Allora perché dobbiamo coprirci dal freddo?
Chissà se ne abbiamo bisogno
con la paura di stare male e rimanere a casa
che nemmeno possiamo fumare
— Fulminacci, La Fine della GuerraMonza. Non mettevo piede qui da anni ormai. Questa città mi aveva fatto troppo male, avevo bisogno di allontanarmi un po', di staccare. La città in cui avevo sempre vissuto mi aveva tradito, mi aveva lasciata morire silenziosamente, senza avvertire nessuno.
Adesso, più grande e con il cuore più spesso, mi lancio per le vie della mia città, alla ricerca di un posto dove poter sgranocchiare qualcosa. Tutto è addobbato: le case, i negozi, i monumenti. Natale è alle porte, e tutti lo sentono, le luci fanno brillare la neve ai lati delle strade, i Babbo Natale salutano dalle vetrine dei negozi ed i cittadini indossano tutti qualcosa di rosso.
Mi fermo, nel mio bar preferito, o meglio, nel suo bar preferito. Non devo pensarci. Entro, e Gianni, come quando ero al liceo, mi saluta «Greta! Non ti vedo da troppo tempo! Come stai?» «Grazie Gianni, tutto bene! Qui come va?»
Gianni sorride amaramente, poi mi spiega «I guadagni vanno bene, non posso lamentarmi. Ma da quando Matteo se n'è andato l'atmosfera non è più la stessa.» Gianni non lo sa, forse in realtà nessuno lo sa, di quello che mi ha fatto, perché nessuno ha mai creduto che ci tenessi così tanto. E sentirne parlare così, come se fosse un eroe, una persona ineguagliabile mi fa male, tanto male.
«Vabbè tesoro, comunque, cosa ti offro?» «Vediamo se indovini Già'» riprendo il filo del discorso «Cappuccio e Briosche?» Annuisco, si ricorda ancora della mia colazione preferita. Mi siedo ad un tavolino accanto alla grande finestra che dà sulla via principale è rivedo tutto.
Tutto quello che ho cercato di scordare si sta presentando sotto i miei occhi, più dolorosamente di quanto pensassi. Devo distrarmi. Accendo il telefono, rimasto spento durante tutto il viaggio in treno da Roma.
Roma, la città in cui vivo da ormai quattro anni. La Città Eterna, forse la più bella d'Italia. Roma, con la sua solita "caciara", con la gente che passeggia con un gelato in mano a via del Corso, con i gladiatori di fronte al Colosseo. Io, l'ho scoperta grazie a Paola, l'amica di cui tutti avrebbero bisogno: ha fatto di tutto per aiutarmi, quando i primi mesi ero a pezzi, quando tutte le sere erano lacrime amare. La mia coinquilina, la mia guida, la roccia a cui aggrapparmi.
C'è un suo messaggio, un semplice - come stai - che vale più di mille parole. Lei lo sa. Digito velocemente.
Tutto bene.
Anche se non è vero, anche se preferirei essere in qualsiasi altro posto che qui. Paola sa che sto mentendo, ma non fa domande, non vuole infierire.
Finisco di bere il mio cappuccino, pieno di schiuma come piace a me, ed esco dal locale, con la valigia in una mano e il cellulare nell'altra.
Casa mia, o per meglio dire casa dei miei, si trova a poche vie di distanza dal Bar Gianni, ed è per questo che il proprietario ci conosce così bene, siamo suoi clienti da una vita.
Via Roma, 53, l'indirizzo di quella che sembra una vita fa, e che invece, nonostante tutto, è sempre casa mia. È la casa in cui è successo tutto: il loro matrimonio, i miei primi passi, la mia prima parola, il mio primo compleanno. È la casa che i miei non venderanno, quella casa corrisponde alla loro vita, a tutto ciò che per loro è importante. Una casa semplice, un piccolo giardino, con i giochi di una bambina ancora dimenticati lì, come se volessero bloccare il tempo. Poche stanze, ma piene di ricordi, pareti intrise di voci e di baci, di urla e di pianti.