Ma sarà la prima
Che incontri per strada
Che tu coprirai d'oro
Per un bacio mai dato
Per un amore nuovo
—De Andrè, La canzone dell'amore perdutoSto cercando di non pensarci, eppure mi è sempre in testa. È passata quasi una settimana dal giorno di Natale, e io non riesco a non proiettarmi quella scena nel cervello. Il momento, l'atmosfera, e il bacio stesso. Erano anni che non provavo quella sensazione. E stavo bene così, perché adesso, alla mattina, sento il suo sapore sulle labbra, le sue mani nulle mie guance.
È come se lo vedessi ovunque, se non riuscissi più a fare a meno di lui, del mio corpo tra le sue braccia, mi sembra di essere tornata a quattro anni fa, alla dipendenza che mi creava, e a quanto mi facesse male la sua lontananza.
Fortunatamente, il mio telefono trilla. è Paola, mi sta chiamando da Roma.
«Paola! Che c'è, dimmi tutto!» sono felice di potermi distrarre finalmente, mamma e papà non sono in casa, ed io non ho nessuno con cui parlare. «Greta, finalmente rispondi, ci stavo rinunciando!» «Vabbè, comunque, volevo dirti che "qualcuno" mi ha inviato i biglietti di un treno per Monza.»
Rimango con il telefono a mezz'aria, non posso crederci che l'abbia fatto. «E quindi domani ci vediamo finalmente.» Eppure, nonostante la mia felicità nella visita della mia migliore amica, non posso fare a meno di essere incazzata nera con l'uomo che ha sicuramente fatto tutto questo.
Matteo.
Vorrei solo sapere come può fare una cosa del genere, se sta cercando di farsi perdonare di certo non è questo il modo.
Dopo aver attaccato, decido la cosa più impulsiva che mi viene in mente, e non so dire se sia la migliore o la peggiore scelta che abbia fatto capolino nella mia testa. Borbottò tra me e me, mentre raggiungo la casa vicina.
Suono al campanello più volte, ma nessuno risponde, la porta rimane chiusa davanti a me. Finalmente, dopo attimi che sembrano eterni, il portone si apre, e davanti a me lui mi guarda come mi stesse aspettando. «Ciao Gre', come mai qui?» Lo sa benissimo perché sono qui, e non manco di rinfacciarglielo, poiché ciò che ha fatto proprio non mi è andato giù. «Io non fatto niente, te lo giuro.» Continua imperterrito a negare, ma io lo conosco troppo bene: quando mente fa sempre quel movimento strano con il naso, lo arriccia, e, anche se cerca di non farsi notare, io me ne accorgo. «Ti vedo se arricci il naso, Matte.»
Sospira, e mi fa capire che è stato lui. «Matteo, cazzo, come ti è venuto in mente, cioè tu hai speso dei cazzo di soldi per me.» Scuoto la testa, il mio cervello non riesce ad accettare quello che lui ha fatto per me, «Pensi di poter comprare il mio perdono? Ma non esiste proprio. Devi capire che non tutto si può comprare, che sia con i soldi o con un bel faccino. Ti devi meritare certe cose, sei un fottuto egoista.»
In tutto ciò, siamo ancora sulla soglia di casa sua, e Teo, è rimasto senza parole, a bocca quasi spalancata, con un braccio immobile sullo stipite della porta. «Io pensavo ti facesse piacere, voleva essere un regalo.» La sua voce, di solito calda e profonda, è ridotta a un sussurro, quasi come avesse paura della mia reazione. Si guarda le scarpe, e poi di nuovo guarda me.
«Scusa.» pronuncia.
Mi sembra incredibile poter veramente dire che si sta scusando con me: è raro quasi quanto i Ghibellini vincitori a Firenze. Non mi esprimo, ma sono contenta, davvero, sta ammettendo i suoi errori, cosa che raramente fa, convinto di essere sempre nel giusto.