Chapter 8

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Aspettiamo Mycroft per le dieci. Sarah sgattaiola dentro alle nove e mezzo. Rimango sorpreso nel vederla. “Non lo sapevi?” mi chiede. “Mi ha mandato un messaggio, chiedendomi di venire.”

Sono confuso. Lei e Sherlock non hanno certamente mai avuto un rapporto che si possa definire “amichevole”. Ci sono stati momenti in cui mi sono sentito come il pezzo di corda al centro di una partita di tiro alla fune. Le mie poche conoscenze maschili mi hanno sempre biasimato perché Sherlock aveva sempre inevitabilmente vinto. Loro non potevano capire, Sherlock avrebbe sempre vinto. È come un corpo celeste con il suo proprio campo gravitazionale, che mi tiene intrappolato nella sua orbita, senza via di scampo.

Sarah sale le scale con me. Sherlock si illumina nel vederla, e le fa cenno di sedergli accanto. Poi si rivolge a me con tono eloquente. “John, potrei avere del the, per piacere?”

Annuisco. Vuole restare da solo con lei.

Indugio in cucina, sbirciandoli furtivamente, vedo i loro volti vicini, concentrati sulla conversazione. Non discutono a lungo, però. Lei si alza e la vedo stringergli la mano. Porto il the a Sherlock e la accompagno alla porta.

Quando si volta a guardarmi ha gli occhi colmi di lacrime. Mi abbraccia con forza. “Che cosa voleva?” le domando.

“Tu cosa credi?” fa un passo indietro. “Vuole che mi prenda cura di te. Mi ha detto ‘John la prenderà male.’ Vuole che mi assicuri che mangi e dormi. Subito dopo, sai.”

“Hmm. Qualcuno è davvero convinto della sua importanza.” Vorrei usare un tono leggero, ma quello che mi esce dalla bocca è estremamente amareggiato.

“Credo che non ci sia più tempo per fingere,” sussurra. Mi guarda dritto negli occhi. “John, tu devi fare quello che ritieni più giusto. Non posso dirti cosa provare. Non posso dirti cosa è vero. Posso solo dirti che sta morendo, e tu sei tutto quello a cui riesce a pensare.”

Sono senza parole.

Sarah va via, e per pochi minuti, io e Sherlock restiamo da soli. “Sei stanco?” gli chiedo, sedendomi di fronte a lui, le nostre ginocchia quasi si sfiorano.

“Sto bene.”

Prendo un lungo respiro. “Sherlock, devo chiedertelo ancora una volta. Sei sicuro riguardo tua madre?”

Mi guarda. “Sono sicuro.”

Lui e Mycroft hanno deciso di tenerla all’oscuro finchè non sarà tutto finito. Secondo Sherlock sarà meno crudele, meno doloroso per lei non sapere niente finchè non succede. Io credo che sia più crudele negarle la possibilità di dire addio. Ma su questo punto sono entrambi irremovibili, e d’accordo come di rado lo sono su qualcosa. Faccio un ultimo tentativo disperato. Sono piuttosto affezionato alla madre di Sherlock, e ho la sensazione che non mi perdonerà mai per questo. Non solo per non averle detto niente, ma per aver avuto un’intera giornata da trascorrere con lui quando lei non ha avuto niente di niente. “Dovrebbe avere la stessa opportunità che stai concedendo a tutte queste altre persone,”gli faccio notare.

“La mamma odia gli addii, è pessima in queste situazioni. Non saprebbe neanche cosa fare. No, è meglio così. E…non è solo per lei,” aggiunge. La sua testa ondeggia un po’. Sono gli antidolorifici. Il suo sguardo incontra il mio. “Non posso, John. Non ce la faccio. Non posso guardarla negli occhi e farle questo.”

D’ istinto, allungo la mano e afferro la sua. Le sue lunghe dita si intrecciano strette intorno alle mie, con gratitudine. “Lo capisco.” Lo capisco davvero, in un certo senso. Sherlock ha due alternative egualmente terribili di fronte a sé. Suppongo abbia il diritto di scegliere quella che gli causerà meno angoscia nelle sue ultime ore di vita.

Poi arriva Mycroft, e io mi faccio da parte per lasciargli spazio. È lo sguardo di Sherlock a chiedermi di restare, quindi ritorno ad appollaiarmi sul bracciolo della sua poltrona.

Sento di nuovo quel lieve strattone all’estremità del mio maglione. È aggrappato con la punta delle dita.

Alone on the water [ITA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora