Capitolo 10

21 3 5
                                    

Diario personale del Capitano Hans Schwarz

Sabato 5 Dicembre 1942

L'aria nella radura si era caricata di un forte tanfo di morte. Mentre i miei occhi cercavano di adattarsi alla luce riflessa da un'ampia area circolare di spessa neve, la mia mente richiamò il ricordo del tremendo fetore che si sprigionava dalle trincee all'alba quando noi, giovani volontari della Deutsches Heer -il glorioso esercito del Kaiser Guglielmo II- avevamo il sacro dovere di raccogliere i resti dei soldati caduti per dare loro una "degna" sepoltura.

Ancora una volta, mi ritrovai a camminare in quell'inferno in terra, alla frenetica ricerca dei pezzi di silenziosi eroi. Il mio volto era coperto da una maschera improvvisata (una lurida pezza bagnata) per soffocare quell'olezzo ed allo stesso tempo per limitare il rischio di contrarre la febbre spagnola o qualche altra malattia. Lo stesso fazzoletto che puntualmente eravamo costretti a rimuovere dopo pochi minuti dall'inizio del lavoro, a causa dell'umidità insopportabile.

In lontananza, sentivo risuonare ancora la voce del nostro capitano, Wilhelm Schneider, che ci intimava di muoverci, di non perder tempo: di lì a poco, inesorabili come il canto del gallo, i cannoni ed i fucili avrebbero ripreso a seminare morte, generando altro lavoro per il giorno seguente. Per mesi e mesi, fummo costretti a ripetere quel tragico rituale per servire la nostra madrepatria, ammassando innumerevoli quintali di carcasse per l'onore e la gloria della Neue Wache di Berlino, il grande monumento al Milite Ignoto.

Quanti ne ho provati a ricomporre dei militi, troppi per essere contati... Un poderoso esercito di prodi guerrieri disposti a dare la vita per la grandezza dell'impero tedesco, sacrificati sull'altare degli ideali della loro patria, pugnalati a tradimento da una classe politica corrotta e lassista. Povere anime valorose!

Spesse volte, nei comizi del partito e tra i miei superiori, ho potuto sentire svariati discorsi -e non pochi vaneggiamenti- circa le ipotetiche diverse sorti della Grande Guerra, qualora i giochi di palazzo non fossero stati manovrati da spie rivoluzionarie sovietiche e dagli onnipresenti complottisti Sionisti. A sentir loro, questi ultimi sarebbero il cancro che da millenni si adopera per minare la stabilità europea, una utopia che solo la razza Ariana sarebbe in grado di garantire. Parrebbe assurdo anche solo pensarlo, eppure, se il complotto sionista fosse un dato di fatto, non potrei certamente esimermi dal riconoscere loro una incredibile efficienza.

Chissà quanti altri preziosi soldati tedeschi sarebbero stati disposti ad immolare questi improvvisati strateghi per scampare all'ignobile resa! Credo che se avessero avuto modo di vedere quanto ho veduto io, di provare, toccare, o anche solo annusare il mefitico odore delle carcasse in trincea, non azzarderebbero certe affermazioni.

Di sicuro, nessun cambio di strategia avrebbe fatto la differenza per Schneider. Ironia della sorte, pochi giorni prima della tragica dipartita di Richthofen, il celebre Barone Rosso, il poveretto fu colpito dal risveglio dei fucili dei vigliacchi di Versailles. Il suo corpo cadde, come un sacco di patate, nella trincea in cui mi trovavo a rovistare mentre le sue cervella, esplose, mi lordarono la camicia e parte del viso, intrufolandosi in bocca.

Fu proprio mentre richiamavo alla mente quella macabra degustazione che, la voce del soldato Holtzmann mi riportò al presente. La brulla trincea sul fronte occidentale, martoriata dal fuoco dei cannoni e dalle esplosioni delle granate, lasciò spazio alla chiarita al centro della foresta del dolce Appennino Tosco-Emiliano.

L'odore mi seguì.

I diari del DybbukDove le storie prendono vita. Scoprilo ora