Capitolo 7

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Mi sono persa nei ricordi...
Ricordi belli di un'infanzia felice andata in fumo.
"Mio nonno si è ammalato di cancro al fegato subito dopo il nostro trasferimento... Non sono italiana, come avrete capito. Vengo dalla Bosnia.
Il giorno in cui è deceduto stavo tornando da lui, mi mancava...
Non rimanevo a casa loro perché era noioso: non avevo nessuno con cui passare il tempo e mamma si occupava costantemente di prendersi cura dei nonni e della casa.

Quando ho chiesto alla nonna materna di portarmi dal nonno perché mi mancava, ha cercato di farmi desiste. Ma sono testarda, anche da bambina lo ero...
L'ho visto lì, sdraiato per terra, immobile...aveva gli occhi vitrei e la bocca aperta...
Gli zii erano riuniti a piangere sul suo cadavere; ed io, quando ho compreso ciò che era accaduto mi sono bloccata, ho sentito improvvisamente freddo... un freddo che arrivava da dentro.
Qualcuno mi ha trascinato in un'altra stanza e ha chiuso la porta, io sono rimasta seduta sul divano polveroso presente in quella specie di ripostiglio improvvisato... quan-quando mi sono decisa ad attraversare l'uscio della porta la casa era vuota e guardando dalla finestra ho notato che il sole era già calato.
Mi avevano dimenticato in quella stanza piena di polvere e mobili vecchi per tutto il giorno...
Il giorno seguente ho chiesto perché il nonno non ci fosse più e più di una persona ha risposto: <se n'è andato perché non sopportava la tua lontananza, gli mancavi molto! Continuava a piangere guardando la tua foto...>
Quale non maniaco direbbe una cosa del genere ad una bambina di appena otto anni?! A quell'età non sai neanche con esattezza cosa sia la morte, figurarsi sentirsi responsabili della perdita di una delle persona più importanti al mondo per te..."
È difficile raccontare la morte di una persona della quale hai solo ricordi felici. In questo momento mi sento sola...
Anche se ho mia madre, i numerosi parenti che non stavano tutti nell'albero genealogico che ci hanno fatto fare l'anno scorso per la descrizione della famiglia in spagnolo, nonostante avessi un padre, anche se quest'ultimo mi faceva un favore con la sua assenza...
È una brutta bestia la solitudine...
Ma il sentirsi soli e incompresi tra mille altre persone era peggio.
Forse era stato proprio il dolore dell' incomprensione la causa del mio straniamento dal mondo esterno...
Volevo curarmi le ferite, pulire il sangue che non la smetteva più di sgorgare come l' acqua di una fontana...
Una fontana triste...dove nessuno lancia le monetine per esprimere desideri...
Una fontana con il marmo rotto come le schegge della mia vita hanno fatto a brandelli in mio muscolo cardiaco...
Un muscolo grande come un pugno che ha il compito di tenere in vita tutto il tuo corpo...
Che cosa strana dare tutto questo potere ad un oggetto inanimato...
Che cosa stupida dare tanto potere ad una persona marcia dentro...

D'in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finché non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Sì ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell'anno e di tua vita il più bel fiore.
Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de' provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch'omai cede la sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s'allegra.
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell'aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
Tu solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni nostra vaghezza
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all'altrui core,
E lor fia voto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest'anni miei? Che di me stesso?
Ahi pentiromi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.











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