Capitolo 16

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Sei mesi. Sono al sesto mese di gravidanza, ormai sono una balena. Quando passo per i corridoi dello Studio tutti mi fissando. E' frustrante, ma ormai ci ho fatto l'abitudine. Sono lo 'scoop' del momento. La puttana che è andata a letto con il ragazzo di un'altra, mentre era ancora fidanzata, ed ora è incinta. Belle notizie che inventa la gente, vero? In realtà, non è del tutto falso. Sono andata a letto con Leon mentre entrambi eravamo fidanzati, e sono rimasta incinta... ma non sono una puttana. La gente pensasse quello che gli pare, a me non importa delle loro dicerie. Io so che non sono una che va con tutti, e so che se ho fatto quel che ho fatto c'è un motivo. A quel tempo (Sei mesi fa!) amavo ancora Leon, non ho mai smesso di amarlo. Come ora. Non passa giorno che non lo ami, che non riesca a non pensarlo. E' sempre, costantemente dentro la mia testa. E' il centro di tutti i miei pensieri. E neanche le sue parole, mi escono dalla mente. Le parole di tre mesi fa, con Diego. E' ancora innamorato di me. Ancora non riesco a credere alle mie orecchie. Ma sono passati tre mesi, sarà ancora vero? Saranno ancora veri i suoi sentimenti? Non so, ne dubito fortemente... è ancora fidanzato. Perché sta ancora con lei, se sente qualcosa per me? Non lo capisco, non l'ho mai capito e mai lo capirò. Leon Vargas è un mistero, e rimarrà tale. Ma io non voglio infierire nella loro relazione, e non voglio passare per ruba-ragazzi. Anche se ormai la gente mi definisce così. E' questo quello che per loro sono: Violetta Castillo, la puttana ruba-ragazzi. Bel nomignolo, vero? Comunque, con papà si è risolto tutto... più o meno. Diciamo che ancora non 'accetta' che Leon si sia preso le sue responsabilità. Ne è felice, forse, ma continua sempre a fare battutine. Non vuole che mi stai vicino più del voluto, quindi diciamo che ogni volta che viene a trovarmi, ha il 'coprifuoco', per così dire. Oggi per esempio, a scuola ha insistito che fosse lui ad accompagnarmi a fare un'ecografia. La mia felicità in quel momento, aveva raggiunto il limite, forse lo aveva anche superato. E' la prima ecografia con lui, per la prima volta anche lui vedrà suo figlio. E' un maschietto, e insieme ad Angie ho già scelto il nome: Jorge. Spero che piaccia anche a Leon, sarà bellissimo. Sono sicura che avrà i suoi occhi. Due grandi occhi verdi, molto espressivi, come lui. Dai suoi occhi si riescono a capire molte cose, anche se mi è stato sempre molto complicato. Guardo per l'ennesima volta l'orologio al polso, sono le quattro e quarantacinque. Ho la visita prenotata per le cinque e trenta, e ci vogliono almeno quaranta minuti per arrivare. Dov'è? Non è mai stato puntuale, anche questo suo vizio non è scomparso con il tempo. Diamine, ha diciotto anni! Poi sotto il sole cocente di metà luglio è proprio ideale! Sto squagliando, e come se non bastasse non c'è neanche una panchina su cui sedermi. Sbuffo, picchiettando nervosamente con il piede sul marciapiede. Certo che il suo tempismo è perfetto, eh. Prendo il cellulare, e per distrarmi apro la chat con Francesca, e noto che mi ha inviato un messaggio. Strano, non l'ho sentito squillare. "Ehi, Vilu! Allora? Sei già con Leon? Hai già fatto la visita? Come sta il bambino? Tutto bene?" scrive tutto questo in un solo messaggio. Ma non le viene in mente che forse dovrebbe mandare una domanda per volta? No, eh. Guardo quando lo ha mandato: sette minuti fa. "Calmati, Fran! Lo sto ancora aspettando, e se mi farà far tardi all'ecografia giuro che gli strappo tutti quei bei capelli che ha in testa!". E' online, e lo vede subito. Un attimo dopo, sotto il suo nome compare la scritta sta scrivendo... Mi invia una faccia che ride, con le lacrime agli occhi "Dai, non essere così cattiva. Sono sicura che sta per arrivare. Se vuoi posso chiamarlo io". Cosa? Ma è impazzita! E cosa gli direbbe? Che sono sotto il sole e che sto squagliando? Non credo sia il caso. "No!" le rispondo schietta, per poi inserire l'emoction della manina che dice 'stop'. "Ok, ok. Allora quando uscirai da lì fammi uno squillo, così parliamo e mi racconti com'è andata. A dopo, Vilu". "A dopo, Fran". Chiudo la chat, e clicco sull'icona per vedere gli stati, ma un rumore di macchina mi distrae. Quando alzo la testa lo vedo dentro l'auto, che mi fissa con gli occhiali da sole sopra il naso. "Ce l'hai fatta! E' un quarto d'ora che ti aspetto! Ti sei accorto che siamo a luglio, e fa caldo?", apro la portiera e la sbatto con violenza, per poi incrociare le braccia sopra il pancione. "Ma ciao anche a te. Non ti preoccupare, sto bene, anche se stavo cadendo dal balcone di casa. Mia madre mi ha ripreso quasi per le gambe, e si è messa così paura che è svenuta, e sono rimasto con lei finchè non si è ripresa. Tranquilla, tutto a posto!" esclama quasi... arrabbiato? Rimango a bocca aperta e balbetto un "Scusa. Non lo sapevo". "Fa niente. Allora..." dice ripartendo e svoltando l'angolo "...come l'ha presa tuo padre?" chiede quasi sussurrando. Faccio un respiro profondo e... già, papà. Male. Molto male. Molto, molto male. Non voleva che fosse Leon ad accompagnarmi a fare l'ecografia. La volta precedente mi aveva accompagnata Angie, gli avevo promesso che questa sarebbe stata la sua. "E tu che ne sai?". Mi guarda ed alza un sopracciglio "Per favore! Lo conosco, e conosco te. Immagino che non l'abbia presa nel migliore dei modi, e che tu ti stia torturando per i sensi di colpa. Ma se vuoi torniamo indietro e...". "NO!" grido bloccandolo, ed alzando una mano. Lo vedo sorridere ed annuire "D'accordo. Basta che poi non si arrabbi con te". "Tranquillo, so come gestirlo". Scoppiamo a ridere tutti e due, poi mi ricordo improvvisamente che gli devo chiedere una cosa... molto importante. Mi farebbe piacere se fosse d'accordo con me. "Senti... Angie e io, diciamo, abbiamo già... già scelto il nome del bambino" balbetto con la testa bassa torturandomi le mani. Non lo sento rispondere, la radio è bassa, ma riesco comunque a distinguere le voci di Ross e Riker Lynch, i cantanti degli R5. Non lo avevo notato, ma ha inserito il nostro cd. Lo abbiamo comprato quando stavamo ancora insieme. Gli R5 sono la nostra band preferita, e mi fa piacere che lo ascolti ancora, anche io lo sento molto spesso... è per ricordare i vecchi tempi. "Ah, e... e posso sapere qual è?". Come? E lo chiede pure? "Sì, certo! Che domande! Ad entrambe piace molto... Jorge". Sorride dolcemente non appena sente qual è il nome, come se già lo sapesse. "Che c'è? Non ti piace?" domando tranquilla facendo spallucce "Oh, no! Certo che mi piace, Jorge è un bellissimo nome. E sapevo che avresti scelto questo" dice guardandomi ancora sorridente. Aggrotto la fronte "E come lo sapevi?". Sorride ancora, scuotendo leggermente la testa ma restando con lo sguardo fisso sulla strada. "Ti ricordi quando qualche anno fa Andres si ruppe una gamba?". "Certo! Come dimenticarlo! Stavate facendo una gara di skateboard ed è caduto. Comunque che c'entra?". "Eh, ricordi quando andavamo a trovarlo in ospedale?". "Sì". Non capisco dove voglia andare a parare "Passavamo sempre davanti alla sala dei neonati". Oh, è vero. Ora ricordo, ogni volta che ci passavamo davanti, restavo tanto tempo a guardarli. Ricordo ancora, che una volta, vidi un bambino che si agitava così tanto che era diventato tutto rosso in faccia. Ricordo anche che il suo nome era Jorge. Quando lo lessi, dissi a Leon che quello era il nome che avrei voluto dare a mio figlio. Anzi, a nostro figlio. "Ah, certo. Mi ricordo di quel bambino" rispondo sorridendo "E' stato grazie a lui che mi piace quel nome". Scoppia a ridere, alzando di più la musica dello stereo. I can't forget about you degli R5 rimbomba nella macchia. I finestrini sono aperti, e la musica è a palla. Vecchi tempi. Che ricordi.
"Bene, Violetta. Ora straiati sul lettino e scopri la pancia. Torno tra qualche minuto" dice il Dottor Gonzalez alzandosi da dietro la scrivania, ed uscendo dalla porta, richiudendola subito dopo. Mi sdraio sul lettino, e mi alzo la maglietta e scopro il pancione. Leon è seduto accanto a me, e continua a mandare messaggi. Molto probabilmente starà parlando con lei. Non si sono sentiti per tutto il pomeriggio, e mi sembra strano che ancora non abbia chiamato. Alza lo sguardo ed i nostri sguardi si incrociando, io sposto subito il mio, ma con la coda dell'occhio lo vedo sorridere e scuotere leggermente la testa mentre la riabbassa sullo schermo. "Ehm... come mai, Dafne non ti ha chiamato?". Ma come cazzo me ne esco! Un altro argomento no, eh! Blocca il cellulare e lo ripone nella tasca dei pantaloni. "Oh, aveva da fare con delle sue amiche" mente. Lo vedo che mente, non mi guarda negli occhi, ha lo sguardo fisso sulle sue dita. Annuisco leggermente, facendo finta di credere alle sue parole. "E lo sa che..." le parole mi si mozzano in gola. Alza la testa e si strapazza sulla sedia, tenendo le gambe aperte e le braccia incrociate "No. Non ho avuto il tempo di dirglielo. Più tardi la informerò. Ma non c'è bisogno che sia al corrente di tutto quello che faccio nell'arco della giornata, non è mica mia madre" dice con un tono secco, sembra arrabbiato. Anzi no, è arrabbiato, ha la mascella contratta. "Sì ma credo che...". "Ti ho detto che la avviserò più tardi! Basta, Violetta!" grida esausto. Ma cosa gli prende? Cosa ho detto? Ho forse toccato un tasto... dolente? Lo guardo con un'espressione dispiaciuta, ma al contempo triste. "Scusa" sussurra buttando fuori l'aria dai polmoni, chiudendo gli occhi ed abbassando la testa. "Tranquillo. Hai ragione, non sono cose che mi riguardano". "No, sono stato io il cretino. Mi dispiace". I nostri occhi si incrociano ancora, mi sono mancati questi sguardi. Nel frattempo il medico rientra nella stanza, e si siede accanto a me prendendo l'apparecchio per l'ecografia. Spalma sopra la gelatina, per poi passarla sulla mia pancia. "Uh" mi esce sentendo che è fredda. Vedo Leon sorridere e scuotere la testa, mentre il dottore si limita ad abbozzare un sorriso restando concentrato sul monitor. Muove l'apparecchio su e giù per il mio ventre, io guardo lo schermo. "Allora, ora abbiamo la certezza che è un bel maschietto. Prima non si riusciva a capire bene, si nascondeva, ma ora ne siamo sicuri... vedete?". Indica con il dito una parte nel monitor, e mi scappa un sorriso vedendo mio figlio. Mi sto quasi commovendo. Mi sento afferrare la mano destra, e d'istinto mi volto nella sua direzione. Mi fissa con un dolce sorriso sulle labbra, che io ricambio, ed insieme torniamo a guardare lo schermo. "Pare che sia tutto normale. E' cresciuto molto dall'ultima volta. Guardate, si intravedono gli arti ed anche qualche organo del viso" dice continuando ad indicare. Vedo Leon sorridere, mentre mi stringe più forte la mano. Penso che sia il momento più bello della mia vita. "Ora sentiamo il battito del cuore" ci informa premendo un bottone, e un secondo dopo la stanza si riempie di battiti di un piccolo cuoricino che batte dentro di me. Non so come descrivere questo momento, è fantastico. Non ci sono parole, eppure ne vorrei dire tante. Diventare madre sarà una sfida, ma non vedo l'ora che nasca Jorge. Ora so che avrò Leon accanto, e non ne potrei essere più felice. So che amerà suo figlio, come me. So che gli starà accanto e che gli darà tutto l'amore che gli serve. So che lo vizierà, e che lo riempirà di schifezze come sa fare solo lui. "Sentite? E' sano come un pesce!" esclama il dottore guardando le nostre facce tra lo stupito e il felice. "Bene..." dice togliendo l'apparecchio dalla mia pancia e pulendolo con un pezzo di carta "...tieni. Intanto io ti prescrivo dei farmaci che dovrai prendere regolarmente, ti aiuteranno per le contrazioni". Mi porge qualche pezzo di carta, lo afferro mentre si dirige alla scrivania. Vedo la sua mano sopra la mia, insieme poggiamo la carta sul mio pancione e lo puliamo dalla gelatina. Poi lo guardo, e il paradiso mi è entrato negli occhi. Mi sorride, con quei suoi denti così perfetti da far invidia al mondo. Ma mai quanto i suoi occhi... due gemme verdi. Poi sposta lo sguardo sul pancione e sorride "Sai... penso che li insegnerò a giocare a pallone. Lo farò diventare come Messi. Sarà il più bravo di tutti" sussurra per poi sorridermi dolcemente. "Ah si? Perché tu sei bravo a giocare a pallone, vero?" domando sarcastica gettando la carta nel cestino per poi ricoprirmi il pancione ed alzarmi dal lettino. "Ovvio. Non ti ricordi i miei goal? Sono il più bravo del gruppo!". "Vedremo..." sussurro sedendomi sulla sedia davanti alla scrivania, mentre lui si accomoda di fianco a me, prendendomi per mano. "Allora... questi sono i farmaci che devi prendere. Questo ti farà venire un po' sonno, ma puoi prenderlo la sera prima di andare a dormire, non ci sono problemi. Mentre con i capogiri, come va?" domanda congiungendo le mani sulla scrivania. "Oh bene. Sono sempre più rari, ormai è qualche giorno che non ne ho". "Bene, stai migliorando. E le nausee invece?". "Bhè, quelle sono normali, giusto?" chiedo, e sento Leon ridere silenziosamente, o meglio, cerca di non far rumore. Ma sia io che il dottore ci voltiamo verso di lui. "Scusate...". "Sì, quelle sono normali, ma quante volte al giorno le hai, più o meno, intendo". "Non so di preciso... sei-sette volte". "Mh, diciamo che non siamo proprio nella norma. Ma non sono neanche tante. Comunque ora ti prescrivo altri farmaci a posta. Come ho detto prima, il bambino sta bene e... se non sono troppo invadente, avete già scelto il nome?" chiede sorridendo e spostando lo sguardo dal foglio a me e Leon. Io e lui ci guardiamo, per poi sorriderci "Sì" rispondo "Oh, posso saperlo?". "Jorge... si chiamerà Jorge" annuncia Leon sorridendo, quasi con gli occhi lucidi. "Jorge...?". "Vargas! Jorge Vargas!" esclamo improvvisamente io, ricevendo un altro sorriso da Leon. Suona bene... Jorge Vargas. "Bello" dice il medico sorridendo e continuando a scrivere, per poi porgermi il foglietto. Lo infilo dentro la borsa e mi alzo insieme a lui. "Ci vediamo tra un paio di settimane" mi ricorda, porgendomi poi la cartella con le foto dell'ecografia. "D'accordo" rispondo stringendogli la mano "Ci sarà anche lei?" chiede a Leon, il quale mi guarda come a ricevere una conferma da me. "Non so, ma suppongo di no" risponde lui serrando le labbra tra loro. "Oh, e come mai?". "No, ci sarà. Certo che ci sarà. Forse verrà anche mio padre..." rispondo. "Bene! Allora ci vediamo". "Certo, alla prossima". "Alla prossima" rispondiamo insieme, per poi uscire dalla stanza, mi prende di nuovo la mano e mi sorride. "Non è andata tanto male, dai" dice sorridendomi. Aggrotto la fronte e mi acciglio "Perché dici questo?". Fa spallucce per poi spostare lo sguardo di fronte a noi "Bhè, sarebbe potuta andare anche meglio". "Del tipo?". "Primo: sarebbe potuto venire anche tuo padre, se non mi odiasse a morte. Secondo: avremmo potuto non 'discutere' per così dire, ma sono un cretino e quindi ho dovuto per forza offenderti". Mi blocco di scatto, parandomi davanti a lui scuotendo la testa. "No, assolutamente no. Non sarebbe potuta andare meglio" dico. Apre la bocca per ribattere ma lo precedo "Di papà non mi interessa niente. Potrà venire tutte le volte che vuole, ma se vuoi venire anche tu dovrà accettarlo. E non devi tormentarti per quella discussione, sempre se si può definire così. E' stata solo un'incomprensione, una piccola e insignificante incomprensione" continuo posando una mano sulla sua guancia e accarezzandola. Non mi dice niente, non parla, non risponde. Ma forse è meglio così, i nostri sguardi dicono tutto. "Violetta... devo confessarti una cosa". Aggrotto la fronte e mi acciglio "Dimmi". Non risponde, per qualche secondo resta a fissare i miei occhi, poi mi prende la mano che ho poggiato sulla sua guancia e la stringe nella sua. "Io... io... sono, ecco, sono..." balbetta. "...sono in ritardo per la consegna del compito a Pablo. Mi aiuti con la melodia? Tra noi due la più brava sei tu" ammette sorridendomi. Scoppio a ridere, per poi scuotere la testa "Sei il solito! Certo che ti aiuto, dimmi dove e quando". "Mmm, facciamo domani pomeriggio alle cinque da me". "D'accordo, ma ora andiamo che se non chiamo Francesca impazzisce!" esclamò avviandomi verso l'uscita. Ride e insieme ci dirigiamo all'auto. Stava per cedere.
"Fammi capire, se voglio venire a vedere mio nipote,devo sopportare anche lui? Non se ne parla". "Papà, questa è la mia condizione. Se non accetti che Leon si è preso le sue responsabilità allora non so che fare..." ribatto alzandomi cautamente dal divano "...non ti capisco. Prima vuoi che si prenda le sue responsabilità, poi quando lo fa non lo accetti. Perché?". "Perché mi fa rabbia, Violetta!" grida alzandosi di scatto "E' un continuo tira e molla! Non può fare così! Non può prendere in giro la mia bambina e...". "Papà non sono più una bambina! Ho diciotto anni, e sono incinta! Non sono più una bambina, fattene una ragione!" grido scoppiando poi a piangere. Pianto di rabbia. "Per colpa sua" continua incrociando le braccia al petto, mi guarda come una criminale "Per colpa di entrambi. Non ha fatto tutto lui". Perché non vuole capire che ho bisogno di lui? Ho bisogno di Leon, voglio che mi stia vicino. Ma papà continua a non accettarlo. "Ora scusami, ma devo andare a studiare" dico salendo le scale ed entrando in camera mia. Sbatto la porta, scoppiando poi a piangere di nuovo. Un pianto liberatorio. Sento che anche lui sbatte la porta della sua camera, così mi accascio a terra, con il viso infossato nelle ginocchia. Non lo capisce, nessuno mi capisce. Lui mi fa bene, mi fa stare bene. E' il padre del mio bambino, perché non lo accettano? Cioè, papà non lo accetta... Ma in fondo, per me ne vale la pena. Ne vale la pena. Dico le lacrime, le paure, la rabbia, le attese, le notti in bianco. Tutto. Se poi alla fine c'è in palio l'amore, secondo me ne vale la pena. Dopo le sue parole, quelle che Diego è riuscito a fargli dire, mi sono sentita amata. Amata da lui. Una sensazione che da anni non provavo più, una sensazione bellissima, che mi ha scaldato il cuore. Sento squillare il cellulare, lo prendo dal comodino. "Pronto, Fran". "VILU! Non sai quanto mi hai fatto stare in pensiero!". "Perché?" le domando asciugandomi le lacrime ed aggrottando la fronte. "Come perché! Ti ho detto di chiamarmi quando avevi finito la visita! Ho pensato al peggio!". Scoppio a ridere, mordendomi poi il labbro inferiore. "Che c'è da ridere?". "Sei sempre la solita, Fran!" esclamo ancora con un sorriso sulle labbra. "Dico sul serio, mi sono spaventata veramente. Poi oltretutto Leon non risponde al telefono, e a quel punto sono entrata nel panico". Corrugo la fronte. "Come non risponde al telefono...". "Sì, ho provato a chiamarlo molte volte, ma dopo un po' parte la segreteria" spiega la mia amica. Che strano... di solito risponde sempre ai primi squilli. "Molto strano". "Già, ma starà dormendo o mangiando, sai com'è fatto!" esclama per poi scoppiare in una fragorosa risata, ed io la seguo a ruota. Francesca riesce sempre a tirarmi su di morale. Non so come faccia ad essere così ottimista, positiva, altruista, generosa e gentile con tutti. Dopo tutto quello che ha passato, e che sta passando tutt'ora, la invidio. Ha una forza incredibile, ma riesce comunque ad andare avanti senza mai lamentarsi con qualcuno, o tenendo sempre il muso. Qualche giorno fa mi ha raccontato che ha un grave problema in famiglia. Sua nonna Anna è malata, ed i suoi genitori sono dovuti tornare in Italia per restarle accanto. Dicono che ha una specie di malattia ai polmoni, non ricordo bene il nome, ma pare sia molto grave. Appena saputo è scoppiata in un pianto isterico, io ero con lei stavamo andando al parco, noi due, e ad un tratto sua madre la chiama e le chiede di tornare a casa. Mi ha supplicata di accompagnarla, perché sapeva che non si trattava di niente di buono dal tono di voce che sua madre aveva usato... ed aveva ragione. E' stata per più di due giorni a piangere, non la smetteva più. Le sono rimasta accanto, e si è ripresa, per così dire. I suoi genitori sono partiti subito, ed a me a chiesto di rimanere con lei quella sera. Ha passato la notte a piangere, e nessuna delle due è riuscita a dormire. Ma non mi importava di dormire se Francesca stava male. E' una mia amica, ed è mio dovere aiutarla quando sta male. Per fortuna da qualche settimana si è rimessa con Federico, ed adesso è lui a prendersene cura. Sono una bellissima coppia. Si sono lasciati per qualche mese per delle sciocchezze, ma fortunatamente ora stanno di nuovo insieme. Sono molto felice per loro. "Sì, sicuramente! E' sempre il solito!" le rispondo sorridendo. "Ma sorvoliamo, dimmi... com'è andata la visita?" domanda tutta euforica. Anche se non riesco a vederla la sento dalla voce. Dovrebbe imparare a controllare le sue emozioni. "Bene, molto bene. Il dottore ha detto che sia io che il bambino siamo in ottima salute. Non rischio nulla, mi ha dato solo qualche farmaco da prendere per via delle nausee". "Ma quelle non sono normali?". "Sì, certo! E' solo che ultimamente sono più frequenti del solito. Appena mangio o bevo qualcosa devo correre in bagno. E' solo per ridurre il numero, ma non è niente di grave". "Ah, d'accordo. E Leon? Come ha reagito alla sua prima visita con te?" esclama ancora più euforica di prima facendomi scoppiare a ridere. "E' stato molto felice. Quando il dottore mi ha dato la carta, per pulire quella specie di gelatina che serve per l'ecografia, ha preso la carta e lentamente, molto lentamente, mi ha pulito la pancia". Dall'altro capo del telefono sento un grido disumano. Mi perfora quasi un timpano. Possibile che sia così forte il suo acuto! "Fran!" grido facendola smettere "Scusa, scusa! E' che è così dolce che è impossibile non sciogliersi!" esclama. "Sì ma tu non ti sei sciolta! Mi hai quasi rotto un timpano! Forse non ti sei accorta di quanto sia forte il tuo acuto! Sembri l'allarme delle macchine!". La sento ridere e scoppio anche io. "Ehi, non è colpa mia. Comunque... poi cos'è successo?". "Oh, niente di che. Il medico ci ha chiesto se avevamo già scelto il nome del bambino e..." mi interrompe "QUINDI E' MASCHIO! CHE BELLO!" grida. "Sì, è maschio. Leon ha detto che gli insegnerà a giocare a calcio come un vero professionista!" la informo sorridendo. "Oh certo, perché lui è un esperto, vero?". Scoppio a ridere, mordendomi il labbro inferiore "Se la cava". "Ora non difenderlo solo perché ne sei innamorata". "Ehi, dico solo la verità". "Certo, certo!" risponde ridendo. "Comunque quando siamo usciti stava per confessare tutto, solo che non ce l'ha fatta". "CIOE' NON TI HA DETTO CHE ANCORA TI AMA!". "Urla più forte, che i tuoi vicini non ti hanno sentita!". "Scusa... quindi non ti ha detto che ancora ti ama". "No... ma non fa niente vog..." mi interrompe. Giuro che se lo fa un'altra volta vado a casa sua con il mitra. "Come non fa niente! Vilu, deve confessartelo! Domani lo faccio ragionare io" dice atteggiandosi. Cosa? No. No. No. No. No. Assolutamente no, vietato. Non si deve azzardare. Quando sarà pronto, me lo confesserà. Basta, capitolo chiuso. "No, Fran! Deve essere lui a dirmi tutto, senza nessuna pressione. Quando sarà pronto, quando si sentirà in dovere di dirmi tutto lo ascolterò. Non voglio che si senta costretto o cosa... voglio che sia lui a decidere". Sbuffa "Va bene, ma almeno consentimi di chiedergli una cosa...". "Cosa?". "Testuali parole: PERCHE' NON DICI A VIOLETTA CHE SEI ANCORA INNAMORATO DI LEI!". Scuoto la testa, dandomi una pizza sulla fronte. Sempre la solita Francesca. "Fran...". Scoppia a ridere, e visto che non la finisce presumo che le stiano uscendo anche delle lacrime. "No, dai, scherzo. Accetterò la tua decisione" continua ridendo ancora. "Brava... ora scusa, devo andare. Ci vediamo domani". "D'accordo, a domani, Vilu. Buonanotte...". "'Notte, Fran" rispondo per poi chiudere la chiamata e poggiare il cellulare sul comodino, accanto alla sua foto. Sorrido, vedendo quel sorriso angelico che mi guarda dall'alto. No, mamma. La bambina che sorrideva sempre e della quale eri fiera, ormai non esiste più. E' morta e sepolta sotto un cumolo di tristezza, lacrime, dolore e paure infinite. Mi dispiace. Scusami. In effetti non so nemmeno io come sono diventata così. Mi odio, ma in fondo, tutti hanno qualche motivo per odiarsi. I miei sono: sono apatica, egoista, demente, asociale e diversa. Già... diversa. Diversa da tutto e da tutti. Dal cielo e dalla terra. Dall'aria e dall'acqua. Dal fuoco e dal ghiaccio. Sono diversa da tutti. Ma ognuno è diverso a modo suo. Forse è l'essere diversi, che rende speciali. Ma io non sono speciale, sono solo Violetta. Violetta. Sono quel tipo di ragazza che quando gli altri mi chiedono come sto, vi giuro che non so che dirgli. Sono quel tipo di ragazza che passa sull'altro lato della strada per evitare un gruppo di ragazzi. Sono quel tipo di ragazza che 'Ehi, mi daresti una patatina?' 'Mi dispiace, sono finite, ci sono le briciole se vuoi!'. Sono quel tipo di ragazza che si imbarazza terribilmente quando deve parlare davanti a tutti. Sono quel tipo di ragazza che dice le cose in faccia e poi se subisce le conseguenze. Quella che nelle votazioni delle più carine prende sempre quello stupido 6/7. Sono quella che ha sempre le occhiaie perché passo le notti a piangere, invece di dormire. Quel tipo di ragazza che non sa con chi passare il sabato sera. Sono quel tipo di ragazza che spera sempre in qualcosa, ma non succede mai niente. Mi rigiro nel letto, ad un tratto mi si illumina il cellulare. Lo prendo, un messaggio su WhatsApp. "Scusami, ma non riesco a dormire. Non smetto di pensarti. Domani dobbiamo parlare".


ANGOLO AUTRICE:
Saaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaalve gente! Come state? Spero tutto bene. Quando escono dalla stanza parlano e Leon stava per cedere... awwww. Infine l'ultimo blocco, qui troviamo una conversazione tra Vilu e Fran. Infine la Castillo di mette a letto, ma dopo un po' le arriva un messaggio. A proposito... secondo voi di chi è il messaggio? Di Leon? Di Diego? Chissà... per quanto riguarda l'altra storia (Salvami,Amore mio) sto scrivendo il capitolo 9, ma ho qualche problemino perché non ho molte idee. Ma vi prometto che lo pubblicherò il prima possibile. Come qualcuno di voi ha già notato, ho cancellato la storia. Non potete capire quanto sono stata male. Ma tralasciamo... spero vivamente che il capitolo vi sia piciuto.il prossimo capitolo sara l'ultimo ma tranquille farò un altra storia.
Grazie per tutte le ragazze che commentano sempre e seguno la storia
Vi amo❤️

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