CAP. 4 APPARENZE, ILLUSIONI, DESIDERI

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La piazza del villaggio era gremita, bancarelle di ogni sorta ne cingevano i lati all'ombra di verdeggianti alberi superstiti alla costruzione del villaggio. Quest'ultimo era stato edificato su una parte del bosco che ne costeggiava tutto il fianco ovest e ciò era intuibile dalla grande quantità di alberi e piante che continuavano a crescere rigogliose tra le costruzioni cittadine. Ampie tavolate folte di genti e di cibo campeggiavano al centro della piazza, flauti e cornamuse riempivano l'aria e i cuori degli abitanti con melodie allegre e gioiose. In quegli attimi perfetti ogni uomo, animale e vegetale sembravano in comunione tra loro con lo scopo condiviso di celebrare la vita.

Seduti in fondo alla piazza e con occhiali localizzatori con l'aspetto di semplici occhiali da soli che, nelle terre libere, davano comunque nell'occhio, i due girovaghi sembravano più in contemplazione di un quadro rurale che a caccia di un criminale.

"Ora capisco perché molti nelle Metropoli sognino le terre libere e professino un ritorno dell'uomo a queste condizioni" disse Noel al suo compagno,

Owen rispose con una smorfia di stupore, non si sarebbe mai aspettato delle parole simili.

"Ingannati dalle apparenze... " riprese il discorso "guardando un scena simile è normale credere che che questo sia il posto perfetto, dove l'essere umano è riuscito a tornare nel grembo di madre natura e che tale condizione l'abbia portato alla felicità."

Owen tornò a guardare la folla "eccolo ora lo riconosco" pensò

"Invece è solo una mera illusione ipocrita, tutti fingono di essere felice e contenti ma già da domani torneranno ad odiarsi reciprocamente, a sparlare gli uni degli altri, ad inveire contro la terra per tutte le fatiche e per tutto il male che fa patire" concluso con una nota di delusione nelle sue parole

"Ti assicuro che non sono solo quelli della Metropoli ad illudersi" disse Owen "Quando ero poco più che un bambino i miei vicini, i miei genitori e un po' tutti quelli che conoscevo del mio viaggio mi istillarono il mito delle Metropoli. Un luogo in cui l'uomo era diventato padrone della natura, dove per procurarsi il cibo non era necessario andare a caccia o coltivarlo, dove esistevano modi di spostarsi rapidissimi, dove si avevano protezioni da ogni genere di male e dove l'aria non puzzava di sterco di cavallo. Il posto perfetto dove l'uomo non aveva più bisogno di niente nemmeno di un dio"

"E tu ci credevi?" chiese Noel con un sorriso divertito

"Certo, ero un ragazzino...ma probabilmente ci avrei creduto anche se fossi stato adulto. L'uomo è portato a desiderare ciò che non ha, credendo che ciò sia meglio di quel che possiede. E' rassicurante"

"E come hai reagito quando hai scoperto che non era altro che un merda ma con una puzza diversa?"

I due risero di gusto su quell'amara verità ma l'arrivo di un bambino che spingeva un uomo in carrozzina dal viso tetro fu accolto con grida di giubilo dagli abitanti di Nejora e furono interrotti. Un silenzio assordante riempì la piazza. La grande folla si dispose a cerchio intorno ai due, in attesa di qualcosa di strabiliante. Le persone vicine a loro sul fondo della piazza accorrevano all'anello che si era formato più per ansia che per interesse. Il bambino sfilò un'arpa dal retro della sedia a rotelle e iniziò a suonare. I due girovaghi rimasero colpito da quel fenomeno, anche i proprietari delle bancarelle accorsero per sentire più da vicino il bimbo prodigio, quasi come se fossero costretti. Rimasero altrettanto stupiti dal modo in cui un bambino così piccolo riusciva a suonare.

Un suono leggero ruppe l'attenzione dei due, il localizzatore aveva trovato tra la folla l'obiettivo. Gli occhiali zoommarono su un uomo con un ampio cappello di paglia sulla testa, con le spalle chiuse e la testa continuamente in movimento per scrutare intorno a sé protetto dalla folla, era proprio Strife McKenty. I due si alzarono come di contraccolpo, pronti ad entrare in azione, ma un imprevisto li bloccò subito, l'arpa aveva smesso di ammaliare tutti con la propria melodia. Il pubblico applaudì con grande clamore, la formazione a cerchio si ruppe, gli altri musicisti ripresero a suonare e tutti cominciare a ballare in maniera confusionaria per la piazza. Il localizzatore aveva perso l'obiettivo.

I due si lanciarono in una corsa disperata in mezzo alla folla, non poteva sfuggir loro di nuovo. Con spallate e gomiti alti si fecero larga nella folla, si dimenavano e lottavano tra quella massa informe che si allargava e si richiudeva ad un ritmo variabile, sembrava stessero uscendo da delle sabbie più che correndo in una piazza affollata. Percorsa tutta nella sua lunghezza i due si ritrovarono difronte ad un bivio e senza nemmeno rallentare presero ognuno una direzione. Non serviva fermarsi a riflettere i due si conoscevano bene e sapevano anche cosa fare.

Owen prese la strada di destra. Corse sul selciato per decine di metri senza incrociare anima viva, tutti gli abitanti erano in piazza o nei pressi di essa. Pensò che se McKenty erano andato a Nejora per fare qualcosa, non c'era momento migliore di quello per mettere in atto il suo piano. Percorsa tutta la via Owen notò che la strada si ricongiungeva ad un'altra maggiore che portava alla locanda del cervo solitario, era la perpendicolare a quella da cui erano arrivati in città. Capì che era tutto nelle mani di Noel. 

I girovaghi di DanasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora