Polvere, musica e ricordi

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Ho sempre odiato il numero tre, le bici e le passeggiate al parco. Conoscendo la mia storia è facile intuire il perché.
Il funerale di mio padre venne celebrato il tre marzo alle 03.33 pm.
Ancora oggi non capisco se in quel periodo il destino fosse infuriato con me o volesse semplicemente insegnarmi qualcosa.
Il giorno stesso in cui mio padre morì, Christopher non si fece più vedere.
Forse non voleva affrontare una bambina in lacrime, o semplicemente io non volevo più vedere e sentire nessuno di reale o non.
Mia madre mi vestí di nero per la prima volta.
In genere adoravo quel colore.
" La sfumatura dei grandi" lo chiamavo; il colore che mia madre metteva quando andava a cena fuori con mio padre una volta al mese. Amavo quei giorni. La felicità era così presente nell'aria che anche la vecchia Cosette, la mia babysitter, si metteva a cantare e a cucinare torte al cioccolato.
Se chiudo gli occhi ancora vedo mia madre davanti allo specchio, pronta ad uscire con l'uomo della sua vita.
Il vestito nero che scende dolcemente sul suo corpo, i capelli raccolti accuratamente con delle forcine piene di brillantini e quelle scarpe alte che lei odiava ma che non potevano mancare in una serata simile.
Lei non era come le altre donne, non le ci volevano ore per "rendersi presentabile", le bastavano una doccia e, come diceva lei, una ripassata allo specchio. Trenta minuti al massimo, che ai miei occhi, erano un rituale per trasformarsi da "casalinga indaffarata ma sempre sorridente" a " Potresti benissimo essere una donna del mondo dello spettacolo Mamma."

Quando indossai quel vestito capii che il nero non era il colore dei grandi, ma era tante cose insieme.
Tanti colori e nessun colore.
Poteva essere la felicità di una sera d'amore e la tristezza di qualcuno che ti viene portato via .
Poteva essere la bellezza di una notte piena di stelle e la paura che suscita il buio.
Tutto e niente.
Vita e morte.
Io e Christopher.

Mia madre fece un discorso d'addio così pieno d'amore che piansero tutti. La notte precedente non aveva dormito per scriverlo. Io invece non avevo preparato niente ma quando mi chiesero di dire qualcosa mi avvicinai alla bara di mio padre.
- Ciao papà. Come stai? Io sono triste. Di tutto questo capisco solo che sei volato in cielo, insieme agli angeli. Non siete in troppi lì su? Se ti senti stretto sappi che c'è sempre un posto per te a casa tua. - iniziai, e continuai a parlare ininterrottamente con lui finché non mi tirarono via a forza.
Quando la gente ti chiede di dire qualcosa ai funerali non devi dirla alla persona nella bara ma a coloro che sono andati a dirgli addio … ma questo io non potevo saperlo: Ero solo una bambina.

Quando finì la funzione corsi in camera mia per parlare con qualcuno.
Volevo piangere, volevo che qualcuno capisse e basta ma di Christopher ancora nessuna traccia.
Mi sentivo sola e capii che lo ero sempre stata.
L'unico amico che avevo lo vedevo solo e neanche potevo giocarci.
Mia madre mi amava ma come ogni donna giovane aveva la sua vita.
Mio padre aveva il suo lavoro anche se ogni volta che era a casa aveva occhi solo per me.
Ero amata ma quasi sempre sola.

Salii in soffitta e mi ritrovai tra vecchi scatoloni e strumenti musicali che risalivano a prima della seconda guerra mondiale; tra tante cianfrusaglie, nascosto da un telo, riposava sotto la polvere un pianoforte di legno scuro.
Le decorazioni color oro riproducevano fiori astratti come i miei pensieri in quel momento.
Percorsi quei motivi complicati con la punta delle dita, quasi con il timore di vederli sparire e dopo alcuni minuti di incertezza mi sedetti sul divanetto di velluto, proprio davanti ai tasti bianchi e neri.
Premetti a caso un po' ovunque per vedere se o era solo il ricordo di qualcosa che era stato; con mia grande sorpresa quei tasti producevano un suono.
Il pomeriggio seguente dissi a mia madre della mia grande scoperta.
Lei sorrise tristemente e mi diede un biscotto al miele.

Era la notte del 25 dicembre del 1989 che mia madre incontrò l'uomo della sua vita. Con il suo gruppo scolastico la mia dolce mamma aveva organizzato un concerto di beneficenza; quando fu il suo turno di mettersi a suonare mio padre fece ingresso nella palestra che ospitava l'occasione. Non poteva esserci momento migliore … fu amore a prima vista. Non appena mia madre fu maggiorenne la sposò, lei  smise di suonare per occuparsi delle faccende domestiche e nel 1994 nacqui io .
"La storia doveva finire così ed invece quello fu l'inizio" , come diceva sempre mia madre.

Il ragazzo che guardava le nuvoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora