Capitolo quattordici.
Ok, ieri notte non sono riuscita a dormire. Vi starete chiedendo il perché... Bhè, ricordate la conversazione con Leon, ieri pomeriggio? Ecco, le sue ultime parole, se ricordate bene, sono state "Da quando ho capito che di te mi importa ancora". Dio santissimo. Ma sinceramente, mi ha confusa ancora di più di prima. Che voleva dire? Che gli importa ancora di me, ok. E poi, basta? Che prova ancora qualcosa per me? Oddio, non so più cosa pensare. Dopo quella frase mi ha liquidato con un bacio sulla guancia, ed è andato via, lasciandomi con mille domande. Oggi non ho neanche le voglia di incontrarlo, neanche minimamente incrociare il suo sguardo. Ma so che sarà impossibile. Ha deciso di prendersi le sue responsabilità, da padre. E' un gesto molto nobile ad altruista. Ha deciso di mettere il bene di suo figlio, per primo. -Ehi!- sento improvvisamente dire da una voce troppo famigliare. Mi volto verso sinistra, e mi immergo in quel mare verde. Ecco, tutte i miei buoni propositi di non vederlo, sono andati a farsi fottere. -Ciao, Leon- rispondo abbassando lo sguardo e fingendo di cercare la chiave dell'armadietto, al quale sono poggiata, dentro lo zaino. -Come stai?- chiede, scrutandomi da cima a fondo, come per controllare se durante la notte abbia subito trasformazioni o robe varie. -Non c'è male. Tu, invece?-, fa spallucce -Così, e così-. Perché? -Perché?- chiedo, improvvisamente interessata alla conversazione, ma senza smettere di 'cercare la chiave'. Non risponde per un po'. Questi silenzi tra di noi, ormai sono diventati optional. Mi cade lo zaino, faccio per piegarmi, solo che,ovviamente, lui è più veloce di me. -Grazie-. -Ti pare-. -Non hai risposto alla mia domanda- gli faccio notare, aprendo la zip in fondo, concentrandomi nella mia disperata ricerca. Perché quando sono nervosa fingo di fare qualcos'altro, invece di affrontare la realtà? -Ecco... questa notte ho ripensato più volte... alla conversazione, ecco, avuta ieri- risponde grattandosi la nuca, segno che è a disagio. Mi blocco, alzando lentamente la testa, ed incrocio quel mare verde che tanto amo. Quindi neanche lui è riuscito a dormire, questa notte. Apro la bocca per dire qualcosa, ma niente, non esce nulla. -Ti ho detto che ho deciso di prendermi le mie responsabilità. Non era una bugia, come quelle che dico sempre- continua, fissando il suo sguardo nel mio. Verde e nocciola. Nocciola e verde. Quanto può essere bello questo miscuglio? -Anche io... ho ripensato... a..alla nostra con... conversazione- ammetto. Serra le labbra fra loro, continuando a guardarmi -Voglio far parte della vita di mio figlio. Non voglio essere come quelli da una notte e via, che poi si ritrovano con la ragazza incinta. Voglio prendermi la mie responsabilità non mi interessa se ho diciotto anni. Sono abbastanza maturo da crescere un figlio- dice tutto d'un fiato. Improvvisamente lo stomaco comincia a formicolare, e il cuore a battere forte. Non è la solita sensazione di quando sto con lui, questa è diversa. E'... piacevole. -Non sai quanto mi fa piacere- dico dopo qualche momento di silenzio. Alza gli angoli della bocca, facendo spuntare quelle sue due fosse che solo Dio sa quanto mi fanno impazzire. -Sì, anche a me- risponde, mentre io ho ricominciato la mia falsa ricerca. -Spero solo che tutto questo... cioè, tutta questa storia, e la tua decisione, non ti facciano litigare con.. ehm, Dafne- dico senza guardarlo negli occhi. -Oh, non ti preoccupare. Ci parlerò io, con lei...- dice infilando le mani dentro le tasche dei jeans -...anche se non accettasse tutto questo, non mi interessa. Non mi farà cambiare idea. Non mi separerà da mio figlio- le ultime due parole mi fanno venire una strana sensazione allo stomaco, la stessa di prima. Devo dire che mi sto innamorando di nuovo... sempre che non abbia smesso di farlo. Continuo la mia 'ricerca' della chiave, lo vedo accigliarsi e scrutarmi -Che stai cercando?- chiede incrociando le braccia al petto -La chiave dell'armadietto-. Scoppia a ridere e automaticamente alzo la testa -E adesso perché ridi?- lo vedo indicarmi qualcosa con il dito. Seguo la sua traiettoria e... cazzo. Mi ero dimenticata di sfilarla -Ah- mi limito a dire, mentre a sfilo dalla serratura e la infilo nella tasca inferiore dello zaino. -Certo che questa mania di dimenticarti le cose è rimasta!- esclama ancora con un sorriso sulle labbra. Io serro le mie -Dovresti sapere come sono- rispondo, per poi vederlo annuire. -Ti siedi vicino a me, alla lezione di Beto?- chiede improvvisamente facendomi battere il cuore a mille, mentre le gambe iniziano a tremare. Mi blocco -Co... cosa?- balbetto vedendolo sorridere -Te ne sei dimenticata? Beto ci ha dato da comporre una canzone... insieme- risponde, abbassando di poco il tono della voce sull'ultima parola. Insieme. Da quanto tempo non sentivo questa parola uscirgli dalla bocca, soprattutto se riferitasi a noi due, a me e lui. Leon e Violetta. Violetta e Leon. Suonano bene insieme, no? BASTA VIOLETTA! QUANTI CAZZO DI FILM MENTALI TI FAI! TU. NON. GLI. PIACI. PIU'. Fattene una ragione! Faccio un respiro profondo, dandomi poi un colpetto sulla fronte. Me ne ero totalmente dimenticata. -Ah, giusto. La canzone. Certo, andiamo- dico avviandomi verso l'aula di armonia, con a fianco lui. -Certo, altrimenti chi prende appunti a posto mio!- esclama per poi scoppiare a ridere, ed io lo seguo a ruota. Quanto mi è mancato questo suo senso dell'umorismo! Ma sento che manca qualcosa, un tassello importante. Non che mi dia fastidio, ma... non so. Manca qualcosa. -E... Dafne?- chiedo improvvisamente, per poi pentirmene subito. Contrae la mascella, e mi preparo alla bastonata che dovrà subire il mio povero cuore. -E' malata. Non verrà a scuola per una settimana- m'informa, per poi mettersi seduto su una sedia. Malata? E' cattivo se sono felice? Insomma... sono una brutta e cattiva persona se mi sento felice, che lei sia malata? E' brutto occupare finalmente il posto che mi spetta? Al suo fianco. Noi tre, noi tre contro il mondo. Ma... non è che mi ha chiesto di sedermi vicino a lui, solo perché lei non c'è? Solo perché non può fargli una di quelle sue scenate da ochetta? Quanti cazzo di dubbi! Leon, perché non parli chiaro! Improvvisamente mi sento mancare, porto una mano alla fronte e chiudo gli occhi, cercando un appiglio con la mano, ma non trovo nulla, se non la sua. -Ehi! Tutto bene?- chiede preoccupato, alzandosi di scatto e prendendomi per i fianchi. Faccio dei bei respiri profondi, poggiando le mie mani sul suo petto. Per fortuna non c'è ancora nessuno in classe. Anche questa sua mania di arrivare per primo, è rimasta. Annuisco, ancora con gli occhi chiusi. Li apro di scatto, e mi trovo davanti a quel mare verde. Dio, quanto li amo. Sposto lo sguardo sulle labbra, ancora più belle. Mi mordo le mie, per restare calma, poi sorrido e mi stacco mettendomi seduta. -Grazie- dico passandomi una mano sulla faccia, mentre lui intreccia la sua alla mia libera -Niente...- dice per poi continuare -...dopo le lezioni andiamo a parlare con Antonio e Pablo- dice. -E' un ordine?- chiedo, per poi sorridere -Ovvio!-. -Appunto-. Alza un angolo della bocca e guarda altrove, d'un tratto sento la sua mano scivolare via dalla mia e lo vedo guardare verso la porta. I nostri compagni stanno entrando. Vedo Francesca e Camilla, che mi porgono un sorriso, ma appena spostano lo sguardo sulla persona accanto a me, e si accigliano ed hanno un'espressione come a dire 'Che succede?', faccio segno con la mano che racconterò tutto dopo. Sempre se avrò tempo. Beto fa il suo ingresso nell'aula, e come sempre distrugge tutto quello che ha attorno. Parte una fragorosa risata, mentre il Professore cerca di rimediare ai danni provocati. -Eccomi! Sì, d'accordo! Allora...- dice per poi far cadere un leggìo ed inciampare su se stesso. Un'altra risata. -Sì, scusate. Allora, iniziamo. Come va con i duetti? Francesca?- chiede alla mia amica, e tutta la classe si volta verso lei. -Alla grande!- fa segno con il pollice in su -Sì, ma il merito è tutto mio!- interviene Maxi atteggiandosi un po', per poi ricevere una piccola spinta dall'italiana. Un'altra risata. -Bene. Ludmilla e... e... Con chi era lei?- chiede Beto grattandosi la nuca -Con me!- esclama Federico dal fondo dell'aula -Ah! Giusto!- grida il Professore alzando un dito al cielo -Come procede il lavoro?-, un silenzio di tomba cade -Procede. Non alla grande, ma procede- risponde l'italiano ricevendo un'occhiataccia dalla sua compagna d'esercizio. -Avevamo deciso di cantare una canzone, solo che il signorino ne vuole cantare una scritta da lui!- interviene la bionda, alzandosi in piedi. -Sì, perché le mie canzoni sono meglio delle tue!-. -Ma piantala!-. -Ehi, ehi, ehi. Fede, calmati, ok- s'intromette Diego cercando di riportare ordine -Ecco, bravo Amore! Diglielo anche tu, che sta facendo la figura del bambino!- esclama a mo' di bambina la bionda, per poi fare una linguaccia all'italiano. Parte un'altra risata -E sarei io il bambino? No dico, ti sei vista?- domanda Federico, per poi ricevere ancora un'altra linguaccia. -Ok, stop! Time out!- dice il Professore fingendo di essere un arbitro. -Violetta e Leon?- chiede poi, ed io comincio a tremare, sentendo i nostri nomi insieme. Da quanto tempo era che non venivano pronunciati insieme? Una vita. Mi alzo, ma Leon mi aiuta -Ce la faccio, non sono mica monca- gli sussurro, cercando di non farmi sentire dal resto della classe. -Monca no, ma incinta sì- risponde lasciandomi il braccio e posizionandosi dietro alla tastiera. -Noi abbiamo già qualcosa. Non è finita, manca solo un pezzo di testo- dice lui. Il Professore annuisce, in segno d'approvazione e lui comincia a suonare, facendomi venire i brividi. -Tanto tiempo caminando junto a ti. Aun recuerdo el dìa en que te conocì. El amor en mi naciò, tu sonrisa me ensenò: tras las nubes siempre va a estar el sol- canto io, poi lui prosegue. -Te confieso que sin ti no se seguir. Luz en el camino tu eres para mi. Desde que mi alma te viò. Tu dulzura me envolviò. Si estoy contigo se detiene el reloj. Lo sentimos los dos-.poi riparto io -Eh, eh, el corazòn nos hablò-, poi le nostre voci si uniscono, un'unione perfetta -Y al oìdo suave nos susurrò. Quiero mirarte, quiero sonarte, vivir contigo cada instante. Quiero abrazarte, quiero besarte. Quiero tenerte junto a mi. Pues amor es lo que siento, eres todo para mi. Quiero mirarte, quiero sonarte, vivir contigo cada instante. Quiero abrazarte, quiero besarte, quiero tenerte junto a mi. Tu eres lo que necesito. Pues lo que siento es... AMOR-. Solo in questo momento, che siamo occhi dentro occhi, mi rendo conto che abbiamo dato vita ad una canzone che esprime alla perfezione i nostri sentimenti. Amore.Sto aspettando Leon che finisce la lezione di danza di Gregorio. Ovviamente non ha voluto che partecipassi, così sono rimasta nell'aula di teatro. E MI STO ANNOIANDO. Mi alzò dalle scalette da dove sono seduta, con cautela, e mi dirigo al piano. Mi siedo sulla panca, e comincio a suonare qualcosa a caso. D'un tratto mi torna in mente una nuova canzone degli R5. Oddio , nuova, non proprio. E' uscita da cinque mesi.
Got my heart made up on you.
You said what you said
When words are knives it's hard not to forget
But something in my head wouldn't reset
Can't give up on us yet no whoa.
Your love was so real
It pulled me in just like a magnetic field
I'd let you go but something's taking the wheel
Yeah it's taking the wheel
Oh oh.
My mind says no you're no good for me
You're no good
But my heart's made upon you.
My body can't take what you give to me
What you give
Got my heart made up on you.
Got my heart made up on you.
Finisco di suonare con un sorriso sulle labbra. Non ne so il motivo. Alzo la testa e mi alzo dalla panca, per poi voltarmi e trovare un Leon appoggiato alla porta che batte le mani. Serro le labbra e sorrido, per poi abbassare la testa cercando di nascondere le guance rosse. -Ma che brava Princi... cioè... Vilu-. Cosa? No, cosa stava per dire? Principessa? Il mio cuore si era bloccato per qualche secondo. -Grazie- rispondo un po' delusa. -Andiamo?- chiede. Annuisco, ma mi blocco all'istante sentendolo schiarirsi la gola. -Che c'è?- chiedo confusa; sposta lo sguardo da me al palco, e così per altre due volte. Mi volto e... lo sapevo! -Il lupo perde il pelo, ma non il vizo!- esclama alzando l'indice destro. Mi dirigo verso il palco, ed afferro il mio cellulare, per poi infilarlo nella tasca del giubbotto. Gli lancio una linguaccia, per poi affiancarlo. Usciamo dall'aula, ora siamo poco distanti dall'aula professori. Mi blocco improvvisamente, attirando la sua attenzione -Dobbiamo proprio?- chiedo, iniziando a tremare. Ho una paura terribile. Non voglio rinunciare allo show, ma c'è la vita di nostro figlio di mezzo. -Sì, dobbiamo. O vuoi ancora rischiare?-. -NO!- grido schietta, per poi vederlo serrare le labbra. -No, non voglio- ripeto. -Ecco, brava. Allora andiamo- risponde, prendendomi di nuovo per mano, e trascinandomi davanti alla porta. Lo guardo con un'espressione triste, preoccupata e supplichevole. -Tranquilla. Ci sono io, con te- mi rassicura, guardandomi con quei suoi due occhi, che solo Dio sa come faccio a resistere a non saltargli al collo. Annuisco, riuscendo a bussare. Un paio di secondi dopo sento l'approvazione ad entrare, e lui afferra la maniglia ed apre la porta. -Leon, Violetta. E' successo qualcosa?- chiede preoccupato Pablo, smettendo di scrivere su dei fogli. Leon chiude la porta dietro di noi, senza mai staccarsi dalla mia mano. -No, niente di grave- risponde al mio posto. -Volevamo solo avvertirvi di una cosa- continua. Antonio e Pablo si accigliano, per poi incrociare le braccia al petto. Ora tocca a me parlare. -Ecco... volevo dirvi che... Ieri mi sono sentita male. Alla fine delle lezioni. In realtà il medico mi aveva detto che non potevo partecipare allo show. Ma io non gli ho dato retta, fingendo che tutto fosse normale... Ma non lo è-. Faccio un respiro profondo, cercando di trattenere le lacrime. -Ho rischiato di perdere il bambino- dico infine, sentendo la stretta alla mano farsi più forte. Mi volto verso Leon; anche dai suoi occhi cerca di infondermi coraggio. Gli sorrido, con gli occhi lucidi, poi mi volto ancora verso i due uomini. -Ci stai dicendo che non puoi partecipare allo show?- chiede tranquillo Pablo. Annuisco leggermente, per poi fare un altro respiro profondo. Attimi di silenzi fanno da sovrani, poi l'uomo dai capelli bianchi parla -D' accordo, cara. Non ci sono problemi. La tua salute, e quella del bambino vengono prima di tutto. Non ti preoccupare, magari Ludmilla potrà rimpiazzarti- propone. Alzo un angolo della bocca, per poi annuire. Sono contenta per la mia amica. Se lo merita. -O magari, anche Dafne. No?- propone Pablo. Cosa? Dafne? Perché! Ludmilla va benissimo! Va più che benissimo! E' perfetta per sostituirmi. Faccio un respiro profondo, cercando di calmarmi e di non dare di matto. -No, Dafne non può. E' malata, e non verrà per una settimana- annuncia Leon. D'un tratto mi sento ancora meglio, come questa mattina. Sono una persona cattiva, se godo della sofferenza altrui? Oddio, non è mica malata di cancro! Ha solo un po' di febbre, per fortuna. -Come? E quando avrebbe intenzione di dircelo!- esclama improvvisamente una voce alle nostre spalle. La porta è stata aperta, e da essa è sbucato il Professor Casal. -Si è sentita male ieri sera. Ed ha chiesto a me di avvertirvi- risponde il mio amore. -E adesso come facciamo!- esclama ancora Gregorio, alzando le mani al cielo, per poi riabbassarle. -Calmo, Gregorio. Ce la caveremo. Come abbiamo sempre fatto- lo rassicura Antonio, alzandosi e dando una leggera pacca sulla spalla di Casal. -Mi dispiace molto, non essere d'aiuto. Avrei voluto tanto partecipare, solo che...- non finisco la frase perché sento un'altra stretta alla mano. Ma questa volta non è coraggio. E' rabbia. Mi volto verso di lui. Ha la mascella contratta. -No, tranquilla Violetta. Il tuo è un problema serio- mi rassicura Pablo. -Grazie-. -Se non avete altro da chiedere, potete andare- dice Gregorio indicandoci la porta -Oh, certo- dico per poi voltarmi e salutare gli insegnanti. Leon apre la porta, mi fa uscire e la chiude dietro di noi. -Non ti senti meglio?- mi chiede. Faccio spallucce -Un pochino-. -Hai fatto la cosa giusta-. -Solo grazie a te-. Sorride per poi guardare l'orologio al polso. -Oh, cazzo! E' tardissimo! Avevo promesso a Dafne che...- s'interrompe improvvisamente, mentre io serro le labbra ed abbasso la testa sui miei piedi. D'un tratto i miei anfibi neri sono diventati la cosa più interessante presente nell'edificio. -Certo, vai- dico slacciando la mia mano dalla sua. Si para davanti a me, infilando le mani nelle tasche dei jeans. -No, dai, ti accompagno a casa-. -No, non ti disturbare. Chiamo papà, o me la faccio a piedi. Due passi non fanno male-. -Non è un disturbo. Tanto ormai è tardi- risponde facendo spallucce. -D'accordo- dico iniziando a camminare verso l'uscita. Raggiungiamo la sua auto e mi apre la portiera -Prego Princi... Signorina-. Ah! Beccato! E due... vediamo quando cede. Principessa. Dio quanto mi manca questo nomignolo! Quanto mi manca essere chiamata così, da lui. Quando stavamo insieme non lo sopportavo, ora pagherei oro per sentirmi chiamare solo un'ultima volta, in quel modo. Apre la portiera, e sale. -Ehm, sicuro di essere stato promosso?- chiedo insicura della sua guida. Inserisce la chiave nel quadrante ed accende -Per favore!- dice solo, per poi partire a tutta birra. -Sarà meglio che ti allacci la cintura- mi dice. -Non basterebbe solo andare più piano?-. -E che divertimento ci sarebbe?-. Sbuffo, infilando lo scomodo pezzo di metallo dentro il gancio. -Contento?-. -Ora si-. -Bravo-. -Grazie-. -Prego!-. Sorride, continuando a guardare la strada. -Oggi pomeriggio ci vediamo per finire la canzone?- domanda. Eh? Cosa? Serio? -Ma non avevi un appuntamento con... ehm... Dafne?-. Contrae la mascella, e fa spallucce -Posso rimandarlo. E poi ha la febbre, quindi non credo si senta di uscire- dice, per poi fermarsi ad un semaforo. Si volta verso di me, e sorride -Va bene, alle 4.30?-. Annuisco, sforzandomi di controllarmi. -Bene-. Non parliamo per il resto del tragitto. Arriviamo davanti casa mia, e scendo, per poi salutarlo e ricordargli dell'appuntamento di oggi pomeriggio. Sarà un pomeriggio molto difficile. Ma che mi importa. Sarò con lui.Sono in camera mia. Sto aspettando Leon. Non so come farò a resistere, questo pomeriggio. Sempre che ci riesca, sia chiaro. Non prometto niente. Oggi stava per chiamarmi Principessa. Due volte. Solo Dio sapeva da quanto aspettavo questo momento. Chissà che gli sarà preso. Perché tutto d'un tratto ricomincia a chiamarmi Principessa? Dopo più di tre mesi. -Vilu, posso?- sento chiedere da Angie, per poi bussare. -Certo!-. Apre la porta e la richiude, sedendosi poi davanti a me. -Come stai?-. -Bene. Perché?-. si acciglia, abbozzando un sorriso. -Non posso chiedere alla mia nipotina come sta?- chiede, poi entrambe scoppiamo a ridere -Giusto- rispondo alzando l'indice destro. Improvvisamente si fa seria -Tuo padre mia ha detto che... deve venire... Leon- dice, quasi disprezzando l'ultima parola. Anch'io mi faccio seria, ma subito dopo un dolce e leggero sorriso si stampa sulle mie labbra. Sento gli occhi luccicare. Serra le labbra per poi guardare da un'altra parte. Metto una mano sulla sua -Angie, tranquilla. Andrà tutto bene. Perché tu e papà siete così preoccupati?- domando facendole alzare la testa, e incrociare i nostri sguardi. -Tesoro, tu sei la cosa più bella che abbiamo. Non vogliamo vederti soffrire. Soprattutto tuo padre. Lui ti ama in una maniera inspiegabile. Tra qualche mese riuscirai a capirlo- risponde, guardandomi intensamente negli occhi e prendendomi entrambe le mani. -Se Leon ti ha fatto soffrire una volta, può riaccadere. Ovviamente speriamo di no. Ma non si può mai dire-. -Leon non mi farà più soffrire- dico sicura della mia risposta. Leon non mi farà più soffrire. No, non ne sarebbe capace un'altra volta. Ha promesso. Ha promesso di rimanere accanto a suo figlio, e di conseguenza anche a me. Io sono ancora del tutto convinta che lo faccia solo per il bambino, ma sia Maxi che Francesca sospettano che ci sia dell'altro sotto. -E come lo sai questo, Vilu?- domanda la zia, accarezzandomi il braccio. Come ha detto prima non vuole vedermi soffrire, e sta dicendo tutto questo solo per far sì che ciò non accada. Vuole solo il meglio per me, e per il bambino. -Ha promesso- rispondo decisa, e la vedo subito accigliarsi. Apre la bocca per dire qualcosa, ma la precedo alzando una mano, come per lasciarmi prima finire di parlare. -Ha deciso di prendersi le sue responsabilità. Vuole stare accanto al bambino, e non lasciare che lo cresca da sola. Vuole starmi accanto, ed ha promesso di non scomparire di nuovo. Vuole vedere suo figlio crescere, stringerlo e viziarlo...- spiego con un sorriso da orecchio a orecchio, e con le lacrime che mi rigano il viso. La vedo sorridere, ed i suoi occhi luccicano. D'un tratto abbasso la testa, tornando seria e ripensando ad un particolare. Per tutto questo tempo, ci sarà lei. -...ovviamente il tutto con la presenza di... Dafne-. Mi mordo il labbro inferiore, per poi alzare la testa e fingere un sorriso -Ma va bene. Sono felice lo stesso. Avrò Leon accanto, e questo mi basta-. La vedo sorridere ed annuire leggermente, poi mi abbraccia di slancio, ed io non posso far a meno di rifiutare quest'abbraccio. Inspiro a fondo il suo profumo. E' come quello della mamma. Si allontana da me, accarezzandomi le braccia -Andrà tutto bene, Amore. Te lo prometto- dice con gli occhi lucidi. Le sorrido, poi insieme ci voltiamo verso la porta avendo sentito bussare. -Chi è?- chiedo asciugandomi le lacrime, per qualche secondo non sentiamo la risposta, poi arriva -Papà-. Io ed Angie ci guardiamo, poi lei annuisce lentamente come ad incoraggiarmi. -Entra-, faccio un respiro profondo e vedendo mio padre entrare e guardare altrove, è come se mi si fosse conficcata una lama all'altezza dal cuore. D'un tratto però, i nostri sguardi si incrociano -Ehm, ero solo venuto ad informati che... è arrivato- dice passandosi un dito sul naso -Leon, intendo-. Io ed Angie sorridiamo, poi la zia si alza e mi lascia un bacio sulla fronte. -Finiamo di parlare dopo- mi dice per poi abbracciarmi -...e mi racconti come è andata- mi sussurra infine all'orecchio. Scoppio a ridere e la vedo uscire dalla stanza, lasciando la porta aperta, per far entrare lui. Mi alzo dal letto, e prendo gli spartiti della canzone dalla scrivania, insieme ad un quaderno ed una matita. Ci vorrà tanto per finire la canzone? Spero di sì. Sento bussare sulla porta aperta, e di scatto mi volto. Non so bene come descrivere questo momento. E' come se il paradiso fosse appena entrato in camera mia. I miei occhi si incatenano ai suoi, e sprofondo. -Ehi- dico sorridendo, veramente. Solo con lui i miei sorrisi sono veri. Stano eh? -Ciao- dice entrando -Come stai?- continua poggiando lo zaino ai piedi del letto. -Bene. Ora più che mai- rispondo pentendomene subito. Serro gli occhi e mi mordo il labbro inferiore. Mi volto verso di lui -Scusa, io non...- mi interrompe -Tranquilla-. Annuisco come per ringraziare e prendo gli spartiti -Iniziamo?- chiedo. Lui annuisce e sorride, per poi sedersi sul letto. Prendo la pianola e la sposto lì davanti. -A quanto pare, a Beto è piaciuta molto!- esclama prendendo i suoi spartiti -Merito tuo. La maggior parte della canzone l'hai scritta tu- rispondo sedendomi al suo fianco. -E' vero, ma la melodia è tua. Lo sai che io non sono mai stato molto bravo... con le note. Mi rimane più semplice scrivere, trasmettere le mie emozioni- ammette. Già, lo so Amore mio. Ma lo sai che con questa canzone mi hai confusa ancora di più? -Già, lo so- rispondo abbozzando un sorriso. -Dai, cominciamo-. Inizio a suonare e cantare. Ci fermiamo fin dove abbiamo composto, poi mi viene istintivo continuare, e lui ricomincia a cantare una strofa nuova. -En tus ojos veo el mundo de color- canta, mi volto verso di lui e canto -En tus brazos descubrì yo el amor-. Poi riparte -Verà en mi ella lo mismo?-. -Querrà el estar conmigo?- canto, per poi unire le nostre voci -Dime que tu late es por mi tambien-. Poi tocca a lui -Lo sentimos los dos-. Dopo io -Eh, eh. El corazon nos hablò-. Dopo le nostre voci si uniscono ancora -Y al oìdo suave nos sussurò!-. Continuo a suonare, mentre lui distoglie lo sguardo dai miei occhi, poi la melodia finisce. Distolgo anch'io lo sguardo da lui e torno a fissare le mie mani sui tasti. In un secondo accadono quattro cose: i nostri occhi si incrociano, cado sul letto perché mi sento mancare, sento le sue mani prendermi e lui gridare: -No, Principessa!-.
Batto le palpebre un paio di volte. Sento la testa scoppiare, e mi fa male tutto. Mi accorgo di essere distesa sul mio letto, ma avverto anche altre presenze intorno a me. Qualcosa stringe il mio braccio. Mi alzo di scatto, ed il paradiso entra nei miei occhi. Due smeraldi. Rimango incantata, mentre lui allunga le mani verso me, come per prendermi e proteggermi da qualcosa. Sento una mano che mi blocca, e mi volto alla mia sinistra. Due occhi sconosciuti, con davanti degli occhiali rettangolari mi fissano. -No, un attimo- dice quell'uomo, mi guardo attorno e vedo che ci sono anche papà ed Angie. -Tesoro, lui è il medico Marotti, lo abbiamo chiamato perché vedevamo che non ti svegliavi più. Volevamo accertarci che stessi bene- spiega la zia, cercando di rassicurarmi con un sorriso. Mi volto verso il presunto medico, e lo vedo fissare uno di quegli apparecchi per misurare la pressione. Me lo toglie dal braccio e si sfila gli occhiali. -La pressione è normale. E' stato solo un calo di zuccheri... anche dovuto alla gravidanza... dovresti assumerne di più, Violetta- dice rivolgendosi a me. Annuisco, incrociando per un secondo lo sguardo infuocato di papà. E' davvero arrabbiato. -Tra un paio di giorni vorrei ricontrollarti. Ti prendo un appuntamento per le 17 di dopodomani, d'accordo?-. -Si, grazie- rispondo sorridendo falsamente. -Di niente- dice prima di uscire dalla stanza e salutarci. Incrocio lo sguardo preoccupato di tutti, sono davvero un disastro. Poi vedo mia zia sorridere -Sai, è stato grazie a Leon, che abbiamo potuto chiamare il medico- dice voltandosi verso di lui e sorridendo. Lui risponde al sorriso e fa spallucce -Oh, io non ho fatto assolutamente niente. Sono solo sceso a chiamarvi- risponde lui abbozzando un sorriso. Dio santo, Amore mio... non sorridere così, che mi viene voglia di baciarti e non posso farlo! -Invece hai fatto mo...- Angie viene interrotta da papà che si alza di scatto. -No, ha ragione. Non ha fatto nulla. Per tre mesi, tre luridi mesi non ha fatto nulla. E' rimasto a guardare la mia bambina che soffriva, che affrontava tutta questa situazione da sola... senza intervenire! E tu dici che è grazie a lui che abbiamo chiamato il medico?- grida. No, papà, per favore, non attaccarlo. No, è colpa mia, è tutta colpa mia. Non rimproverare lui, sono io quella che ha sbagliato. Cerco di dire qualcosa, ma le lacrime me lo impediscono. Vedo Leon serrare le labbra tra loro, abbassando leggermente la testa -German, calmati adesso- interviene Angie alzandosi anche lei a sua volta e posando una mano sulla spalla di papà e l'altra sul petto. Papà continua a guardare Leon con disprezzo, come se volesse fargli un non so cosa, che riuscirebbe a farlo sentire meglio. -Non so proprio come tu faccia a vivere con te stesso...- questa volta sono io ad interromperlo -Papà, basta adesso!- grido facendolo voltare di scatto, e bruciarmi viva con gli occhi. I miei sono rossi, gonfi e lacrimanti. Una giornata che era iniziata bene, ovviamente non può finire bene. E' la legge contro-Violetta. -Bene- dice infine, prima di raggiungere a grandi passi la porta e chiuderla con violenza. Io ed Angie sobbalziamo al grande rumore provocato, mentre lui rimane impassibile. -Scusa, Leon. Scusalo tanto. E' che ultimamente non si riconosce più. Non sappiamo...-. -No, tranquilla Angie. Va tutto bene. Ha reagito come qualsiasi padre, che si trova nella sua situazione- dice lui. Oh, Amore mio. Quanto sei forte, non sai quanto vorrei essere come te. Affrontare tutto a testa alta, senza il minimo cedimento. Essere forte come te. Vedo Angie sorridere, e posare una mano sulla sua spalla -Sei un bravo ragazzo, Leon- sussurra prima di uscire dalla stanza e lanciarmi un altro sorriso, al quale rispondo. Appena chiude la porta serro gli occhi, cercando di non far più uscire lacrime. Mi sento prendere la mano, ed improvvisamente li apro. Il paradiso. -Tranquilla- sussurra a pochi centimetri da me, con quel suo sorriso da mozzare il fiato. Scuoto la testa, abbassandola a sua volta, vedendo le nostre mani intrecciate. -No. Non si... non si doveva comportare il questo modo. Non ha provato neanche per un secondo a mettersi nei tuoi panni, e a provare quello che provi tu- rispondo. -Non... non...-, scuoto la testa più forte, ma d'un tratto me la afferra, poggiando la sua fronte sulla mia -Ehi, tranquilla. Non è successo niente. Va. Tutto. Bene- mi rassicura, scandendo chiaramente le ultime parole. Non ho la forza di parlare, il respiro è affannoso e il cuore sta scoppiando. Stacca la sua fronte, ma rimane comunque a pochissimi centimetri di distanza. Con i pollici mi asciuga le lacrime, accarezzandomi le guance e sorridendo. -Va meglio?- chiede, tornando al suo posto iniziale. Annuisco, abbozzando un sorriso vero. -Sì...- sorrido -...grazie-. Serra le labbra, facendo comparire quelle sue due fossette che sono la fine del mondo. -Ti pare- risponde, prima di incrociare i nostri occhi. Verde e nocciola. Nocciola e verde. Ancora. Paradiso. -Credo sia meglio... che io vada- dice alzandosi dal letto ed afferrando lo zaino ancora ai piedi del letto. No, Amore mio. Per favore. Resta con me, non andare via. Ti prego. Annuisco, abbassando lo sguardo. Lo sento avvicinarsi e lasciarmi un dolce bacio sulla guancia -A domani... Principessa- dice prima di uscire dalla stanza, e lasciarmi senza respiro.
ANGOLO AUTRICE:
Ta-ta-ra-tan! *partono gli applausi*. questo capitolo è completamente Leonettoso!! Awww *ancora applausi e cadono coriandoli e stelline dall'alto*. Vi dico di non preoccuparvi per i nostri Leonetta... e che la storia è entrata adesso in una fase TOP
grazie a tutti per i commenti che lasciate vi adorro😍❤️❤️
Alla prossima