Mani nelle mani,
occhi negli occhi:
l'orecchio si porge
al soffio rovente
di arcane parole,
appena sussurrate
da lingue intrecciate
nello stesso respiro
di corpi aderenti.
Ti ho sfilato
le scarpette di cristallo
per poi risalire
su per le strade di seta,
fino al tuo fiore,
accarezzandone i petali,
saggiandone il nettare.
Genesi di un peccato,
caldo e umido,
il frutto proibito
che mi avvolgeva
nella sincronia di battiti,
fino in cima,
oltre il blu cobalto.
Mani nelle mani,
occhi negli occhi:
fulgida bellezza
come graziosa farfalla
si è posata su di me
con labbra scarlatte
di voluttuose ciliegie,
fiamma di vita
e fonte di giubilo.
L'ipnotica intensità
dei nostri sguardi
è silente incantesimo
di due parole, cinque lettere.
Ma un nefasto prototipo
reclama l'olocausto
nel tempio del tuo corpo,
dissacrato da un poeta
che non ti è abbastanza:
color bile il risveglio,
quando mi lasci sulla soglia
di un'algida esistenza
da calcolatrice meccanica.
Non ne voglio più sapere
di donne e di passione:
ma indugio e resto lì,
nel posto che mi hai dato
con il freddo addosso,
solo ad aspettare
che mi guardi così
ancora una volta.
Ancora una volta.