Il campo da basket è ancora deserto, sono arrivata in anticipo.

Mi guardo attorno, cercando di memorizzare uno dei miei posti preferiti del quartiere. Sarà difficile separarmi dal luogo in cui ho vissuto tutta la mia giovinezza, dove sono stata felice per tanti anni, nonostante tutto. La mia casa.

"È vero che te ne vai?"
Una voce fin troppo familiare mi fa sobbalzare.

Ecco, lui non mi mancherà affatto.

È appoggiato alla rete che circonda il campo, con il suo solito sorrisetto strafottente e gli occhi indagatori.

"Sì, lascio l'isola, andrò a studiare altrove".
"Ora hai magicamente deciso di continuare a studiare?"

Scoppia a ridere, tenendosi alla rete. Comincio a sentire caldo, succede sempre con lui. Quanto vorrei prenderlo a pugni su quella faccia arrogante e presuntuosa.

"Le persone cambiano, a differenza tua. Tu resti sempre il solito stronzo", affermo, incrociando le braccia.

Vincenzo si zittisce all'istante e assottiglia lo sguardo per un attimo. Vorrebbe farmi paura ma con me non ci riuscirà mai, è tutto fumo e niente arrosto.

"E quale facoltà hai scelto? Giusto per curiosità".
"Giurisprudenza", rispondo, fiera.
"Per tuo padre, immagino. È inutile, la giustizia è per quelli come me, non per quelli come te. Non troverai mai lavoro in questo ambito, ti lasceranno in mezzo alla strada. Sei un'illusa, Angy".
Scuote la testa e si allontana dalla rete.

"Non mi sembra di aver chiesto il tuo parere".
"Peccato, avrei potuto farti vedere la tua misera vita fuori dall'isola, come un fantasma del Natale futuro".
"Non sei un fantasma, purtroppo, e tra poco non potrai più rompermi le ovaie. Ora è meglio se te ne vai, prima che arrivino i bambini".

Non ho proprio voglia di ascoltarlo.

"Davvero credi che lì fuori non ti prenderanno di mira? Davvero credi che ti tratteranno meglio? La verità è che meglio di qui non ti tratteranno da nessun'altra parte, in questo quartiere sei nata e cresciuta, ti conoscono tutti, e un minimo di rispetto ci sarà sempre. Fuori, in una grande città, sarai solo un pesce fuor d'acqua. Sei donna e nera, credi davvero che sopravvivrai? Non hanno ucciso tuo padre per caso, Angy".

"BASTA!"

Mi avvicino alla rete che separa il mio pugno dalla sua faccia da schiaffi.

"Ora cerchi anche di fare l'amico? Ti preoccupi per me? Senti già la mia mancanza?"
Lo prendo in giro e lui serra la mascella pronunciata.

"Fottiti".
Si gira e se ne va.
Testa di cazzo!

Attendo che sparisca dalla mia visuale, poi torno a respirare profondamente per calmarmi. Non vedo l'ora di andarmene da qui, fare una nuova vita.

Decido di riscaldarmi un po', in attesa dei ragazzini. Loro sì che mi mancheranno tanto. Quanto vorrei portarli via con me.

Eseguo il solito stretching e faccio qualche giro di corsa, solo così riesco a non pensare ad altro.

Mi fermo quando sento il vociare della mia squadra.

Appena si accorgono della mia presenza, corrono verso di me e, prima che possa rendermene conto, mi stringono in circolo.

"Non te ne andare, Angy, resta con noi", mi supplica Hakim.

Gli accarezzo i ricci scuri e ingarbugliati mentre tutti mi guardano con gli occhi lucidi.

"Non fate così o farete piangere anche me", riesco a dire con voce tremante.
Maledizione!

Teferi mi tira per la maglietta: "Perché andate via?"

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