quell'esibizione sembra durare ore, come d'altra parte sembra essere solo un secondo, e ad un certo punto incrocio gli occhi di Damiano.
Senza un vero motivo, senza essere spinta da nessuna intenzione. In quel momento però vengono attirati ai suoi inevitabilmente, e il modo in cui per qualche breve istante incatena il suo sguardo nel mio mentre canta con passione, mi fa mancare un paio di battiti.

Ma che diavolo fai, Elisa.
Distolgo lo sguardo non appena riprendo possesso della mia razionalità, seguendo fino alla fine l'esibizione stando attenta a non guardare più il moro in faccia, concentrandomi più che altro sulle abilità degli altri con gli strumenti.

Quando suona l'ultima nota io mi sento disorientata, infatti mi metto ad applaudire con poca energia solo dopo che Clarissa con una gomitata mi ha incitato a farlo.

«Siete stati pazzeschi!»
Li acclama la bionda, alzandosi in piedi e correndo a complimentarsi in primis con Damiano e poi con tutti gli altri.
Io ho bisogno di un po' d'aria, credo che sia meglio che esca e recuperi le mie facoltà mentali.

«È vero ragazzi complimenti!»
Mi congratulo sfoggiano un finto sorriso composto, per poi sgattaiolare sul balcone passando per la porta finestra mentre tutti chiacchierano tra di loro.

Non renderla più tragica di ciò che è, Elisa, ti piace la loro musica e basta.

Lo so che ovviamente è così, sono solo un po' accaldata e ho bisogno di un attimo per capire il perché della mia reazione.
Mi appoggio al bordo del balcone guardando il bel giardino curato di Victoria, cercando di pensare ad altro convinta che se mi dimenticherò di quello sguardo non dovrò più farmi alcuna domanda.

Mi trattengo per quasi una decina di minuti, dopo vari tentativi di scacciare dalla testa quell'immagine, sentendomi uno schifo nonostante non abbia fatto né pensato niente di male.

«Allora? Te semo piaciuti?»

Mi volto controvoglia verso la direzione da cui proviene la voce, trovando Damiano appoggiato al muro opposto a dove mi trovo io, con una sigaretta mezza consumata tra le dita.

Da quanto è qui?

Accenno un sorriso forzato, evitando gli occhi del moro guardando ovunque ma non in faccia a lui.

«Avete talento»

Rispondo, dopo aver annuito alla sua domanda con poca convinzione.

«Non troppo entusiasmo però eh»

«Sono seria, siete molto bravi. Avete un grande futuro davanti»

La sua espressione sarcastica muta in un sorriso sincero, quasi vulnerabile, mentre fa l'ultimo tiro e lancia il mozzicone oltre il giardino.

«Sono contento, ce tenevo che ci sentissi»

?????

Respiro profondamente, rispondendo con un sorriso appena accennato alla sua frase che nella testa non ha nessun senso. Insomma, non siamo neanche amici alla fine.

«Per ora è più un hobby, sai, non è che i nostri genitori ce credano molto alla nostra carriera»

Stavolta lo guardo negli occhi, non potendo evitare il suo sguardo in questo momento in cui mi parla di una cosa così importante per lui.

«Non sembrava un hobby»
«Fosse per me ci baserei la mia vita, su sta roba, ma significherebbe perdere tutte le possibilità "più concrete", almeno secondo i miei»

Mi viene spontaneamente da sorridere, la sua situazione sembra così simile alla mia.

Siamo lontani, ai due lati opposti del balcone, ma giurerei che il suo cuore nel parlare di musica stia battendo forte come il mio quando parlo del disegno.

«È difficile la vita di chi ama l'arte, Damiano, ma ripaga sempre. Forse non economicamente, ma ti arricchisce più di qualsiasi gonfio conto in banca»

Ha le braccia incrociate e gli occhi profondi che mi guardano concentrati, e come ogni volta ho l'impressione di essere ascoltata davvero.

«Sono felice solo così, sai? Non c'è nient'altro che mi faccia sentire vivo»

Nella sua voce c'è una nota nostalgica che mi fa tremare il cuore, mi ricorda così tanto me stessa che mi pare di star parlando ad uno specchio.

«Sembra banale, ma se non fai ciò che ti rende felice morirai senza aver vissuto neanche un giorno»

«Sai ciò di cui stai parlando»
Osserva, sorridendo, e io faccio spallucce. Forse un giorno gli racconterò del disegno, ma per ora questo è già troppo forte emotivamente.

«Devi solo credere in te stesso, Damiano»

«E tu ce credi in me, Elì?»

Domanda, quasi bisognoso di conferme, facendomi stringere un po' il cuore nel petto.

«Ci credo»

Lontano dal cuore|| Damiano DavidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora